Il Diario di Minervini - La minaccia all'industria calcio, Feltri e la nuova follia del parcheggiatore abusivo, l'odio che minaccia la libertà

 ‘Quelli del Sud sono inferiori’ ha detto il direttore di ‘Libero’ che si è poi rifugiato nella caverna dialettica del ‘mi riferivo all’aspetto economico.
25.04.2020 17:12 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Il Diario di Minervini - La minaccia all'industria calcio, Feltri e la nuova follia del parcheggiatore abusivo, l'odio che minaccia la libertà
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Giorno 55 senza Napoli: 29 febbraio l’ultima partita del Napoli, poi tutto quello che è noto. Tutto quello che ogni giorno cerchiamo di apprendere, scoprire, investigare. Un giorno da dedicare alla libertà ed interrogativi che nascono proprio sul concetto stesso di libertà. Di pensiero, di espressione (ma fino a che punto), di parola. Sono giorni complicati per il calcio, che vede sgretolarsi la terra ai suoi lati. Tutto sembrano arrendersi ed il pallone italiano è lì, nel mare dopo un naufragio. Aggrappato ad un iceberg che rischia di essere inghiottito dal mare del qualunquismo.

Il calcio non è solo dei milionari. Perché in molti faticano a capirlo? Il calcio è industria, economia, ripresa. Perché non fare fronte comune? Come può un ministro dire ‘Il calcio è l’ultimo dei nostri problemi?’. Il calcio è un problema uguale ai bar da riaprire, alle industrie da riavviare, ai trasporti da ripensare. Il calcio è vita, passione, ricchezza, lavoro per un numero di persone che costituiscono una delle più grandi aziende del paese. Come si può non capirlo? Come pensare di non sviluppare idee per provare almeno a limitare i danni? Questa stupida guerra contro il calcio dei privilegiati non serve a nessuno. 

Esiste un tempo per scelte coraggiose. Di un margine di rischio da calcolare, tenendo sempre la salute come primo parametro. ‘Come’ e ‘Quando’ sono domande che bisogna porsi, senza mettere la testa sotto al terreno come gli struzzi. In questo momento storico l’Italia ha bisogno del calcio, del denaro che muove, del lavoro che riesce a dare. Sarà un ritorno graduale, una Fase2 come nelle cose di tutti i giorni. Bisognerà abituarsi a convivere con delle novità, sperando presto di tornare alle vecchie abitudini. 

‘Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta’ recitava un Dante attuale come non mai. Quanto costa la libertà? Come tutelare? Quanti pensieri possono essere accettati? Che responsabilità ricopre chi fa (o almeno prova) a fare informazione? È il tema della settimana, soprattutto dopo le uscite di natura di Vittorio Feltri. Parole inaccettabili, concetti pericolosi, che in altre epoche hanno armato le mani di fanatici e le bocche di procacciatori di consensi.

 ‘Quelli del Sud sono inferiori’ ha detto il direttore di ‘Libero’ che si è poi rifugiato nella caverna dialettica del ‘mi riferivo all’aspetto economico. Peccato che nella stessa trasmissione avesse dichiarato ‘In Campania? Cosa ci vado a fare in Campania? A fare il parcheggiatore abusivo’. Parole che non possono essere tollerate. Che non esprimo libertà, ma soltanto odio. Ed odio e libertà non possono convivere. Sono antitetiche. L’odio è la morte della libertà. Un odio che va condannato, punito, rinchiuso nel cuore di chi lo prova, senza che possa spargerlo nell’aria come un virus. 

Una libertà che rivendichiamo, oggi più che mai. Un Sud che gonfia il petto, che stringe il cuore dinanzi alle perdite massicce che avvengono nelle altre regioni. Uno spirito comune che esiste, anche dinanzi alle offese, agli agguati mediatici, ai teatrini con il finale stucchevole che già conosciamo. Siamo stanchi. Stanchi di essere disegnati come piace a voi, come fossimo Jessica Rabbit schiava del suo stereotipo. Stanchi dei sorrisini, dello stupore quando c’è da raccontare un aspetto positivo, stanchi di queste facce di circostanza da debellare.

Che sia libertà, ma libertà vera. Libertà da certi cliché che si annodano alla gola. Quando si parla di calcio, di esultanze, di vita. In ogni settore rivendichiamo quella libertà nei giudizi, senza dover pagare dazio alla dogana dei limiti mentali di qualcuno che ancora immagina terre desolate e maschere da pulcinella dentro ai vicoli. Tornare ad essere ‘Patria’. Patria con lo stesso sangue, lo stesso dolora, la stessa gioia. Le stesse aspettative, le stesse opportunità, le stesse fragilità da raccontare allo stesso modo. 

Perché se dovessimo continuare ad accettare certi modi di raccontarci, a guardare un certo tipo di televisione che ammicca ai razzisti e poi si scusa, a comprare certi giornali, allora sarebbe chiaro che ha ragione Feltri. Saremmo davvero inferiori. Dimostriamogli il contrari con la grande democrazia dell’isolamento.

‘Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta’ recitava un Dante attuale come non mai. Quanto costa la libertà? Come tutelare? Quanti pensieri possono essere accettati? Che responsabilità ricopre chi fa (o almeno prova) a fare informazione? È il tema della settimana, soprattutto dopo le uscite di natura di Vittorio Feltri. Parole inaccettabili, concetti pericolosi, che in altre epoche hanno armato le mani di fanatici e le bocche di procacciatori di consensi. ‘Quelli del Sud sono inferiori’ ha detto il direttore di ‘Libero’ che si è poi rifugiato nella caverna dialettica del ‘mi riferivo all’aspetto economico. Peccato che nella stessa trasmissione avesse dichiarato ‘In Campania? Cosa ci vado a fare in Campania? A fare il parcheggiatore abusivo’. Parole che non possono essere tollerate. Che non esprimo libertà, ma soltanto odio. Ed odio e libertà non possono convivere. Sono antitetiche. L’odio è la morte della libertà. Un odio che va condannato, punito, rinchiuso nel cuore di chi lo prova, senza che possa spargerlo nell’aria come un virus. Una libertà che rivendichiamo, oggi più che mai. Un Sud che gonfia il petto, che stringe il cuore dinanzi alle perdite massicce che avvengono nelle altre regioni. Uno spirito comune che esiste, anche dinanzi alle offese, agli agguati mediatici, ai teatrini con il finale stucchevole che già conosciamo. Siamo stanchi. Stanchi di essere disegnati come piace a voi, come fossimo Jessica Rabbit schiava del suo stereotipo. Stanchi dei sorrisini, dello stupore quando c’è da raccontare un aspetto positivo, stanchi di queste facce di circostanza da debellare. Che sia libertà, ma libertà vera. Libertà da certi cliché che si annodano alla gola. Quando si parla di calcio, di esultanze, di vita. In ogni settore rivendichiamo quella libertà nei giudizi, senza dover pagare dazio alla dogana dei limiti mentali di qualcuno che ancora immagina terre desolate e maschere da pulcinella dentro ai vicoli. Tornare ad essere ‘Patria’. Patria con lo stesso sangue, lo stesso dolora, la stessa gioia. Le stesse aspettative, le stesse opportunità, le stesse fragilità da raccontare allo stesso modo.

Un post condiviso da Arturo Minervini (@arturo_minervini) in data: 25 Apr 2020 alle ore 8:27 PDT