Da 0 a 10: i nomi delle bestie dello striscione, l'insulto di Tudor, l’abuso di Osimhen e Ospina senza mani

Da 0 a 10: i nomi delle bestie dello striscione, l'insulto di Tudor, l’abuso di Osimhen e Ospina senza maniTuttoNapoli.net
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lunedì 14 marzo 2022, 19:55Copertina
di Arturo Minervini
Doppietta del nigeriano, grande gara preparata da Spalletti. Tra i migliori Koulibaly e Di Lorenzo, Tudor si lamenta dell'arbitro senza cognizione

Zero neuroni. Bisognerebbe solo abbracciarli forte, prenderli per mano ed accompagnarli verso un inevitabile trattamento sanitario obbligatorio. È gente malata quella che ha composto quel vomito di striscione, che sta in mezzo a noi, tutti i giorni. Che si nasconde nell’anonimato, mentre cova la rabbia come unica leva di una vita insignificante. Lo hanno firmato e chiunque appartenga a quel gruppo non deve più entrare in uno stadio, se non si dissocerà pubblicamente da quel messaggio. Ci sono i nomi,  le mani, le impronte, il viscidume di razzistelli da quattro soldi, che valgono ancora meno. Non c’è offesa che meritate. Siete già cadaveri da tempo, trascinando un corpo senza anima, maschere senza speranza di trovare volti che diano un’identità. 

Uno il tiro in porta del Verona. Ospina si infortuna alla mano, ma potrebbe pure restare in campo che non c’è nemmeno bisogno di lui. Sterilizzati gli attaccanti del Verona, tenuti al guinzaglio da Koulibaly e Rrahmani che li portano a spasso a piacimento. Una supremazia che va ben oltre il risultato, una prova di solidità impressionante per una squadra che ha una capacità di rigenerarsi dopo le cadute che nemmeno Wolverine. 

Due cartellini gialli per Ceccherini, il secondo arrivato all’83’. Tudor dovrebbe ringraziare Doveri, che molto prima avrebbe dovuto cacciare dalla gara il randellatore col numero 29, incredibilmente non ammonito dopo un primo tempo in cui aveva scalciato più di un cavallo inferocito. Anche Tudor nelle dichiarazioni post gara prova a fare lo stesso, senza che nessuno lo interrompa e gli faccia notare che fino al minuto 83’ anche in 11 contro 11, non l’aveva mai vista. Un insulto all'onestà intellettuale.

Tre punti ma stavolta non ci freghi. Stavolta ci andiamo cauti, ancoriamo il cuore saldo al terreno. Ci fai uscire di testa Napoli, che cambi umori come se vivessi dentro ad un acceleratore emozionale di particelle. Vivere d’azzurro, vietato a chi non ha una fede incrollabile verso il domani. Vivere d’azzurro, come un biglietto eterno sulle montagne russe: “Sto sempre qua. Coi miei dubbi irrisolti, non ce l’ho la verità. E sempre sulle montagne russe sto… Su e giù e si va”. Ci mandate al manicomio. 

Quattro dietro, tre in mezzo e tre davanti. Spalletti non stravolge, ma corregge, analizzando anche lo stato di forma di qualcuno dei suoi. Tira fuori Insigne e Zielinski (avrebbe già dovuto farlo all’intervallo di Napoli-Milan) e disegna un Napoli più lineare, meno legato alle lune di Lorenzo e Piotr. Quante volte ci ha fregato l’emotività, meglio snocciolare argomentazioni più fredde, meglio affidarsi all’austero e spesso sottovalutato concetto della sostanza.  

Cinque come la quinta distante dodici punti dal Napoli. Consolidare il piazzamento Champions può donare quella leggerezza che spesso è mancata negli appuntamenti decisivi. Lo scudetto per il Napoli è come la dieta: non ci deve pensare. Deve, attraverso il tempo, diventare una sana abitudine come una corretta alimentazione. Non avere l’angoscia dell’obiettivo può diventare la strada per raggiungere un obiettivo ancor più prestigioso. A cervella è 'na sfoglia 'e cipolla”.

Sei al destro morbido di Politano, che cambia lo spartito che pure gli avversari conoscono a memoria. Col suo piede ‘sbagliato’ Matteo sorprende il Verona e addolcisce un pallone che si fa troppo ghiotto per la testa di Osimhen. Matteo ricorda una regola che spesso dimentichiamo: quando le cose vanno male, devi smettere di pensare che le cose si possano fare solo in un modo. "Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare"

Sette ad Anguissa. Alla capacità di trovarsi al posto giusto, gigante che cammina sulle uova come un ballerino di danza classica imprigionato nel corpo di un pugile. Si fa tutto il campo Frank, lo copre, lo avvolge, li soffoca. Ha l’effetto di un boa che stringe i calciatori del Verona in un abbraccio letale, soporifero. Domina la partita senza alzare la voce, compiendo l’inganno del diavolo di far credere al mondo che lui non esiste. 

Otto a Giovanni, quasi San, che ci fa sentire le farfalle nello stomaco. Di Lorenzo fa pentole, coperchi, accessori che al confronto Mastrota è un dilettante. C’è tutto nel campionario dell’esterno che ha stracciato via la favoletta del terzino di provincia e si è proiettato tra i migliori nel suo ruolo. Manda in gol Osimhen, poi al bar Tameze (con Elmas che sfiora il tris) con la finta che ne racconta una percezione superiore del gioco. Sa fare tutto e fa tutto maledettamente bene. “I timidi decidono di fare i difensori” sentenzia Toni Servillo ne ‘L’uomo in più’. Di Lorenzo è l’uomo in più. E non è per niente timido.

Nove da giocare e chissà. Un meraviglioso chissà. A nove dal termine, siamo ancora qua ed è bellissimo in fondo esserci, viverci in questa attesa. Perchè bisogna dare merito a Spalletti di aver ridato una corazza differente, scolpito sugli azzurri una maglia identitaria come una pelle da abitare, da sentire, da soffrire, da sognare. Sarà un finale indecifrabile, ma siamo in Primavera e il Napoli è in corsa per lo scudetto. Dal quel Napoli-Verona ad un nuovo Verona ne sono cambiate di cose. 

Dieci al pacifista Osimhen: tutto quell’odio annichilito dallo strapotere di Victor. E quando sei così forte, superiore, indomabile agli avversari non resta che la resa. Gi infami sugli spalti fanno le scimmie, confermando che l’evoluzione nel loro caso ha preso una direzione opposta. Victor invece gioca. Sul prato verde, gioca. E corre. E rimbalza. E riattacca. E carica. E gioca. E sorride. E segna, due volte. Che poi non c’è niente di più bello nel vederlo segnare in quello stadio. Che scatta foto di un pomeriggio memorabile, istantanea di una forza che è già passato, perché oggi è già più forte di ieri. Tudor lo ha provocato alla vigilia e se “m'hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno!”.