Da 0 a 10: l'esplosione di rabbia di ADL, l'affare colossale da 300mila euro, lo scioccante effetto Mertens e il minimalista Osimhen

Da 0 a 10: l'esplosione di rabbia di ADL, l'affare colossale da 300mila euro, lo scioccante effetto Mertens e il minimalista OsimhenTuttoNapoli.net
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
domenica 20 marzo 2022, 21:51Copertina
di Arturo Minervini
Il Napoli ribalta l'Udinese con la doppietta di Osimhen: decisivo il cambio modulo di Spalletti all'intervallo. Assist di Mario Rui e Di Lorenzo, bene Anguissa.

Zero all’osceno primo tempo, che non deve essere dimenticato. Come Achille Lauro, il Napoli ci casca di nuovo ed esibisce il suo lato oscuro, quello pieno zeppo di demoni pronti a stuzzicarti cattivi pensieri. L’Udinese gioca, il Napoli osserva quasi disinteressato, uno sdoppiamento di personalità non certo nuovo. Prende un cazzotto, ma fa come Buddha con l’uomo che gli sputò: mica reagisce. Valuta, pondera, poi cambia volto nell’intervallo. Non è una squadra: è un pazzo e meraviglioso cubo di Rubik

Uno il sanguinoso cartellino sventolato sulla faccia di Osimhen. Avventata la scelta di Fourneau, che mortifica lo spirito del gioco e pugnala la regola non scritta: quella del buon senso. Il pallone tocca prima la gamba e finisce sul braccio d’appoggio, ma il direttore di gara commette l’errore di volersi prendere la scena. La sindrome da prima donna è la rovina di certi arbitri. Nel dopo Gara De Laurentiis era più incazzato di qualsiasi italiano che abbia fatto benzina nelle ultime settimane. 

Due punti in due gare senza Brozovic (a Torino salvati da una schifezza arbitrale con pochi precedenti). Il caso Inter va usato come tara per la situazione Napoli: vi rendete conto dove sarebbero gli azzurri senza la serie incredibili di infortuni e assenze per la Coppa d’Africa e il Covid? Aveva ragione Woody Allen, ha sempre ragione Woody Allen: la vita molto spesso si racchiude su una pallina che sbatte sul nastro della rete col fato che decide da che parte del campo debba cadere.

Tre punti in featuring con i tifosi. È un duetto quello che in scena al Maradona, con la squadra che ritrova la spinta dello stadio, che si nutre da quelle voci come una pianta fa col sole. Se volete spiegare a un bambino in maniera semplice la fotosintesi clorofilliana, portatelo una volta a Fuorigrotta. Energia che si trasforma in energia, passione che si trasforma in ossigeno, devozione che impone sacrificio. È uno scambio alla pari, un vincolo che non richiede nessuna pronuncia solenne. “Sì, lo voglio” è una semplice formalità quando l’amore nasce da dentro. 

Quattro gli assist in campionato di Mario Rui, che prende schiaffi come una comparsa di un film di Bud Spencer e Terence Hill, sempre massacrato anche oltre i propri demeriti. E mica si scompone, si rialza, riparte e ci riprova. Potrebbe scriverci un libro sulla forza di volontà il portoghese, il Professore di Spalletti che in guanti bianchi piazza un cioccolatino sulla testa di Osimhen manco fosse l’Ambrogio della pubblicità. Quel mancino è educatissimo, c’avesse pure il fisico probabilmente giocherebbe altrove. 

Cinque gli assist in stagione per il dirimpettaio di Mario. Schiaccia “Ctrl+C, ctrl+V” sulla sua personale tastiera Di Lorenzo, riproponendo la stessa giocata del secondo gol di Verona: cross baso e Osimhen che insacca a rimorchio. Un pensiero consolidato Giovanni, un conforto sempre pronto a farti da spalla nei momenti di difficoltà: il forno microonde di certe sere in cui non hai voglia di fare la spesa. Incrociamo le dita per quel ginocchio benedetto. 

Sei e mezzo ad Anguissa ‘in espansione’. Sta tornando il colosso che ha dominato la prima parte del campionato, quell’affare colossale da 300mila euro che ha cambiato la mediana del Napoli. Si diffonde a macchia d’olio e non c’è modo di riconquistare le zone che entrano in suo controllo, finendo per incutere un’inquietudine morale al palleggio dell’Udinese. Si può comandare anche senza alzare la voce. 

Sette a Mertens, che se quel destro al volo entra in porta finisce che bisogna smontare il Maradona e andare tutti a casa. L’effetto Ciro come quello della farfalla, che provoca uragani nel cuore dei napoletani dovunque esso si verifichi. Entra Ciro e il Napoli cambia pelle, anche Napoli si fa più tifosa. Avvertiamo una sorta di esigenza fisica, come la moglie di Totò in ‘Miseria e nobiltà’: “Però, sapete quando mi calmo?.. Quando vedo mio marito, il principe... Fatemi vedere il principe, e io mi calmo”. Impensabile poterne fare a meno, nessuno è pronto a questa separazione. 

Otto da giocare con ventiquattro punti in palio con una proiezione massima di 87 punti. E sì, con 87 punti le possibilità di avere più punti di tutte le altre sarebbero concrete. Il destino non lo puoi controllare, ma provare ad indirizzarlo sì. Nelle prossime tre il Napoli affronterà Atalanta, Fiorentina e Roma: 'a fine d'o juorno sta tutta ccà. 

Nove al pizzino che Spalletti infila nell’intervallo nella testa dei suoi: del pareggio me ne infischio, io voglio vincerla. Da premiare la voracità con cui il tecnico azzanna la ghiotta occasione, non cincischia in attesa di cambiamenti ma agisce in maniera netta e repentina. Il Napoli del secondo tempo è in ritardo di 45’, ma archivia la pratica Udinese in appena 11 minuti con la qualità dei singoli e delle idee. Aveva ragione Paulo Coelho: 11 minuti sono il tempo perfetto per raggiungere un orgasmo. 

Dieci a colui che ‘sovra li altri com'aquila vola’. L’apertura alare di Osimhen oscura la vallata, capovolge le sorti, fa a cazzotti col destino come lo ha abituato la vita sin dai primissimi respiri. Non si arrende Victor, ribalta tutto con quella travolgente vitalità che ti contagia, si fa virale, diventa ispirazione per i compagni. Coglie le occasioni che piovono dal cielo con l’ottimismo di chi ha sempre la forza di tenere alto lo sguardo, capitalizza le opportunità che arrivano dal basso come chi sa bene che non bisogna mai dimenticarsi da dove si è partiti. Non è un attaccante: è una storia vissuta, da vivere, da condividere. È l’emozionante evoluzione di un ragazzo che non è mai simile alla versione precedente, un romanzo in fieri che sembra di scriverlo a quattro mani. L’arte non è statica, l’arte è sussulto, tormento, goduria. L’arte è Victor Osimhen che guarda un pallone e nella testa ha un solo pensiero: scaraventarlo nella porta dell’avversario. Minimalista del gol.