Il calcio rischia di fermarsi per un grosso equivoco

di Fabio Tarantino - Non ricordiamo striscioni di protesta per la riaperture delle fabbriche, non abbiamo letto parole come 'paura' o 'ansia' associate alla ripresa di molte attività. Opposti erano i timori: rimanere a casa, perdere il lavoro, rischiare di restare immobili per l'emergenza sanitaria. Il calcio non è (solo) la vetrina dei calciatori viziati e super pagati, certo è un palcoscenico e sono loro a brillare, ma c'è un mondo nell'ombra, dietro le quinte, che lavora e suda, che a fatica arriva a fine mese, che sta pagando il grosso equivoco del momento: considerare questo sport come uno sfizio. Non lo è. Il calcio è un'industria, una delle più importanti del paese, produce ricchezza, offre posti di lavoro, fa girare l'economia. Se si ferma crea un vuoto che sarà difficile da colmare in tempi rapidi.
Non esiste il rischio zero. Oggi tutti siamo sospesi, in attesa del vaccino, conviviamo con la possibilità di un contagio, siamo consapevoli del pericolo che ogni giorno corriamo. Ma vale per tutti, non solo per i calciatori: rischia chi viaggia, i corrieri che mai si sono fermati durante la pandemia, le attività di ristoro, chi lavora in banca o alla posta, chiunque decida di metter piedi fuori casa ma anche chi, pur restando ovattato nel suo nido, abbia contatti con familiari che un giro, anche se breve, hanno deciso di farlo. In questo vortice d'incertezza non capiamo per quale motivo il calcio debba fermarsi e tutti gli altri settori no: è lavoro ovunque, per ognuno di noi, per gli operai e gli impiegati, per i magazzinieri e i dirigenti, per Ronaldo o Di Lorenzo, per chi calcia con forza un pallone e per chi dopo lo raccoglie a luci spente.
C'è solo un motivo per indignarsi, per urlare, per protestare: perderlo. Il lavoro. Nel calcio si fa l'opposto: si grida allo scandalo per restituirlo a chi da tempo è stato costretto a farne a meno. Concetti come cassa integrazione, tagli, incertezze e disagi sono attuali nello sport, nelle categorie inferiori vale anche per i calciatori, è un rischio calcolato ma pochi ne parlano, non lo trovate scritto sulle prime pagine di nessun quotidiano, non ci saranno mai approfondimenti, non faranno mai notizia come un errore arbitrale o una rovesciata. Ma dietro ogni gol c'è un mondo immenso e quando il pallone tornerà a rotolare la salita, per molti, sarà più lunga dei cento metri di un campo.

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