L'Angolo Sarrista - Ripetizioni gratuite di Bellezza per Nedved: triangolazioni, pressing e difesa alta

L'Analisi tattica di Roma-Napoli
15.10.2017 18:00 di Jacopo Ottenga   vedi letture
L'Angolo Sarrista - Ripetizioni gratuite di Bellezza per Nedved: triangolazioni, pressing e difesa alta

Vincere per diversi anni senza avere una minima idea di gioco può provocare un infido travisamento dei comuni canoni di bellezza. Diffidate di chi afferma che la bellezza è soggettiva, dei sostenitori del “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”. Mentono sapendo di mentire. La Bellezza è il criterio universale che regola questo mondo, l’unico in grado di salvarci dalla banalità, dagli egoismi, dalle invidie. E non riconoscerlo significa ricadere in quel vacuo e ipocrita stile Juve che tutti ormai riconosciamo.

Per questo abbiamo deciso di dedicare questo breve saggio sulla Bellezza al nostro caro Pavel Nedved ed altri simili detrattori. Un compito piuttosto facile, perché al Napoli ieri all’Olimpico non è mancato proprio nulla.

Partiamo dalle triangolazioni. Sarebbe più corretto parlare di possesso, ma mi sembrava ingiusto non infierire sulle insulse dichiarazioni del ceco. Forse sarò ripetitivo, poco male, sono in tanti infatti a fare orecchie da mercante, ma Jorginho anche ieri ha dimostrato di essere al momento il miglior metodista al mondo. Su di lui Di Francesco ha messo un certo Nainggolan (probabilmente nel complesso il miglior centrocampista del nostro campionato) con l’obiettivo di francobollarlo ininterrottamente. Il playmaker azzurro tuttavia non si è scomposto, ormai ci ha fatto l’abitudine, e, oltre a riuscire più volte ad eludere la marcatura asfissiante del belga, continuando ad ordire con facilità le solite trame di gioco azzurre (uscito al 72’ è risultato il giocatore ad aver effettuato più passaggi: 83 con una percentuale di precisione del 90,4%), servendosi della sua illimitata intelligenza tattica ha permesso ai propri compagni di costruire azioni rilevanti anche senza parteciparvi direttamente.

In questo frangente Jorginho supera il centrocampo e si va schiacciare sulla corsia di destra a ridosso di Allan e Hysaj favorendo di conseguenza l’abbassamento in zona centrale di Hamsik. L’italo-brasiliano detta letteralmente ad Albiol il passaggio per lo slovacco che può ricevere comodamente e sviluppare successivamente il gioco sulla sinistra dove Insigne e Ghoulam sono pronti a creare superiorità numerica in virtù della posizione molto stretta di Florenzi.

Abbiamo inoltre già insistito nei precedenti articoli sulle enormi capacità di lettura difensiva di Jorginho, vero e proprio burattinaio del pressing dei compagni, ma ieri sera molte volte lo abbiamo visto andare personalmente a pressare i difensori centrali giallorossi ogni volta che il tridente offensivo perdeva mordente e finiva per schiacciarsi sulla linea di metà campo, dimostrando anche una eccellente condizione atletica. Non a caso con l’ingresso di Diawara (richiamato insistentemente da Sarri negli ultimi istanti di gara), calciatore più fisico ma ancora acerbo tatticamente, la squadra ha progressivamente arretrato il proprio baricentro esponendosi ai pericolosi e disperati assalti romanisti.

Proseguiamo ora con il mattatore del match: Lorenzo Insigne. Se il possesso infatti si è mantenuto fluido nonostante la Roma abbia cercato di chiudere al meglio le varie linee di passaggio dei partenopei, il merito va anche attribuito alla personalità del Magnifico, capace come sempre di giocare il pallone anche fuori dalla propria zona di competenza.

Ecco qui riportati tutti i 106 palloni toccati da Insigne (in rosso gli unici passaggi sbagliati, in giallo i passaggi chiave). I puntini naturalmente si affollano sulla sinistra, ma sono considerevoli i palloni giocati nella zona centrale del campo, in modo da aiutare centralmente lo sviluppo della manovra, e quelli a ridosso della propria area di rigore, a sottolineare il fondamentale apporto in fase difensiva del 26enne di Frattamaggiore. Un dato che smentisce l’incapacità o l’indisponibilità di Insigne a dare copertura, e che rimarca ulteriormente come fondamentale non risulti il ruolo ricoperto ma il contesto, quel modulo Sarriano che gli permette di rendere al massimo esaltando le sue caratteristiche e facendolo sentire sempre importante.

Discorso simile per Dries Mertens. Ieri sera il belga non avrà segnato, ma ha confermato ancora una volta quanto sia diventato ormai un attaccante centrale a tutti gli effetti. Stupefacente la facilità con cui si è più volte preso gioco di Manolas, Juan Jesus, De Rossi e Nainggolan in spazi stretti. Sorprendente la scelta dei tempi di attacco della profondità senza finire in fuorigioco come in occasione del gol che ha deciso la gara. Sbalorditiva la sua abilità nel muoversi incessantemente per non dare punti di riferimento agli avversari, venendo incontro al pallone centralmente per favorire i tagli alle sue spalle dei vari compagni o spostandosi sull’esterno agevolando gli inserimenti centrali di Hamsik, Insigne e Ghoulam. Encomiabili infine i suoi ripiegamenti in occasione delle ripartenze giallorosse, segno di una grande disponibilità al sacrificio che lo ha privato probabilmente di un pizzico di lucidità negli ultimi metri.

Qui abbiamo messo a confronto Dzeko e Mertens a livello di palloni giocati (i pallini con le linee equivalgono alle conclusioni tentate). Si tratta di due degli attaccanti più forti della Serie A, dotati di strutture fisiche e caratteristiche completamente diverse, eppure il bosniaco è riuscito a giocare solamente 5 palloni negli ultimi 25 metri. Il belga invece è riuscito facilmente a penetrare in area avversaria, sopperendo ai propri limiti fisici grazie ai meccanismi di gioco collaudati di Maurizio Sarri.

Gran parte del merito ovviamente spetta ad Albiol e Koulibaly, autori ieri, assieme ad Hysaj e Ghoulam, di una prova semplicemente sontuosa. Una linea difensiva costantemente alta, così da mantenere la squadra sempre corta, compatta e pronta il pressing, che nemmeno l’esperienza e l’imponenza di Dzeko sono riuscite ad allungare, ritorcendosi di fatto proprio sul bosniaco, costretto a giocare in una zona di campo troppo lontana dalla porta, condizione che lo ha reso innocuo e nervoso, portandolo a scalciare più volte Albiol.

Se non è bellezza questa?