Da 0 a 10: gli sciacalli su Osimhen, l'alibi ridicolo di Eusebio, Petagna spacca il web e il buco di Zielinski

Doppietta di Zielinski, gol di Insigne e Lozano per un Napoli che torna vittorioso e restituisce il sorriso a Gattuso
04.01.2021 08:25 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: gli sciacalli su Osimhen, l'alibi ridicolo di Eusebio, Petagna spacca il web e il buco di Zielinski

Zero a Osimhen. Che ha fatto una sciocchezza, e lo sa. Zero a chi vorrà usare l’episodio per creare crepe, come spesso accade. Fragilità emotive che diventano, per alcuni, pasto da sciacallo, irresistibile companatico per chi vuole nutrirsi con le disgrazie di questa piazza. Il ragazzo sarà punito, magari multato e caso chiuso in maniera esemplare da Gattuso nel dopo gara. Le colpe sono anche di chi lo ha messo in quella situazione. Come ricordava Catone (il censore): “Il peggior governante è colui che non riesce a governare se stesso”. Occhio ragazzo. 

Uno il fiore sbocciato nel 2021. Arriva con l’anno nuovo il primo (inutile) rigore in campionato, la sfida ad ogni legge statistica per una squadra che produce come il Napoli. Il Milan a Benevento ha tirato il suo decimo penalty, ancora una volta più che dubbio. Soffiano venti meneghini su questo campionato, bisognerà coprirsi bene  contro certe perturbazioni. 

Due minuti di cattivi pensieri. Un tandem sfida e Maksimovic apparecchiano la tavola per Joao Pedro, che mica si tira indietro. Vuoi vedere che non vinciamo nemmeno questa al primo tiro subito? Chi non l’ha pensato. Un tormento ricorrente, con una squadra che davanti alla porta ha la cattiveria di Topo Gigio nella giornata in cui omaggia il ricordo del mahatma Gandhi. Iniezioni di cazzimma cercasi.

Tre punti dopo i tre raccolti in totale nelle ultime tre gare del 2020. Sembra uno scioglilingua, è invece la notizia migliore per voltare pagina. E lo si capisce dagli occhi, dai primi possessi, che la testa è sul pezzo. Che la squadra ha ripreso lucidità, smarrita per stanchezza ed errori vari sul rush finale del maledetto anno solare. Come Massimo, ricominciamo da questo tre. 

Quattro reti, che potevano essere forse dieci. Il potenziale offensivo di questa squadra è abbacinante, trabocca come la sensualità nello sguardo di Scarlett Johansson in Vicky Cristina Barcelona. Una consapevolezza che diventa a volta narcisismo, estetica fine a se stessa. Uno specchiarsi: nella bellezza, ma anche nelle proprie insicurezze. 

Cinque minuti in castigo. Di Francesco trova l’ardire e l’ardore per elaborare una teoria strampalata dopo essere preso a pallonate per tutta la gara. “L’uomo in più ha avvantaggiato il Napoli”, tralasciando due punti fondamentali nella puerile argomentazione: l’espulsione è sacrosanta, fin lì il conteggio dei tiri era, per i suoi, più squilibrato di un incontro di boxe tra Tyson e Pippo Baudo. Ah, il silenzio. Così poco considerato. 

Sei, tendente al sette, a Di Lorenzo. E ci voleva una gara così, dopo che in molte occasioni le azioni di Giovanni avevano chiuso i conti in netto ribasso. Spinge e copre, cuce e pressa, concede alternative ai compagni che lo cavalcano con costanza. Era stata la rivelazione dello scorso campionato, stava diventando la delusione di questo. La giusta occasione per invertire la tendenza.

Sette di incoraggiamento a Petagna, attaccante che gioca più per i compagni che per i gol. Riceve il pallone in area, ma invece di guardare la porta, volge lo sguardo all’indietro alla ricerca dei compagni. In alcuni casi è un bene, in tanti altri può diventare un grande limite. Chiudersi a riccio nella propria confort zone può diventare un limite. Guarda la porta Andrea. Provaci e credici di più. Per essere da Napoli, bisogna fare uno step in più. E intanto il web si divide sull'attaccante...

Otto a Insigne. Sostanza nelle giocate, fragrante come un pezzo di pane appena sfornato. E non c’è niente di meglio del pane caldo. Lorenzo prende in mano la regia del match, lo dirige da sinistra chiamando battute ed ingressi dei personaggi compresi nella sua sceneggiatura. Fa quello che serve, sacrifica anche il suo copione per lo scopo finale: la vittoria. Lubrifica ingranaggi, come un piccolo Hugo Cabret che scopre la meraviglia della pellicola. Parola d’ordine: maturità.

Nove a Lozano, che proprio non trova gente che riesce a marcarlo. Da aggiornare la lista di difensori che trovano una sola strada per affrontarlo: abbatterlo. Spreca qualcosa davanti alla porta, ma Gattuso ha trovato una variante che può sempre far saltare il banco. È che non si stanca mai, non si ferma mai. China la testa e riparte, attacca furioso. Fedele allo scopo, alza il ritmo e martella la difesa avversaria come uno dei Pink Floyd. “Tutto sommato è solo un altro mattone nel muro”. Così fuori dagli schemi Hirving, così unico. Proprio per questo, così decisivo.

Dieci a Piotr e tutto il resto scompare. Prima la batteria di metallo pesante, poi il violino che stuzzica anche le anime più insensibili: la musica la sceglie, la suona e la balla Zielinski. Sgancia la bomba che sblocca il match, poi si traveste da illusionista per la rete che scaccia subito via la paura. Pioniere del calcio che sarebbe stato, centrocampista infiltratosi dentro a un buco temporale per mostrare l’evoluzione nel suo ruolo. Può fare tutto, ma l’aspetto più sconvolgente è che potrebbe farlo sempre a livelli eccellenti. Una carezza ed un pugno. Due attimi distinti, che raccontano lo sconfinato orizzonte nascosto dietro a quegli occhi di ghiaccio.

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