Da 0 a 10: il faccia a faccia bollente Mario Rui-Orsato, la balla spaziale di ADL, le nuove cazz*ate su Meret e Zielinski come il Winner Taco

Da 0 a 10: il faccia a faccia bollente Mario Rui-Orsato, la balla spaziale di ADL, le nuove cazz*ate su Meret e Zielinski come il Winner Taco TuttoNapoli.net
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sabato 9 marzo 2024, 19:22Copertina
di Arturo Minervini
Al Napoli non basta Kvaratskhelia: gli azzurri creano tante occasioni con il gioco di Calzona ma non vanno oltre il pareggio al Maradona col Torino

Zero allo slow football, dal sapore orrendo, di Orsato. Tiratore scelto di freni a mano, manda fuori giri il Napoli accogliendo il calcio distruttivo del Torino, fatto di perdite di tempo, gomitate, falli sistematici ed altri trucchetti da terza categoria. Tutto resta impunito, assecondato, quasi condiviso da un direttore di gara spedito al Maradona dopo giorni di lamentele di Cairo, che ha messo in moto tutta la sua impressionante macchina di comunicazione. Uno show indecente, il biglietto da visita che la Serie A manda all’estero per poi chiedersi perchè nessuno è più interessato a comprarne i diritti, se non per quattro soldi.

Non Uno di meno, come il capolavoro del regista cinese Zhang Yimou. Calzona ci sta provando a recuperare l’allievo Zielinski, ma l’allievo Zielinski non vuole essere recuperato. Ha scelto l’abbandono scolastico, s’è disperso nei pensieri futuri, nei colori del domani, tra le chiacchiere che hanno stroncato anticipatamente un amore già condannato alla fine da una firma meneghina. Piotr in questo momento è danno, un corpo estraneo dentro ad un corpo che provo a reagire ad una crisi. Mentre tutti vanno in una direzione, lui resta fermo, si fa fardello che complica la missione dei compagni. Più irriconoscibile del Winner Taco nella sua seconda versione. Certi sapori, non te li dimentichi. Certi rancori, evidentemente, non sono stati assorbiti. 

Due al mistero Linetty. Compie interventi che meriterebbero singolarmente tutti il cartellino giallo, ma niente. Non solo: al momento del cambio perde due minuti per uscire, anche lì, ci sarebbe il giallo da regolamento, ma niente. È questa la fotografia della direzione arbitrale di Orsato, che ha preservato questo atteggiamento. E se permetti di dar calci, penalizzi la squadra che vuole giocare a calcio. E la squadra che voleva giocare a calcio, era il Napoli. Indovinate chi, ancora una volta, ha penalizzato Orsato? 

Tre giorni per sognare in grande. E se puoi sognarlo, puoi farlo. Non serve Walt Disney per motivare la squadra per una notte, in ogni caso, diversa dalle altre notti. In palio c’è tanto, tantissimo: i quarti di Champions e le ultime fiches da per il Mondiale per Club del 2025. Una fetta di futuro importante verrà decisa in quesi 90 minuti, e magari oltre chissà, contro il Barcellona. Nelle corde di questa squadra c’è una partita leggendaria, c’è il potenziale per provare a sovvertire il pronostico, c’è il talento per consacrasi di nuovo tre le magnifiche otto d’Europa. Esiste un solo modo: che tutti giochino la loro miglior gara stagionale, evitando grossolani errori sotto porte nelle occasioni che i blaugrana sono soliti concedere. 

Quattro cambi, tardivi, e Simeone che resta a guardare. Calzona, che sta facendo un mezzo miracolo, si perde forse l’attimo fuggente, minuti preziosi che avrebbero potuto riscrivere il finale. Tenere in campo 69’ lo spettrale Zielinski è uno sbaglio, così come attendere il 92’ per giocarsi la carta Lindstrom. Nella scelta sul Cholito mostra qualche segnale di integralismo, non volendo cambiare il 4-3-3. D’altronde è un sarriano e certe idee sono la sua forza, ma possono anche essere un piccolo limite. Ci può stare.

Cinque partite di Calzona in panchina con cinque gol subiti, uno in ognuna. Andando ancora indietro, sono otto le gare consecutive subendo almeno un gol: ultimo clean sheet il catenaccio stile anni 30 di Mazzarri sul campo della Lazio del 28 gennaio. Chiaro che i problemi del Napoli sono anche lì, la condanna a dover fare sempre più di un gol per portare a casa l’intera posta. L’incapacità, anche mentale, di blindare un risultato che sembrava cosa fatta dopo il gol di Kvara. Le grandi rimonte si costruiscono sulla solidità. Che ancora manca. Che, quest’anno, non c’è mai stata.

Sei come sessantamila spettatori, diamoci appuntamento il 15 luglio del 2027 a Bagnoli e state pur certi che non ci sarà nessuno stadio. De Laurentiis la spara grossa sul nuovo stadio, annuncia per quella data la prima gara nel presunto nuovo impianto che dice di voler costruire. Bagnoli è la terra Promessa di ADL, in vent’anni ha annunciato di volerci costruire qualsiasi cosa: musei, stadi, centri sportivi, maxicinema, un Mc Donald, un negozio di articoli sportivi, una pizzeria, pure una sala di slot machine. Poi, come ogni annuncio su cose da costruire, in 20 anni di Napoli, s’è rivelata una boutade. Nel giochino politico delle parti, nel braccio di ferro per ottenere il Maradona a condizioni ancor più vantaggiose, la carta Bagnoli è un grande classico da pescare nel mazzo. “Non è importante il prestigio in sè, quanto il trucco che si nasconde dietro….”,

Sette a Meret, e lo confermo. Per la Serie: “Alex non esce, l’area piccola è casa sua, non tiene il carattere e la mozzarella di Mondragone non è più quella di una volta”, gira e rigira il portier finisce nel mirino. Nella serata in cui fa una parata pazzesca su Zapata, finisce nel mirino di alcuni per il gol del Toro. Dopo una carambola, tutti si perdono Sanabria, che riesce a coordinarsi senza essere disturbato per segnare in rovesciata. Però la colpa è di Meret, che doveva coprire cinque metri di campo in poco più di un secondo, manco avesse il dono del teletrasporto come il protagonista di Jumper.  Ma facìteme 'o piacere...

Otto a Mario Rui. Sette per la partita, un voto più per la verità spiattellata in faccia ad Orsato a fine gara: ‘Devi fare sempre il fenomeno’. Ci mette l’anima il portoghese, che nel primo tempo soffre la fisicità granata, poi si riscatta con la grande qualità del suo mancino pennellando l’assist per il socio di sinistra KK. Per liberare Khvicha dalle catene c’è bisogno del miglior Mario, inspiegabilmente accantonato da Mazzarri e bistrattato pure da Garcia. Mario c’è e lotta con noi, ricorda ad Orsato quella sua insopportabile tendenza a ‘rubare’ la scena. E pure qualche scudetto nel recente passato. Quel maledetto viziaccio di stare troppo vicino e non vedere.

Nove a Kvaratskhelia, che fa tutto per tutti. Che sbaglia un gol in avvio, che genera relazioni più di Tinder, con la sua capacità di ribaltare l’ordinario, di affrontare ogni muro con la stessa rinnovata convinzione di poterlo abbattere. È ammirevole il 77, che non si tira indietro mai, ma proprio mai. Che abbassa la testa e suona la carica, che delizia con la triangolazione che lo porta al 10° gol in campionato. Danza sul pallone, che è roba sua, che nessuno riesce mai a togliergli. Meriterebbe, da solo, la vittoria, i 3 punti, la standing ovation di quelli dentro e fuori dal Maradona. Una gioia per chi ama il calcio, per chi s’appassiona a quelle volontà che si abbinano ad un talento fuori dall’ordinario. Si chiamano geni, che ci credono più di tutti gli altri. Che comprendono, più di tutti gli altri. Che sanno, più di tutti gli altri.

Dieci alla fine, trenta punti in palio e una speranza labile, ma ancora viva. La possibilità che il 5° posto porti dritto in Champions si fa sempre più tangibile, un regalo dall’alto che il Napoli dovrà però conquistarsi, consapevole di aver ormai azzerato il margine d’errore. Al Maradona arriveranno Atalanta, Bologna e Roma, e non ci sarà alternativa alla vittoria. Vero, il Napoli quest’anno non ha mai vinto tre gare di fila in campionato. L’arrivo di Calzona, però, sembra aver rimesso in moto qualche ingranaggio, frammenti di cuori coraggiosi che riscoprono che non è mai finita finché non è finita. A difesa di un’idea, di quel vessillo che non può precludere ancora nessun orizzonte. Proviamoci. 

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