Da 0 a 10: l'acquisto da 200 mln, il terrore di Giuntoli su Osimhen, l'osceno Milik e l'invito di Gennaro D'Auria

16.07.2020 13:12 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: l'acquisto da 200 mln, il terrore di Giuntoli su Osimhen, l'osceno Milik e l'invito di Gennaro D'Auria
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(di Arturo Minervini) - Zero voglia, che di per sé è già una colpa. Lo è ancora di più per Arek Milik, che con tempo sprecato ha un credito di circa due anni e di pause proprio non potrebbe concedersene. Cavaliere errante in cerca di un’identità sbiadita da un futuro che ha già assunto altre tinte, titolo di coda triste ed ingeneroso di una storia d’amore mai decollata e che ora plana inesorabile verso un addio che poteva essere gestito in maniera diversa. La più grande intolleranza che ci possono diagnosticare è il tempo sprecato.

Uno otto tre ovvero 183 giorni dopo una maglia da titolare per Lozano. Ci sarebbero così tante cose da dire, valutazioni da fare, postille da mettere in coda ad ogni discorso che riguarda questo messicano atipico. Ciondolante, sempre sul punto di perdere il controllo, ma capace della sterzata improvvisa che può cambiare la valutazione sulla sua gara. È uno da comprendere, da studiare, da inserire nel discorso con la maestria del compositore. Ci sono parole che non tutti possono usare in una frase, ma chi ha il dono di trovargli il posto giusto sa rendere fascinosa la sua dialettica. Ecco, Hirving sembra quelle parole complesse che trovano in senso in certi tipi di discorsi. Una diversità che può diventare un punto di forza, ma serve il sostegno di tutti.

Due come un secondo tempo con l’approccio mentale da Rock dei Tamarri di Tony Tammaro. In versione picnic sul prato del Dall’Ara, il Napoli rinuncia alla contesa come uno sciatore che inciampa al cancelletto di partenza della seconda manche dello slalom. Involuzione che fa innervosire e non poco Gattuso perché offende tutto il suo lavoro su una mentalità da inseguire come la chimera della banda di Ivano Fossatti. La mia banda suona il Rock, ma non può farlo solo quando ne ha voglia.

Tre gol subiti nelle ultime due gare e due punti raccolti. Se questo Napoli perde solidità difensiva torna una squadra altalenante ed il motivo è più riconoscibile di un giro di chitarra di Eddie van Halen. Perché il Napoli dall’altra parte del campo continua ad essere una squadra poco concreta, che può creare anche le stesse occasioni dell’Atalanta ma segna 40 gol in meno in campionato. “Presidente al Napoli manca il cinismo” “Ditemi dove gioca e io lo compro” risponderebbe un immenso Angelo Massimino. Se si potesse comprare, De Laurentiis potrebbe spendere anche 200 milioni: gran parte dei problemi del Napoli sarebbero risolti.

Quattro gol in campionato a quel testone testardo di Kostas. Ci mette il testone nel tuffo che vale il vantaggio, ci mette la testardaggine quando ritarda il cambio e si fa trovare sulle gambe dalla sterzata di Barrow che porta al pari. Il carattere è il punto di forza di Manolas e gli atti di coraggio non sono mai da condannare. Il coraggio è il gradino che ti consente di raggiungere posti che altrimenti non avresti mai raggiunto. Ascensore sociale. 

Cinque gare rimaste e sullo sfondo la sagoma di quel Leo lì. Cinque gare per decidere da che parte stare, se mescolarsi alla mediocrità di chi si lascia andare giù come Michele Zarrillo dopo cinque giorni che l’ha persa. Oppure prendere una strada differente. Fortificare il proprio ego, saldare le convinzioni accresciute in queste settimane. Prendere una grande rincorsa verso la sfida del Camp Nou per non rischiare di trovarsi sulle gambe nell’unica gara che ancora conta qualcosa. Bisogna barare, truffare testa e cuore e convincerli che per arrivare al meglio a quella notte bisogna prepararsi come se dovessi portare a cena Uma Thurman. 

Sei come sessanta milioni, che magari saranno settanta o forse ottanta. Non commettiamo l’errore di valutare un acquisto dal suo cartellino. Osimhen ha stregato il Napoli, piace a Gattuso e pure di più a Giuntoli che ha lanciato segnali preoccupanti nelle dichiarazioni pre-Bologna. Che sia strategia? Che ci sia la paura di vivere un maledetto Déjà vu? Vuoi vedere che i nuovi agenti del nigeriano stanno farcendo una torta dal sapore amarissimo? Il Napoli resta in pole, ma tanto sappiamo già come andrà a finire. Se non arriverà, avremo perso una fusione genetica tra Weah, Drogba e Mark Lenders. Dovesse arrivare, a quelle cifre, per alcuni il Napoli avrà comprato un mix letale tra Darko Pancev, Saadi Gheddafi e Margheritoni. La via media, questa sconosciuta.

Sette a Politano. Che prende coraggio. Che fa quello che ti aspetti che faccia: punta l’uomo, invade il centro del campo usando la fascia destra solo come una scusa, una zona in cui camuffare le reali intenzioni. È stato preso per fare quel tipo di gioco, per rappresentare un ossimoro tattico con la voglia di profondità mai sazia di Callejon. A Bologna Matteo lo ha fatto con quella convinzione che avevamo visto poche volte da quando è azzurro. Per il tipo di calciatore che è, una valutazione veritiera potrà essere data solo quando avrà una preparazione ottimale.

Otto cambi per Gattuso. Una rivoluzione che è un segnale inconsapevole di abbassamento della guardia, ma allo stesso tempo è un invito a chi trova meno spazio. Assist che non tutti hanno saputo sfruttare, indolenti come quelli che sono subentrati a gara in corso. Atarassia diffusa come un virus, una tranquillità quasi irritante per chi dovrebbe sempre avere qualcosa da dimostrare. Qualcuno c’era ma non si è nemmeno visto al Dall’Ara, evidentemente non hanno seguito l’invito sempiterno del maestro Gennaro D’Auria: “Ma perché nun vai a Bologna? Va a Bologna! Va a Bologna! Va a Bologna!”

Nove alla sostanziale superiorità morale di Demme. In una delle prestazioni più opache dell’ultimo Napoli, brilla la volontà operaia di Diego. Che non lascia mai entrare nella testa il pensiero che un pallone sia meno meritevole di un altro da rincorrere, che non si prende mai un giro di pausa quando c’è da inseguire l’avversario. Un compendio filosofico sull’umiltà, spicciola, ma non per questo meno degna. “Tu che ne sai, che hai potuto volare un cielo facile…”. Ecco, il numero quattro la fatica la conosce. E la mette in pratica come mantra quotidiano, ossessivo. Dieci, cento, mille Diego Demme.

Dieci a chi saprà fare di ogni fine un buon inizio. Senza lasciarsi appesantire il cuore dalle scorie di una gara andata male, con l’entusiasmo verso le gare che verranno. Per troppo tempo questo Napoli ha subito una depressione che era diventata gabbia, parete emotiva che ha condizionato in maniera importante una fetta di campionato. Gattuso ha lavorato sulla testa e ci lavora ogni giorno. Gattuso ora sa che è il momento di riprendere il bastone, dopo aver fatto assaporare un pochino di carota. Diventare uomini significa trattare successo e sconfitta come impostori figli della stessa madre. Rino lo sa. E vuole ficcare questa idea anche nella testa dei suoi. Voltare pagina. Prima di subito.