Da 0 a 10: la furia social contro Carlo, la decisione finale di ADL, la testa bassa che ferisce e lo scandalo che non fa notizia

Napoli ancora deludente: fischi assordanti del San Paolo, i tifosi chiedono l'esonero di Ancelotti e la squadra si rifugia nel silenzio stampa
10.11.2019 15:08 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: la furia social contro Carlo, la decisione finale di ADL, la testa bassa che ferisce e lo scandalo che non fa notizia
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© foto di Insidefoto/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero è potente perché è il gemello dell’infinito, azzarda qualche autore americano. Zero è un numero ambiguo, che può raccontare tutto o niente. Ecco, il Napoli sceglie la seconda strada. Si trincera dietro la forza del nulla, sballottato dagli eventi dentro ad un universo che ora gli sta stretto. Trovare la giusta dimensione è un percorso impervio e non si può barare. Perché puoi mentire a tutto il mondo, ma l’unica persona che non convincerai mai di una bugia è la tua coscienza. Chi è senza macchia (sulla coscienza di cui sopra) scagli la prima pietra.  

Uno il punto col Genoa, terzo di fila in campionato che rischia di risucchiarti in un anonimato che a confronto Edward Snowden era uno a cui piaceva farsi notare durante il suo lavoro sul web. L’allerta (non meteo, di quelle ne abbiamo già abbastanza) è scattata da tempo. Chi ha provato a farne i prodromi è stato tacciato e scalciato con la massima ingiuria di nemico della patria, quando invece questa situazione è logica conseguenza di regressi iniziatisi a manifestare già da diverse settimane. Mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, serviva a poco prima ed ancor meno adesso. Ora è il tempo di guardarsi negli occhi. Di scavare dentro i desideri di ognuno e capire cosa fare, assecondando solo il bene del Napoli. Tutto il resto è SUPERFLUO.

Due minuti e viene annullata una rete ad Insigne. Sembrava il preludio di un riscatto, è stata invece una false premessa. Una falsa promessa. Vocali che cambiano dentro una frase, ma che non mutano una sostanza fatta di un tradimento ideale, prima che tecnico. Quel Napoli che si diceva pronto, maturo, affamato si lecca le ferite nel proprio angolo come la Baby di ‘Dirty Dancing’. Servirebbe ora avere anche la sua stessa voglia di rivalsa. 

Tre punti nelle ultime quattro gare. Addio al sogno scudetto, addio alla ‘fionda di Ancelotti’ ai proclami del ‘secondo posto che non basta più’. Resta una situazione complicata, ma che impone massima serietà. Perché non agguantare il quarto posto sarebbe uno dei fallimenti sportivi più eclatanti degli ultimi vent’anni, considerando potenziale ed aspettative. Lasciamo da parte i 91 punti di Sarri, pensiamo agli 84 raccolti lo scorso anno. La squadra è la stessa, con qualche rinforzo. Non si può pensare di viaggiare alla imbarazzante media di 1.58 punti a partita. 

Quattro all’immagine che fa più male. Avete presente la testa bassa di un’amante che non ha il coraggio di rispondere alla domanda ‘Perchè non mi ami più?”. Ecco. Questa sera la sensazione è quella. La stessa inquietudine, ineluttabile gelo nel cervello che sembra avere esaurito il desiderio per fare spazio ad una profonda apatia.

Cinque a Fabiàn, ancora una volta. Perché ora serve a poco parlare dei singoli, perché la struttura della squadra sarà pure instabile, ma il talento quello andrebbe rispettato ed ossequiato sempre. Sotto torno lo spagnolo, svagato, testardo in giocate che non fanno altro che acuire i dolori di una squadra che avrebbe bisogno di essere trascinata, non appesantita dall’indolenza che fa ancora più rumore se proviene da uno con le sue qualità.

Sei come essere, come essenza, come spirito. Quello mancato, venuto meno, diluito negli anni dalla frustrazione di accarezzare sempre un sogno per poi vederlo svanire. La grande bellezza prima, poi il tempo che con i suoi effetti arriva inesorabile. Mena Suvari in American Beauty dice ‘Non c’è niente di peggio che essere una qualunque’. Eccola la sindrome del Napoli. Ritrovarsi a pensare di essere uguale a tanti. Di non essere riuscito ad andare oltre. Di fermarsi proprio lì, a pochi passi dal miracolo senza che questo mai si compia. È un pensiero che ti consuma. Che ti logora. Che ti svuota dentro, quando fuori sembri uguale a prima come un pezzo di legno attaccato dai tarli.

Sette centimetri, forse anche meno. La testa di Elmas, la mano di Radu, una linea Maginot che protegge la porta del Genoa da un pallone che avrebbe dovuto compiere solo un ultimo sforzo per ridare un briciolo di entusiasmo, ed un risultato che serviva come il pane. Murphy con la sua legge è impietoso, conosce alle perfezione certi momenti ed infierisce spietato più David Carradine che compie la sua vendetta su Uma Thurman in Kill Bill. Io poi un giorno vorrei conoscerlo questo Murphy, giusto per dirgli qualche parolina. Va veramente tutto male. 

Otto punti in più, almeno. Perché bisogna anche avere la forza di non lasciarsi trascinare dalla marea, dalla rivolta. È come quando una città si ribella, si spaccano le vetrine e si rubano i televisori dai grandi magazzini. È la sindrome della devastazione, che ora comprensibilmente può attanagliare tutti noi. Le cose vanno male, ma non dobbiamo mai smettere di lottare per il vero. Altro rigore clamoroso negato al Napoli, ennesima ingiustizia come ultimo atto temporale di un accanimento che supera di gran lunga il concetto di coincidenza. E quando ciò accade, bisogna avere davvero paura. 

Nove a chi resterà vicino al Napoli, anche per far capire a chi forse lo ha dimentica cosa significa amare questa maglia. Sarebbe servita aa stessa foga. Avremmo voluto vedere la stessa foga di martedì sera, quella mostrata per non andare in ritiro in un ammutinamento che non ha nessuna giustificazione per come si è consumato, perché la forma è anche sostanza.  Invece no. Invece nulla. Invece IL NULLA. Ora si giochi a CARTE SCOPERTE. Chi non vuole chi? La sommossa popolare invoca la testa di Ancelotti da sventolare in piazza come bandiera vessillo della liberazione, si chiede a De Laurentiis la decisione estrema dell’esonero. Difficile pensare che il problema possa essere solo quello, ma in questa fase nessuna soluzione può e deve essere esclusa.

Dieci al Napoli che era e che come l’Andrea di De Andrè “S'è perso, s'è perso e non sa tornare”. Quali i rimedi? Esiste una cura? Chi ha ancora voglia di Napoli? Di lottare? Di sporcarsi le mani? Platone nell’Apologia di Socrate scrive “Una vita non esaminata non è degna di essere vissuta”. Esaminare questo Napoli è esercizio complesso, si rischia di farsi influenzare dalle simpatie personali, dal passato, dalle tendenze del pensiero che portano sempre in strade complicate. Sbaglieremmo tutti se pensassimo che esista un solo colpevole e tanti innocenti. Sbaglieremmo ancor di più nel credere che ci sia un cattivo da una parte ed i buoni dall’altra, oppure i cattivi da una parte ed il buono dall’altra. Da Aurelio De Laurentiis all’ultimo dei magazzinieri, ognuno si assuma una fetta di colpa. Mangi questo amaro boccone, lo butti giù ed inizi la digestione. Bisogna affrontare la questione per superarla. Perché non siamo nemmeno a metà novembre e tutto può ancora essere rimesso in piedi. Serve però il più grande calciatore che la storia dell’uomo abbia mai concepito: si chiama VOLONTÁ.