Da 0 a 10: le facce di ca**o di Spalletti, il gol al 90' di Politano, la frase storica di Zanetti e la proposta rivoluzionaria

Il Napoli vince anche ad Empoli: ancora a segno Osimhen. Kim e Lobotka tra i migliori, sempre incisivo Kvaratskhelia
26.02.2023 20:22 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
 Da 0 a 10: le facce di ca**o di Spalletti, il gol al 90' di Politano, la frase storica di Zanetti e la proposta rivoluzionaria
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Zero minuti giocati, a scaldarsi fino alla fine, senza entrare. L’occhio al triplice fischio va su Politano, sull’esultanza sincera e irrefrenabile di chi poteva essere incazzato e invece non lo era. C’è tanto di questo Napoli in quella gioia, nell’applauso ai compagni, nel senso di condivisione che investe ogni elemento. Questa non è una squadra, è una missione eroica e nelle imprese epiche ognuno può sentirsi a modo suo una leggenda. Quando tutti spingono nella stessa direzione, nessuna rete è troppo stretta. Come insegna la Dory di Nemo: “Zitto e nuota, nuota e nuota, zitto e nuota e nuota e nuota”.

Uno in meno, sarebbe una proposta rivoluzionaria per ravvivare il campionato. Il Napoli resta in 10, ma non cambia di un millimetro la sua routine da dominatore. Continua a fare la stessa vita di prima, come Fantozzi che vince la lotteria di Capodanno: sfiora più volte il terzo gol, fa girare il pallone come in un flipper e non permette all’avversario di superare la mediana. L’Empoli col linguaggio del corpo annuncia la resa: con questi qui, perdere solo 2-0 è un affarone.

Due gare, pre e post Champions, che sono lo specchio da interrogare sulla più bella del reame e attendersi si sentire il proprio nome. Sassuolo ed Empoli sono, sul piano della mentalità, la vera rivoluzione azzurra, che al confronto il cambiamento notturno di Gregor Samsa nella Metamoforsi era meno radicale. Se nemmeno prima e dopo di una gara come quella di Francoforte si abbassa l’intensità, vuol dire che c’è la stessa determinazione dei Chicago Bulls di The last dance. Con una differenza: qui il ballo è appena iniziato e si sente odore di dinastia.

Tre gare non vinte su ventiquattro, ma c’è un dato ancor più impressionante. Dopo aver pareggiato con Fiorentina e Lecce, gli azzurri hanno vinto diciannove delle ultime venti (unica variazione sul tema il ko di San Siro). Al netto delle considerazioni sul livello medio del campionato, possiamo dire che questo è il Napoli più dominante della sua storia?

Quattro Kim in uno. Colpisce la traversa di testa, un istante dopo è già a recuperar palla a centrocampo: misteriosa mobilità per uno che porta a spasso quel corpo, il Jao Ming sudcoreano che va a cassare ogni tentativo di accesso all’area di rigore. Sorprendente, come non trovare una Smart in quello che a prima vista ti sembra un parcheggio in centro nel week end. 

Cinque alla scalciata di Mario Rui. Non necessaria, non funzionale, non consona con la stagione da luminare giocata sin qui dal portoghese. Sarà pur vero che “Semel in anno licet insanire”, ma questa sciocchezza terrà fuori il portoghese pure dalle due prossime di campionato per squalifica: tre gare macchiate per uno stupida reazione. Alle provocazioni bisognerebbe rispondere sempre come Buddha con l’uomo che gli sputò in volto.

“Sei impotente, contro un Napoli ingiocabile”. Questa la resa finale di Zanetti, che a differenza di suoi illustri e celebrati colleghi, non si infila in patetici vicoli per giustificare il ko. In conferenza stampa passa più tempo a celebrare la forza degli azzurri, perchè uno sportivo dinanzi ad una meraviglia deve cogliere la storicità del momento, fissare estasiato il passaggio di una cometa che ritornerà a farci visita chissà tra quanti anni. Questa squadra è l’occasione di rinascita della Serie A, il Faro nella notte più buia: “Il giorno del Signore arriva come un ladro nella notte”.

Sette a Lobotka che lubrifica ingranaggi, come un piccolo Hugo Cabret che scopre la meraviglia della pellicola. “Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo”: e quel motivo è dare ordine, gestire potenziali affanni, curare sul nascere piccole ferite. Lo guardi e ti viene da esclamare: “Se ti sei mai chiesto dove vengono creati i tuoi sogni, guardati attorno, vengono creati qui!”. Dai margini della storia a scrittore della storia stessa, che incredibile cammino.

Otto in fila nel nuovo campionato iniziato a gennaio dopo il ko di Milano. Dal gol di Dzeko, Francoforte compresa, in trasferta il Napoli non ha più preso gol. In realtà è andato oltre: non ha preso mai in considerazione l’idea di non vincere, ha dato sin dall’inizio di ogni gara la sensazione di aver già vinto prima di giocare. Come se la gara venisse giocata prima nella testa, una proiezione di grandezza che non può essere offuscata dall’avversario, qualunque esso sia. Aveva ragione Churchill: “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare".

Nove allo ‘sfumeggiante’ Osimhen.“È come se i tuoi desideri più nascosti prendessero vita” dice Jim Carrey in The Mask e così con Victor, che mastica anche la difesa dell’Empoli lasciandone solo irriconoscibili brandelli. Si allunga, si infila, si insinua, si flette senza mai perdere forza ed entusiasmo. Lanci il pallone in avanti e sai che lui lo inseguirà, in qualsiasi punto, in ogni direzione. Non c’è niente che possa distrarlo dal suo scopo, non c’è pensiero differente dal gol che pervade il suo cervello. Gli unicorni esistono e giocano con la numero 9 del Napoli: dalla leggenda alla realtà.

Dieci a Spalletti, alle sue facce di ca**o in mezzo al campo, agli occhiali del fabbro per guardare solo avanti. È un Napoli che non vuole concedersi alibi, è disinteressato al passato, perchè sa che la storia è un foglio che non puoi lasciare ai posteri se hai la mano tremante. Luciano predica calma, ma come puoi pensare di non vincere lo scudetto se Kvaratskhelia, nella sua gara più tranquilla, mette comunque lo zampino nei due gol? Il Napoli non gioca, il Napoli sfila nella sua passerella e meriterebbe un enorme tappeto rosso. Il Diavolo veste azzurro.

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