Da 0 a 10: lo sfogo di Insigne, il nuovo terrore di Ghoulam, Rrahmani ‘inchioda’ Gattuso e il partito ‘Osimhen pippa’

Il Napoli batte il Bologna con la doppietta di Insigne, torna al gol Osimhen e Gattuso può respirare prima del ciclo terribile.
08.03.2021 16:13 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: lo sfogo di Insigne, il nuovo terrore di Ghoulam, Rrahmani ‘inchioda’ Gattuso e il partito ‘Osimhen pippa’
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero allo sguardo che si abbassa, al passato che torna col vestito da esattore a bussare alla tua porta. L’eterno ritorno di Ghoulam si materializza come un incubo, con le mani che vanno ad accarezzare il ginocchio come ad esorcizzare la paura di avere a che fare con una nuova salita da scalare. La fede smuove le montagne e Faouzi, con la forza di volontà, sembrava aver trovato il punto di svolta. Il demone della paura ha di nuovo impostato il gps dalle sue parti: teniamo le dita incrociate. 

Uno il gol da polli beccato. Sentirsi Humphrey Bogart nel corpo di Fabrizio Bracconeri può giocare brutti scherzi, innesta nel cervello convinzioni che sono preludio di sventura. In questa forzata metempsicosi, il Napoli rifiuta di guardare in faccia la realtà, la rinnega. Vuole a volte essere quello che non è, almeno non oggi. L’uscita dal basso impone un metodo che questa squadra non ha, richiede qualità tecniche che in questo momento vacillano. Va bene l’autostima, ma a un certo punto bisogna fare semplicemente una cosa: spazzare!

Due assist dell’uomo chiave, il termometro degli umori azzurri. Piotr è la tazza da cui attingere qualità, un libro di ricette che suggerisce divagazioni culinarie dal sapore assicurato. Anche a mezzo servizio, Zielinski vede calcio con tempi differenti, applica allo spazio convenzioni geometrie inesplorato come un Renzo che Piano non sa mica andare. Quel 20 lì, ha svoltato. È diventato grande, ha messo da parte gli sbalzi d’umore. Ha capito di poter incidere sulla gara quando vuole, perché è come il coltellino di MacGyver: può aprire l’universo. 

Tre trasferte in sette giorni: Milan, Juve, Roma da buttar giù come una caramella che non ha mai assaggiato, che non sai che sapore ha. Che potrebbe estasiarti o intossicare il palato di un sapore che mica riesci a mandarlo in giù. Un pasto al buio, a cui approcciarsi preparando lo stomaco ad ogni sapore. Ci vuole coraggio e determinazione per addentare il futuro senza conoscerne i confini. Servirò coscienza e incoscienza, con un margini d’errore ridotto come in una passeggiata del funambolo Philippe Petit. Davanti c’è il Paradiso, sotto il baratro, alle spalle quella paura che stai cercando di mettere da parte.

Quattro a Chiffi e al Var Di Paolo. Una spinta a due mani, una gara che poteva finire praticamente dopo dieci minuti. E via sofferenze, patemi, angosce che pesano sui muscoli e nel cervello. Politano è diventato un’invisibile, uno a cui pare vietato concedere rigori. Persecuzione ad personam o incapacità? Le statistiche del campionato continuano a sfidare ogni regola matematica: Milan a quota 16 alla classifica rigori concessi, Napoli a quota 5. Quelli non dati agli azzurri, iniziano ad essere davvero tanti.

Cinque in fila al Maradona, con quattordici gol fatti ed uno (quello di Soriano) subito. Echi sottili di normalità, di uno stadio che anche deserto può rappresentare un nuovo inizio. Edificare piccole certezze, partendo dalle cose semplici: battere le medio-piccole (con l’intermezzo dolce della vittoria sulla Juve) per rosicchiare qualche punticino in classifica e restare aggrappati. Tutto quello di cui ha bisogno questa squadra: restare aggrappata a qualcosa. Non lasciarsi vincere dal nemico primario di ogni ambizione: l’apatia.

Sei come un sesto posto che sogna di diventare qualcosina di più con una gara da recuperare. C’è da mettere qualcuno o qualcosa nel mirino, concedersi la possibilità di vedersi tra le prime quattro, quelle invitate al ballo delle più belle, con i vestiti di lusso e la musichetta che era diventata quasi routine. Resta da chiedersi quanti punti valga questa rosa, se il Milan di Pioli a quota 56 non debba legittimare amarezza e rimpianto in chi, con maggiore attenzione, poteva essere in quelle zone più nobili. E allora ve lo chiedo: per voi il Napoli ha i punti che rispecchiano il valore della sua rosa?

Sette ad Amir, che è entrato e non ne vuole più sapere di uscire. Che per caso si è trovato le chiavi di casa tra le mani ed ora viaggia spavaldo con una sua copia nei pantaloncini. Ammuffito ai bordi di periferia come Ramazzotti, Rrahmani è la prova provata del braccino di Gattuso nella gestione della rosa. È la tesi che sostiene qualche incazzatura di De Laurentiis, per titolari spremuti/svuotati/disintegrati quando alle spalle c’era roba buona, cha attendeva solo una possibilità. 

Otto al viaggio in campo aperto di Osimhen. Non è la serata dei ‘Ma’. È la serata di un grande ritorno, da festeggiare. Perchè quella corsa nello spazio di Victor ha il gusto rigenerante della gioia ritrovata. Del campo da masticare. Da azzannare, fino all’ultimo ciuffo di erba. In quei cinquanta metri che si mette alle spalle alla velocità della luce, la fuga verso la sfortuna che si accanita su questo ragazzo, così come i sostenitori del partito ‘È una pippa’ che vogliono giudicare senza avere ancora gli elementi per farlo. Stasera è solo la serata del ‘Finalmente Victor’. Tutto il resto, lo si vedrà più avanti.

Nove punti in palio e la sensazione che serviranno due vittorie per cambiare l’inerzia della stagione. Ci vorrà un Napoli da assalto nelle prossime tre trasferte, con Gattuso che avrà la tanto agognata settimana tipo per trasferire in fatti le idee mozzate, i concetti elaborati solo a metà. Ora più che mai: “Solo il risultato conta, e la prova conclusiva è data dalla stampa fotografica”. A Rino il compito di preparare la scena e cercare la luce per lo scatto memorabile. Ora davvero non ci sono più scuse.

Dieci a Insigne, che spacca in due il Bologna e indirizza la rabbia post-Sassuolo nella giusta direzione con lo sfogo più atteso: quello dei fatti. Ha fatto 13 Lorenzo in campionato, con la prepotenza tecnica, con la perseveranza di chi per quella maglia si farebbe strappare il cuore dal petto. Un petto che esplode come un chicco di pop-corn in padella quando c’è da difendere quei colori, quando c’è da attaccare chi a quei colori non porta il dovuto rispetto. Nudo e crudo, delizioso e feroce, letale ed irritabile. È semplicemente Lorenzo, uno dei più bravi del campionato, costretto ogni volta a fare i conti con i giudizi trancianti di chi non gli vuole troppo bene. E chi non vuole bene ad Insigne, in fondo, non vuole bene nemmeno al Napoli.