Guido Clemente di San Luca a TN - "La Juve e la violazione delle regole. Insigne? Nessuno tocchi Lorenzo"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni dopo la sfida alla Juve e sulle polemiche relative all'addio di Insigne.
09.01.2022 12:15 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN - "La Juve  e la violazione delle regole. Insigne? Nessuno tocchi Lorenzo"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni dopo la sfida alla Juve e sulle polemiche relative all'addio di Insigne.

A vederli giocare pensavo: mi hanno ascoltato, non si sono disuniti! Poi la voce di dentro mi suggeriva di espungere la ridicola auto-considerazione. Nemmeno sanno che esisto. Tuttavia, la mia esortazione ed il mio auspicio hanno trovato piena soddisfazione. Gli azzurri (i pochi disponibili) hanno disputato una partita magnifica. Sono stati compatti. Tenaci e intelligenti tutti insieme. Avremmo meritato di vincere. Dominio del gioco. Tiro di Mertens fra le gambe dell’avversario e poi nel sacco. Pareva mettersi bene. Mio fratello esclama: «stessimo ritrovando il kairos, come dici tu?». Gli avevo già fatto notare che ero preoccupato. Nei primi minuti l’arbitro non aveva fischiato un paio di evidenti falli di Jesus. Vedrete che questo sarà il presupposto per assumere decisioni illegittime al momento opportuno! Perché comunque il kairos è invocabile in assenza dell’altro fattore ch’è indipendente dalle capacità e dall’impegno: il rispetto delle regole. Ebbene, la mancanza di kairos (tiro di Chiesa, palla fra le gambe di Lobotka e leggermente deviata in modo da metter fuori causa Ospina) s’è sommata alla loro violazione. Fallo palese di Bernardeschi a inizio azione. E poi indiscutibile rigore negato a Di Lorenzo per fallo di De Ligt.

I commentatori di Dazn – e poi quasi tutti gli altri in una insopportabile litania – esprimono giudizio positivo sull’arbitraggio: ha lasciato giocare ‘all’inglese’. Ecco spiegato il trucco (ma sul punto torno subito a seguire). Sono convinto che mantenendo la compattezza, col capitano (su questo torno invece alla fine), sia ancora possibile lottare per lo scudetto. Fra 4-5 partite l’organico dovrebbe tornare a piena disposizione, e allora non è affatto da escludere un nuovo filotto di vittorie.

2. Abbiamo il dovere di svelare il trucco. E di spiegarlo meglio. L’ho già scritto e lo ripeterò fino alla noia. Quando s’invoca il gioco all’inglese, oppure ci si richiama all’assunto «il calcio è sport di contatto», auspicando che l’arbitro, su sua valutazione insindacabile, possa cambiare il parametro di giudizio (così consentendosi il tradimento del Regolamento), si rendono legittime decisioni arbitrali illegittime che – guarda caso – finiscono quasi sempre per favorire i più potenti (quelli in grado di determinare ‘sudditanza’). Il calcio è sì sport di contatto, ma i contatti devono essere conformi alle regole. Se sono negligenti, o imprudenti, o peggio generati da vigoria sproporzionata, non sono consentiti e vanno sanzionati. Sempre ed in qualunque zona del campo. Bisogna essere chiari e netti. Chiunque invochi, quale paradigma di riferimento, il ‘gioco maschio’ sta consegnando nelle mani dell’arbitro l’enorme potere di esimersi dal garantire il rispetto delle regole. Lemma, quest’ultimo, che si manifesta sconosciuto al ‘mondo’ Juve, e più in generale a tutti i poteri forti.

3. Ne è l’ennesima riprova quanto accaduto nell’ultima giornata di campionato. Siamo costretti ad ascoltare nei media opinioni radicalmente prive di fondamento. Quasi nessuno richiama il tema generale in cui la questione va inquadrata. Il rapporto fra ordinamento giuridico generale e ordinamento sportivo. Il quale è sì autonomo, ma non indipendente e sovrano. E soprattutto è ordinamento particolare. Ora, è pacifico e non opinabile che, in caso di contrasto, il primo prevale sul secondo. Laddove si diano leggi, regolamenti o provvedimenti amministrativi non viziati, non v’è atto di autonomia privata (quali sono i protocolli della Lega) che possa disporre e operare in loro violazione. Pretendere che le ASL soggiacciano alle determinazioni dell’ordinamento sportivo significa difettare dei più elementari rudimenti giuridico-istituzionali.

Senza contare le macroscopiche incoerenze sui contenuti di valore. Grande indignazione per il caso Djokovich (su cui si fa comunque fatica a credere che si sia ingenuamente fatto quel lungo viaggio senza aver ricevuto previe garanzie). E al tempo stesso condanna per le ASL che, nello svolgere il loro compito istituzionale – servire la sanità pubblica – osano ‘invadere’ il territorio del calcio, che notoriamente deve essere considerato legibus solutus solo perché si deve garantire un immorale stratosferico giro di danaro. Un’ipocrisia senza pudore! (Detto fra parentesi: questa volta non s’è sentito avanzare un solo sospetto sulle connivenze fra le 4 ASL e le società affette da cluster. Lo scorso anno le illazioni in questo senso, presenti persino nella sentenza d’appello del G.S., avrebbero meritato querela).

4. Veniamo infine a Insigne. Premesso che il mio giudizio sul mondo dello sport professionistico e sull’indegno mercimonio di cui è preda è quello del vecchio catto-comunista non pentito. Riprovazione assoluta. Il pollice, però, è verso nei confronti di tutto ciò cui siamo costretti ad assistere. La logica del profitto prevale sistematicamente su quella del bene comune. Dai servizi pubblici privatizzati solo per beneficiare i fornitori, alla distruzione dell’ambiente per favorire la produzione di beni superflui e voluttuari destinati ad un consumo sfrenato e inutile. Come se la povertà non affliggesse gran parte dell’umanità. Ripugnante e dolorosissimo.

Dichiaro dunque la mia intima, profonda (ma ahimè irrisolvibile) contraddizione ‘sistemica’. Ciò posto, però, non è detto che si debbano perdere di vista pure gli altri valori. E perciò, nessuno tocchi Lorenzo! Lo grido a voce altissima. Per quello che ha fatto (10 anni, 415 presenze, 114 gol, 91 assist). Per quello che è (forse il più talentuoso giocatore italiano in attività, il n. 10 della nazionale campione d’Europa). Per quello che rappresenta (il capitano con le radici che affondano pienamente nella nostra antropologia). E perché non ha tradito (come l’argentino borghese o il rivoluzionario rinnegato). Da quanto si è saputo (se ne avrà conferma dalla conferenza del suo agente), a metà dicembre chiese a Pisacane, contro il parere di questi, di chiamare il Presidente per riferirgli che il suo unico desiderio era di restare. Non voleva prendere in considerazione altre offerte. Chiedeva solo di vedersi confermato il contratto.

Sia chiaro, AdL aveva tutto il diritto di proporgliene – come ha fatto – uno al ribasso. Avrebbe avuto, però, anche il dovere di annunciare, non semplicemente la necessità di abbassare il monte ingaggi – ch’è ormai l’esigenza di tutte le società –, bensì il ridimensionamento del Napoli (ciò che la sua vanità mai gli farebbe ammettere). D’altronde, alla stessa stregua, pure Insigne aveva il diritto di non accettarlo. Senza per questo meritare l’accusa di mercenario. Ha scelto infatti di andare soltanto là dove non gli sarebbe mai potuto toccare di giocare contro il colore che ha tatuato sulla pelle. Rinunciando, per questo, anche a potersi misurare con realtà competitive. E per giunta l’ha fatto lealmente, a viso aperto, senza l’abituale ipocrisia di questo ambiente falso.

Se non è attaccamento alla maglia, bisogna spiegare cos’è. Diversamente, l’esperienza fin qui dimostra che AdL ama liberarsi con disinvolto cinismo dei simboli ingombranti. In ciò non disdegnando di ricevere l’aiuto di giornalisti vassalli e maître à penser solidali che puntualmente gli vengono in soccorso sventolando, non senza opportunismo, la bandiera dell’esigenza aziendale. Non abbocchiamo all’amo. Paventare il rischio di spaccare la città è una trappola. Non cadiamoci dentro. Che il capitano aiuti la squadra ad arrivare il più in alto possibile. Con lui, fino alla fine della sua militanza azzurra attiva. Poi, dal 1 luglio, continuerà ad esercitarla da semplice tifoso. Ne ha tutti i titoli.