De Laurentiis crocifisso in sala mensa

“Verso il diciannovesimo piano ebbe una mostruosa allucinazione punitiva: crocefisso in sala mensa!”. Ugo Fantozzi, santo patrono della mediocrità, è uno dei personaggi più iconografici degli ultimi 50 anni del nostro paese. Celebri le sue disavventure, le sue umilianti punizioni, le abiure pubbliche al primo accenno di rivolta.
Insomma, Fantozzi ogni volta che provava a non essere Fantozzi, veniva mortificato, masticato, maciullato da un mondo che sapeva essere quello che lui non sarebbe mai stato: cinico.
Ed è proprio il cinismo il protagonista di questa riflessione, protagonista dominante anche nel mondo del calcio. Un cinismo che si fa pragmatismo, azione improvvisa, ribaltone dietro l’angolo. Lo impongono gli interessi milionari, le dinamiche del campo, l’istinto imprenditoriale di chi fa girare la giostra.
Va quindi, ancora una volta, ribadita l’assoluta libertà di De Laurentiis, dopo aver visto la squadra squadra perdere in maniera orribile a Verona l’ennesima partita della stagione, di fare valutazioni. Di prendere il telefono e fare uno squillo ad un vecchio amico (Benitez), per dire: “Ma te, per caso, ci saresti?”
De Laurentiis fa il presidente, Gattuso fa l’allenatore. Agiscono su due ambiti differenti, è il primo a giudicare il secondo per quello che fa sul campo. Il secondo può formarsi una sua idea, ma non può pensare di vivere in una campana di vetro. Usciamo dunque dalla narrazione di un patron cattivo e di un Gattuso uomo virtuoso.
Il Napoli, inteso come società, non deve nessuna scusa pubblica al proprio allenatore, perché l’allenatore fino a che accetta di percepire lo stipendio è un tesserato del Napoli. È parte integrante del Napoli. Delle scelte, di quel cinismo che è attore principale del pallone 2.0. Se ne prenda atto, e nessuno immagini che De Laurentiis si faccia crocifiggere in sala mensa come Fantozzi.
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