Da 0 a 10: il gesto di Ciro rubato dalla Tv, il labiale Petagna-Spalletti, il terrore (svanito) di Lozano e la pugnalata al 98'

Zero alternative. Quando hai zero alternative, la tua unica alternativa è affidarti esclusivamente alla volontà, quella che se la chiami è sempre a disposizione. E solo di volontà che il Napoli batte il Leicester, perché le gambe, i corpi, le menti erano stanche, pesanti, offuscate. Eppure, restava ancora un muscolo a cui affidare la speranza: la volontà. Che smuove le montagne, come la fede. “Sì, lo voglio” è il lasciapassare per qualsiasi impresa. Anche per quella titanica di un matrimonio, il resto diventa una passeggiata.
Uno il rigore sbagliato dal Legia Varsavia al minuto 98. Pekhart spara centrale e regala allo Spartak il primo posto del girone, spedendo il Napoli ai play-off. Per la storia degli azzurri cambia poco o nulla: è sempre destinato ad incontrare le squadre più forti possibili, i sorteggi degli ultimi quarant’anni fanno ormai giurisprudenza. Godiamoci il momento.
Due reti subite, dopo il doppio vantaggio. Demotivante come scoprire di partecipare ad un concorso per orecchie più appuntite e scoprire che si è iscritto anche Legolas de ‘Il signore degli agnelli”. Eppure il Napoli va oltre quella frustrazione ed andare oltre è una cosa che fanno solo le persone speciali. Ricordiamocelo.
Tre in difesa, ma è un blocco unico. Finale arroccato, finale a tratti commovente. Manolas stringe i denti, non è al meglio, ma serve un contributo e Kostas non si tira indietro. La sua esultanza finale, rabbiosa, accerchiato tra i compagni ci racconta dell’incredibile lavoro svolto da Luciano Spalletti nella testa di questi ragazzi. “Non dare pesci alla gente, ma una canna da pesca e insegnagli come usarla”.
Quattro secondi in apnea, un pallone perso sciaguratamente che bacia il palo e ti senti incredibilmente più leggero. Che poi tifare Napoli è tutto qui. Nella faccia di Ciro Mertens, che tira un sospiro di sollievo dopo il palo del Leicester su nostro errore. È quel sorriso lì, di chi sa di dover soffrire per questa insana passione. Che ci fa piangere, ridere, gioire e disperare. Che poi, tifare Napoli, è come vivere una vita. Intensamente, come piace a noi.
Cinque mesi dopo, ci son cascato di nuovo letteralmente. Rivive l’incubo il povero Lozano, che dopo il terrificante scontro estivo in maglia Messico si ritrova di nuovo a naso all’insù su una barella dopo uno scontro di gioco. Attimi di paura, scongiurati dagli esami che risollevano il morale. Tempi di recupero di Lozano? Forse già per l’Empoli.
Sei e mezzo a Rrahmani, che se ami un certo calcio non puoi non amarlo. Che sacrifica il corpo per la squadra, che prende una gomitata in faccia e si rialza subito a lottare. Che ci mette tutto quello che ha, che lancia sempre il cuore un pochino più avanti a quanto fatto nel tentativo precedente. Peccato che sia l’ultima stagione di Gomorra, una parte l’avrebbe meritata pure Amir, tra nuovi leader di questo Napoli.
Sette alla serata di Petagna, cocktail emotivo da far girare la testa. Parte male, fa il Michu quando di testa potrebbe indirizzare verso la porta e invece cerca compagni. Andrea, però, ha le spalle larghe e quando le scuote tira via un pochino di polvere. È intelligente nell’assist ad Elmas, è ignoranza pura nelle sgroppate di fine gara che tengono alla larga i guai dall’area azzurra. “È tuo, è tuo” grida ossessivo Spalletti dopo il primo gol di Elmas, perché Luciano sa di dover curare certe ferite nell’autostima. Una sorte di intervento a cuore aperto, e la cura funziona. Andrea reagisce, si rialza e torna a combattere. Bravo, bravissimo.
Otto alle carezze di Adam. Fa un suono differente un pallone che si poggia docile sui piedi di Ounas, che a metà primo tempo controllo al volo uno spiovente dall’altro mentre cade il diluvio universale e pure Noè ha già dato ordine ai suoi di salpare. C’è qualcosa di speciale nel ragazzo, un Harry Potter col fulmine disegnato sulla fronte ad indicare un potenziale sconfinato. Ora il passo successivo perché “Non serve niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere”. Ounas può diventare costantemente decisivo, lasciarsi alle spalle questa occasionalità che è retaggio ancora vivo di una prolungata adolescenza.
Nove a Pietro che fa il dominatore, che si mette in postazione di comando e decide che direzione deve prendere la partita. Quando sterza l’Osservatorio Vesuviano ha un sussulto, perché Zielinski va da una parte e tutti gli altri dall’altra. Crea squilibri, architetta situazioni vantaggiose, suggerisce idee per ottimizzare spazio e tempo manco fosse un addetto alla vendita dell’Ikea. C’è tutto nella sua gara, nessun aspetto viene lasciato ai margini. C’è la cura, c’è il senso di responsabilità avvertito nell’emergenza. Piotr non si è tirato indietro, ha fatto anzi quattro passi avanti. Esserci, per uno che ogni tanto si perde nella foresta del suo talento, è l’unica vera necessità.
Dieci al bomber inatteso, con la doppietta che è un riassunto della sua capacità di assumere molte forme: Elmas è Mystica di X-Men, che vede qualcuno e ne prende le sembianze. È ancora da forgiare, va a caccia di un’identità tattica con contorni da definire, ma per l’età che ha non è mica un limite. Sta mettendo insieme i pezzi del suo calcio e più gioca e più mostra argomentazioni interessanti, che da tempo hanno conquistato Spalletti che è pazzamente innamorato del diamante. Luciano ne aveva pronosticato il gol e nel finale mantiene la promessa con quel tuffo nell’acqua verso i suoi ragazzi, un volo a planare È stata una serata di emozioni forti, di uomini forti, di destini forti.
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