La storia siete voi: Ciro Ferrara, la bandiera mancata

“Con una smorfia di gioia e commozione va a rifugiarsi nell’abbraccio dei compagni”, queste sono le parole di Bruno Pizzul al momento del 2-1 segnato da Ferrara nella finale di Coppa Uefa pareggiata 3-3 con lo Stoccarda e vinta dagli azzurri.
Ciro Ferrara era un 22enne napoletano, tifoso del Napoli e cresciuto nella società di Ferlaino che aveva appena segnato un goal in una finale del torneo più importante d’Europa su assist, di testa, di Diego Armando Maradona, suo grande amico come ama ricordare spesso D10S: “Una volta gli ho detto che era il miglior difensore del mondo. Non so se era vero, ma io la sentivo così. Gli voglio talmente bene... Il miglior amico che mi abbia lasciato il Napoli”. Questo era Ferrara: lealtà e talento sconfinati.
Partiamo però dall’inizio, dal bambino Ferrara, perché la sua è stata fin da subito una grande storia. Comincia ovviamente prestissimo a giocare a calcio e il suo talento è evidente ma a 14 anni si ferma tutto a causa di una malattia che lo costringe alla sedia a rotelle, la sindrome di Osgood-Schlatter, una malattia alle ossa che colpisce i ragazzi in età preadolescenziale.
Fortunatamente ne esce alla grande e viene ingaggiato dal Napoli, il suo sogno.
L’avventura nelle giovanili è fulminante e a 17 anni, poco più di due anni dopo l’essere uscito dalla malattia, esordisce in Serie A contro quello che sarà il suo futuro: la Juventus!
Il primo anno gioca due partite, il secondo 14, il terzo, l’anno del primo scudetto, 28. È diventato in tre anni il terzino più forte d’Europa e gioca nella sua squadra del cuore, vive il sogno di ogni piccolo napoletano innamorato di quei 450 grammi di cuoio.
Resta in azzurro per 9 anni, 9 anni d’oro in cui diviene anche il capitano degli azzurri dopo aver rifiutato la fascia che gli aveva concesso Diego per rispetto del più grande calciatore di ogni epoca. Vive il suo massimo proprio in quel 17 Maggio 1989, quel goal in finale, quella faccia sconvolta dalla gioia per aver gonfiato la rete avversaria.
L’addio, dopo 322 partite e 15 goal, è traumatico: il capitano del Napoli, un capitano napoletano e canterano, va ad accasarsi dai nemici storici, la Juventus.
È un Napoli in disarmo, Ferlaino è braccato dai debiti e vende per 10 miliardi il suo pupillo. Più di 300 incontri anche in maglia bianconera e decine di trofei per una delle carriere più gloriose di tutti i tempi.
Il legame con Napoli sarà sempre forte, la partita d’addio la gioca in maglia azzurra ed invita gli amici degli anni napoletani, nel 2002 partecipa, con Montella e Cannavaro, a “Volesse il cielo” di Vincenzo Salemme, e nel 2005 fonda insieme a Fabio la fondazione Cannavaro-Ferrara per aiutare i bimbi disagiati di questa città dai mille problemi.
Nonostante tutto quello che si dice, nonostante il tradimento, Ciro Ferrara resta una delle eccellenze campane che più hanno impressionato il mondo negli ultimi 20 anni. Chi ama non dimentica, grazie Ciruzzo.
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