Da 0 a 10: l’addio di Rino in rete, ADL ricompra un vecchio Bomber, la tripletta di Insigne e la grande colpa di Giuntoli

Il Napoli perde clamorosamente con lo Spezia al Diego Armando Maradona: Gattuso nel mirino, errori pesanti di Insigne, Fabiàn e Maksimovic
07.01.2021 14:31 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: l’addio di Rino in rete, ADL ricompra un vecchio Bomber, la tripletta di Insigne e la grande colpa di Giuntoli
TuttoNapoli.net
© foto di Insidefoto/Image Sport

Zero all’anima, che il Napoli troppe volte mette sotto i piedi. È un gruppo in cerca della sua scintilla come lo spettro stilizzato del cartone ‘Soul’. Che guarda la vita scorrere e resta ai margini, una metempsicosi a metà strada, con corpi abbandonati all’inesorabile destino. La più grande colpa di questa squadra è l’inspiegabile mutazione emotiva di alcuni dei suoi uomini chiave. Uno su tutti: Zielinski è lo stesso Zielinski di Cagliari? Inconcepibile. 

Uno a zero. Poteva finire 18 a 0 nel primo tempo, ma nella ricostruzione storica la cronologia degli eventi deve badarsi sui fatti e non (solo) sulle ipotesi. Per assurdo, la fragilità del Napoli emerge dopo il gol fatto, non prima. La pochezza emotiva si cosparge come cenere di un copione andato in fumo, quando si dissolve la voglia di lottare, di sacrificarsi, di essere squadra.  Quello è il problema. Che Gattuso non può non vedere. L'aspetto preoccupante, il sintomo di un tecnico che forse non è entrato nella testa di questa squadra. E in rete spopola l’hashtag #Gattusoout

Due gare in casa con Torino e Spezia ed un solo punto. Un disastro. Nient’altro che un disastro. Perchè dominare lo Spezia non è un'impresa. Fare 70 tiri con lo Spezia decimato neanche. L'impresa è non vincere, figuriamoci perdere. L’impresa è arrivare davanti alla porta e omaggiare gli spiriti di Monsignor Della Casa, il suo ‘Galateo’ e quello di Michu: in area dello Spezia gli attaccanti del Napoli fanno appello al galateo, quando servirebbe essere rozzi come Er Monnezza. 

Tre metri sopra il cielo. Fabiàn vive un’adolescenza prolungata, una melliflua e trafugata giovinezza che evade dalle responsabilità. L’ingenuità che porta al penalty che distrugge i piani del Napoli non può essere perdonata, perché affonda le radici nell’indolenza. Nella superficialità di chi si approccia al pallone come se non fosse la cosa più importante delle cose meno importanti. Cammina sulle uova lo spagnolo e alla fine ci fa pure la frittata. 

Quattro punte in rosa: Osimhen, Mertens, Petagna, Llorente (senza contare l’esiliato Milik). Al netto delle assenze, Gattuso cosa fa? Crea un problema che non ha. Sviluppa un alibi, prima di commettere il reato. Petagna sarà pure un atipico, ma qual è l’utilità di togliere a Lozano le proprie certezze? Infilargli un vestito che non gli dona. Con uno Spezia asserragliato come la Compagnia dell’Anello nella battaglia dei Campi del Pelennor, metti l’Ariete. Andrea è in salute, non sarà un problema giocare tre gare di fila. Per le emergenze hai pure Llorente. La verità è che Rino compie un peccato comune a tutti noi: pensare che le proprie idee siano più brillanti della semplicità delle cose. 

Cinque sconfitte in campionato su quindici gare. Tante. Troppe, per non pensare che ci sia un problema di fondo. Una questione abbandonata, lasciata alle intemperie di una squadra che sembra errare, nel duplice significato del verbo. Errori e ricerca di un’identità che viene smarrita, un Castor Troy in Face Off che si guarda allo specchio e non si riconosce, nella nuova faccia ed in quella vecchia. Un tormento esistenziale che andrebbe analizzato con maggiore fermezza, perché ‘annusare il pericolo’, il ‘veleno’, andare a ‘pizzicare’ sono diventanti concetti che lasciano il tempo che trovano. 

Sei presenze in campionato e tanti, troppi pensieri nella testa. La questione Maksimovic esplode rovente, perché questa storia di portare i giocatori in scadenza è una mina vagante sulle fondamenta di casa Napoli. E qui Giuntoli deve assumersi delle responsabilità, dovrebbe spiegare come ha fatto il Napoli a perdere Milik a zero, rischiando di fare lo stesso con Maksimovic e Hysaj. Il pensiero libero è il primo elemento di un calciatore che rende al massimo del suo potenziale. Le questioni penzolanti partoriscono soltanto guai. 

Sette a zero. C’è un’altra partita, trascinata nell’universo parallelo del possibile. Il Dio di quell’Universo è il Napoli stesso, che plasma orrori fatti a immagine e somiglianza delle proprie debolezze. Ci vorrebbe un portale dimensionale, o più semplicemente la capacità di trasformare le idee in fatti, le occasioni in gol. E non è detto che per certe operazioni basti la buona volontà: il talento, non è in vendita.

Otto metri dalla porta, un minuto scarso sul cronometro, un pallone da spingere in rete comodamente. Insigne sbaglia una volta, due e fa ancora peggio nel dopo gara. C’è sincero rammarico nel viso triste del capitano, che si infila però nell’equivoco dialettico del fatalismo. Che può essere spiegazione valida in molti casi, ma non in tutti. Il Napoli con lo Spezia non è stato sfortunato, ma sciocco. Impreciso, ostinatamente cocciuto nel reiterare errori troppe volte commessi. Se con la porta spalancata calci fuori, o non calci proprio, non sei sfigato. Hai costruito con le mani un destino sbagliato. È un gradino mentale che impone uno sforzo che va oltre il fatalismo.

Nove al centravanti, che diventano due nell’assalto finale. Gattuso smentisce se stesso dopo 50’ e Petagna evidenzia l’errore con la rete del vantaggio. Nella mischia anche Llorente, a confutare dunque una teoria iniziale basata su presupposti errati e letture ancor peggiori. Perchè non richiamare in panchina un Fabiàn in confusione? Perchè tenere Maksimovic in rottura prolungata, dichiarando di ‘non potevo toglierlo perché mi andava in down’. Ma che scelte sono? Che gestione è? Una guida deve assumersi anche le responsabilità delle proprie scelte e gestirne le eventuali conseguenze. 

Dieci alla possibilità di rigiocare già domenica. Ma questo progetto, con grande potenziale, merita una visione più a lungo raggio. Meno legata all’emotività. Ci pensi anche la società, faccia uno sforzo a gennaio per inserire un terzino di livello superiore a quelli in rosa. È il momento di dare compiutezza ad una rosa di grande valore, con delle lacune da troppo tempo non colmate. Serve un segnale, una volontà precisa, da parte di De Laurentiis. Vuole Gattuso? Gli faccia rinnovare il contratto. Oggi. Questa velata incertezza non aiuta, anzi complica un Napoli che già di suo tende a fare confusione.