Da Gonzalo a Lorenzo: quanto vale, oggi, un pugno sul petto

Da Gonzalo a Lorenzo: quanto vale, oggi, un pugno sul pettoTuttoNapoli.net
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domenica 20 agosto 2017, 19:43Copertina
di Mirko Calemme

Quanto vale un pugno sul petto? Quello precordiale, si sa, può salvare una vita e il suo valore nessuno si sognerebbe di metterlo in dubbio. Ma su un campo di calcio quel gesto che può sembrare semplice, che spesso vien fuori istintivo, ha un peso, un significato profondo che solo chi è nato ereditando una fede calcistica può comprendere.

Nel calcio dei 200 e passa milioni di Neymar, degli hacker, dei tweet e dei certificati medici, c’è chi ancora ci crede. E, per inciso, non sono pochi: se la fabbrica del pallone continua a fatturare miliardi, non è (solo) per i nuovi mercati che la invadono e la arricchiscono. È, soprattutto, per chi aspetta la domenica da quando ha l’uso di ragione per vedere su quel tappeto verde i colori della propria squadra, della propria città.

Ritrovare il legame viscerale tra tifosi e maglia in un calciatore è ormai cosa rara, quasi utopia. Il Napoli, però, ha la fortuna di vantare tra i suoi titolarissimi due tra gli ultimi esemplari di questa razza in via d’estinzione: Marek Hamsik e Lorenzo Insigne. Lo slovacco ha voluto Partenope ormai dieci anni fa ed ha scelto di non lasciarla più, nonostante le sirene milanesi, torinesi e, perché no, raiolesi non siano mai mancate.

Lorenzino, invece, a Napoli c’è nato. È figlio della stessa terra che ha partorito quella maglia, caso ancor più raro. Sognava di indossarla, ci è riuscito, e ora rischia di diventare una leggenda del club, il Totti azzurro. È per questo che ieri, quando migliaia di veronesi continuavano a beccarlo per il solo fatto di essere partenopeo, quel suo gesto, quel battersi il pugno sullo stemma, sul cuore, ha avuto un valore immenso. È il gesto che ogni napoletano avrebbe voluto compiere. E lega, una volta in più, lo scugnizzo alla sua gente.

Poche ore prima, in quello che dovremo abituarci a chiamare Allianz Stadium, abbiamo assistito ad una scena simile solo in apparenza. Gonzalo Higuain, subito dopo aver segnato il terzo gol al Cagliari, ha esultato con lo stesso gesto. Battendosi la mano sul petto, dove campeggiava il nuovo, modernissimo, logo della Juventus. Un’esultanza che gli abbiamo visto realizzare tante volte, a Napoli. Anche a fine gara, quando cantava sotto la Curva, un po’ stonato ma orgoglioso, di difendere la città. Poi sappiamo bene com’è finita.

Quel pugno, consentitecelo, appartiene al calcio di oggi: ai Neymar, alle clausole rescissorie, alle visite mediche di nascosto. Solo un simulacro rispetto a quello che, invece, possono mostrare, con coerenza, un Hamsik, un Insigne o un Buffon. Bandiere che resistono, con orgoglio, rappresentando un calcio a cui siamo tanto affezionati ma che ci sta lasciando. Bandiere che vanno tenute strette.

© foto di Daniele Buffa/Image Sport