Da Zero a Dieci: i disastri di Mario, l’assurdo linciaggio di Milik, i cog***ni a testa alta e la pugnalata dello spuntato Josè

12.12.2018 12:46 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: i disastri di Mario, l’assurdo linciaggio di Milik,  i cog***ni a testa alta e la pugnalata dello spuntato Josè
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(di Arturo Minervini) - Zero ai processi sommari, che nemmeno a Norimberga. Zero a chi non coglierà l’occasione di portarsi a casa degli insegnamenti da questa sconfitta, chi lascerà sfumare in vano questo dolore senza trasformarlo in una lezione da tenere ben a mente nel futuro. Zero alla voglia matta di puntare un dito, aizzare le folle verso il presunto colpevole, pulirsi la coscienza lanciando qualche sasso in piazza. Zero a chi non userà il pensiero critico e lo applicherà nella maniera più equa possibile. La distanza che esiste tra un miracolo ed un rimpianto può essere colmata solo con la razionalità. “Ho sbagliato più di 9000 tiri nella mia carriera. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte, mi hanno dato la fiducia per fare il tiro vincente dell’ultimo secondo e ho sbagliato. Ho fallito più e più e più volte nella mia vita. È per questo che ho avuto successo”. CHIARO?

Uno il gol subito dalla Stella Rossa, che aprirà una discussione infinita. Nei fatti è quello che elimina il Napoli, ma i fatti vanno analizzati altrimenti diventiamo spettatori passivi del mondo. Dopo la rete la strategia del Liverpool è cambiata, forte di un risultato che lo qualificava. In caso diverso, avremmo visto un match differente, un mondo con infinite possibilità ed infiniti sviluppi come in ‘Interstellar’. Inutile dunque dannarsi l’anima. Giusto, però, ricordare che per andare oltre il tuo livello devi curare ogni piccolo dettaglio, anche il più apparentemente insignificante. Il futuro cambia con la volontà ferrea di cambiarlo, in ogni sua evoluzione che è possibile indirizzare con il proprio operato. 

Due palloni che pesano come macigni sulle ali di Josè. Nella sfida con la Juve lo spagnolo aveva divorato il pallone del possibile 2-2, ad Anfield non ha la lucidità di insaccare il pallone di platino servitogli da Insigne. Resta così uno Zero alla voce ‘Gol segnati’ in stagione che macchia lo spartito dell’autore, incrina vecchie certezze e ne invoca delle nuove. Un lottatore come Josè inizia ad avvertire sulla pelle i segni delle troppe battaglie, questa non è una colpa ma un merito. Il Napoli, però, deve iniziare a pensare ad alternative valide e possibili, per non farsi trovare impreparato. E questa non è un’accusa, ma una forma di tutela anche per Callejon. Mentre quel pallone usciva a lato, sembrava di ascoltare le profetiche parole di Pietro Savastano: "A fin' rò juorn sta tutta cà”

Tre sconfitte in sei gare per un Liverpool premiato oltre i propri meriti. Ai saccenti del giorno dopo bisognerebbe ricordare la gara di andata, quando al San Paolo il Napoli concesse ZERO TIRI IN PORTA ai Reds. Quella gara avrebbe meritato punteggio ben più largo dell’1-0, ennesimo accanimento di un destino che già allora, probabilmente, aveva già mosso le sue pedine penalizzando ancora una volta gli azzurri. Esiste un ufficio reclami contro la sfiga? Nel caso, mettiamoci subito in fila…

Quattro dei cinque gol totali subiti in Champions nascono da disattenzioni di Mario Rui (autorete a Parigi, marcatura larga su Di Maria, cattivo posizionamento su Ben contro la Stella Rossa, svenimento contro Salah). Un vero incubo questa campagna europea per il Portoghese, che al confronto Napoleone a Waterloo aveva fatto un pic-nic. Salah ne abusa a piacimento, senza mai trovare una reazione nel sistema nervoso del portoghese, pietrificato come avesse guardato negli occhi Medusa. "Nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet” non è solo un principio giuridico, perché nessuno può dare più di quello che ha e per certe gare l’assenza di Ghoulam è pesata come un macigno sul cuore. 

Cinque anni dopo, stessa storia, stesso posto, altro bar. Non sono ‘Gli anni’ di Max Pezzali, ma la beffa più assurda che il demonio potesse compiere: 11 dicembre 2013, il Napoli batte l’Arsenal 2-0 ma viene incredibilmente eliminato pur avendo raccolto 12 punti nel girone. Ad Anfield ancora una sconfitta cinica come poche cose nella vita, che brucia come soda caustica su una ferita lunga un lustro. Sarà forse vero che le Stelle non stanno a guardare, ma qui siamo di fronte ad una combinazione astrale che avrebbe lasciato stupefatto anche Stephen Hawking.

Sei non è solo un numero, ma uno dei verbi più belli. Essere è la parte migliore di noi, la nostra capacità di relazionarci col mondo esterno. Il Napoli È sicuramente una squadra con grande potenziale, ma questo ego va ancora nutrito ed arricchito di personalità ed esperienza. Il pessimo primo tempo di Hamsik ed Insigne, la latitanza di Mertens sono fatti di cronaca che non possono essere ignorati. Sei quello che decidi di essere, anche in queste gare dove la storia la si scrive con un inchiostro più spesso, che lascia sulle pagine racconti indelebili. Quello che SEI lo decidono certe notti, dove la macchina dovrebbe essere calda ma dove andare lo decidi tu, senza invece mettersi nelle mani da prestidigitatore di un ingannevole fato. Sei quello che Sei, ma sei anche quello che vivi. Che questa notte resti nella mente, per essere migliori quando ne capiteranno altre.

Sette in condotta a Virgil van Dijk che avrebbe dovuto finire la sua gara dopo 13’ per l’intervento killer su Mertens. Chi dice che abbia toccato il pallone come parziale scusante, non dovrebbe mai più parlare/scrivere/discutere di calcio per il resto della vita. Gamba a martello che rischia di spaccare in due la gamba del belga, che si salva per puro caso. Ad Ancelotti il merito di non essersi soffermato troppo su un episodio che resta scandaloso e che conferma, ancora una volta, che in Europa funziona la legge del Gattopardo: “Cambiare tutto perché tutto resti come prima”. 

Otto allo stop, quattro alla conclusione. La media assolve Arek Milik, anche perché da quel controllo volante impossibile deriva un equilibrio precario che va ad incidere sull’efficacia della conclusione. Resterà il fotogramma più ripetuto nella mentre, frammenti alla Eyes Wide Shut di Kubrick, colori che non si mettono in fila come nel rubo di Rubik. Certo, accarezzare il sogno qualificazione all’ultimo respiro, sentire l’urlo ‘Gol’ in gestazione dentro al petto, essere pronto ad urlare come Fantozzi colpito dalla martellata di Filini in campeggio e poi dover strozzare il tutto dinanzi alla paratona di Alisson fa male, malissimo. Una scena così sadica che sembra di assistere alla scena iniziale di Kill Bill: “Mi trovi sadico? Sai, mi piace pensare che tu sia abbastanza lucida persino ora da sapere che non c'è nulla di sadico nelle mie azioni. Forse nei confronti di tutti quegli altri, quei buffoni, ma non con te. No, bimba, in questo momento sono proprio io, all'apice del mio masochismo”.

Nove punti nel girone di ferro, nove punti come tappe di un giro ciclistico che ti ha visto indossare la maglia rosa fino all’ultimo chilometro. Cosa prevale? Orgoglio? Rabbia? Lacrime? Rimpianto? Sentimenti che si confondono come colori mischiati dentro a un secchio, episodi scolpiti nella mente che non sei riuscito a scacciare via per tutta la notte che è diventata giorno senza mai riuscire ad abbandonarsi a Morfeo. Restano lampi di grandezza, attestati di stima seminati contro avversari che pensavi dovessero asfaltarti. Allora se spesso diciamo che quello che conta in un viaggio non è quello che trovi alla fine, ma quello che impari durante, non si può che essere fieri di questo Napoli e tornare a dormire sereni e soddisfatti per quanto fatto, per quanto si farà. D’altronde questo amore è nato così, ed è proprio come il sonno: "Mi sono innamorato di te come quando ci si addormenta: piano piano poi.. Profondamente”. 

Dieci a questo gruppo, tutt’altro che ‘Coglioni a testa alta’ come qualche provocatore vorrà raccontare giocando con le dichiarazioni di Ancelotti. Dieci alla crescita evidente, alla voglia subito rinata di confrontarsi con un nuovo palcoscenico europeo. Una coppa che manca nella sterminata bacheca di Carlo, una nuova avventura che vedrà il Napoli piazzarsi in prima fila tra le candidate alla vittoria. Raccontiamo di un calcio in cui vincere non è l’unica cosa che conta, analizzando questo girone di Champions il bilancio non può che essere positivo, così come le sensazioni per un’Europa League che vorrà essere vissuta al massimo da un tecnico che, lo abbiamo capito, proverà in tutti i modi ad alzare un trofeo in stagione. A dividere il maledetto 11 dicembre dal 29 maggio 2019 ci sono 169 giorni: Anfield potrebbe diventare una tappa per andare a giocarsi allo stadio Olimpico di Baku, in Azerbaigian, una finale che manca da troppo tempo. Ogni grande viaggio inizia da un primo passo, apparentemente insignificante. Questo viaggio potrebbe iniziare da una caduta….