Da Zero a Dieci: la Furia di Sarri negli spogliatoi, il Tridente di pippe per i sapientoni, l’importanza del Var spiegata a Buffon e la scena più comica dell'anno

27.09.2017 10:16 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la Furia di Sarri negli spogliatoi, il Tridente di pippe per i sapientoni, l’importanza del Var spiegata a Buffon e la scena più comica dell'anno
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(di Arturo Minervini) - Zero scontato, banale, inevitabile. Perché pensare di regalare un gol a partita ormai finita è roba da polli, da squadretta che deve ancora mangiarne di polvere per diventare quello che dice di voler diventare. E non frega nulla della differenza reti, delle bollette strappate, della porta inviolata. È una distrazione che svela una leggerezza del cervello, un’imperfezione del sistema nervoso centrale di questo Napoli che va assolutamente corretta. Finire una bella cena con un sapore cattivo ti fa andare a letto un po’ incazzati. Noi come Sarri, che negli spogliatoi avrà ribaltato tutto quello che si è trovato di fronte.

Uno il rigore inesistente fischiato agli olandesi. Per la prima volta nella nostra vita siamo stati colpiti dalla sindrome da mancanza del Var, che avrebbe messo fine in pochi secondi all’ingiustizia. Quelle ingiustizie che hanno regnato per anni anche in Italia, giustizie in bianco e nero.  E pensare che qualcuno dalle parti di Torino diceva che avrebbe creato solo confusione. Chissà perché erano così contrari vero?

Due le reti del City allo Shakhtar. Una bella spinta per il Napoli, una sfida che si fa molto interessante. Il cammino è lungo, il girone è di livello, più di quanto qualche analista alias scappato di casa possa pensare. A qualcuno sarà sfuggito, ma il Feyenoord è la squadra che ha vinto il titolo olandese, arrivando davanti all’Ajax finalista di Europa League lo scorso anno. La sfortuna di questo Napoli è che in alcuni casi è talmente superiore che fa sembrare l’avversario meno forte del reale valore. Può piacerti la pizza in tutto il mondo se non hai mai mangiato quella di Napoli. Farlo cambia ogni metro di giudizio . Con questo Napoli funziona allo stesso modo.

Tre le reti tutte a firma del tridente offensivo. Il tre come numero perfetto che in questo caso diventa meravigliosamente imperfetto. Un tridente sbagliato, fuori dagli schemi, mal digerito da chi dice di capirne di calcio. Un centravanti che paga il biglietto ridotto nei parchi divertimento, un esterno a sinistra che copre come un terzino e segna gol come il nuovo messia del calcio Dybala, un pazzo a destra che copre come Tassotti ma che segna con puntualità disarmante. Spesso dagli errori nascono le storie memorabili: da Colombo che ha scoperto l’America volendo andare in India al Negroni Sbagliato. È un attimo.

Quattro gare in nove giorni, tutte vinte. La reazione alla prima sconfitta stagionale in terra ucraina è stata brutale, con sedici reti e lampi di onnipotenza. Spaventa, però, quel numero di partite racchiuse in così poco tempo. L’allarme di Sarri è da condividere, impossibile pensare di tenere questi ritmi. Illogico tenere ancora questo tipo di calendario che va a logorare lo spettacolo e gli interpreti. “Non è vero che ci si abitua, si è sempre più stanchi, semplicemente”.

Cinque oscar li merita il regista Zielinski, autore di una delle scene già memorabili di questa stagione. Lorenzo corre convinto verso la panchina, tutto il mondo sa cosa sta per accadere. La dedica a Milik è in arrivo, Insigne si piazza a favore di camera come se a dirigerlo fosse Dawson dell’omonimo telefilm. Il fotogramma successivo è già storia: l’espressione del Magnifico che legge il nome sbagliato, il sorriso beffardo di Piotr, le risate dei compagni. Cortometraggio emblematico di un gruppo di persone che sa davvero cosa vuol dire essere una squadra, partecipare di gioie e dolori. Condividendo e sorridendo anche sulle sfortune per renderle meno pesanti.

Sei reti in stagione senza fare troppo rumore. Perché Josè è fatto di quel veleno che ti stende lentamente, un’eutanasia puntuale che ti manda al tappeto al primo secondo di distrazione. Sembra innocuo, tocca poche volte la palla in area di rigore, il gol sembra quasi non interessargli. È una madre che ti culla silenziosa, mettendo l’amore in ogni suoi gesto. Che sia una chiusura sulla fascia o il diagonale che chiude la gara per lui non fa differenza. Callejon è il cavatappi ad una festa a base di vino, la chitarra che suona ad un falò, la monetina che peschi tra i tappetini dell’automobile quando al casello ai scelto la corsia ‘solo monete’. Essenziale senza volerlo, per natura.

Sette minuti ed il Napoli è già avanti. Ad imprimere alla serata il verso giusto i piedi ispirati di Insigne, scultore dal tocco lieve di forme impressionanti. Sente la porta come Gennaro D’Auria avvertiva vibrazioni negative al telefono, annusa la via profetica della rete attaccandola con la ferocia di un cane da caccia a caccia di gloria. Portatore di bel calcio, profetico artista Pulp che insulta Diks in napoletano facendo riferimento alle attività extraconiugali della madre del laterale del Feyenoord. “Il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi”. Lorenzo 25:17. 

Otto su otto in 741’ giocati. Ogni 92’ Ciruzzo alza le braccia al cielo insieme a tutti i tifosi del Napoli. Sta diventando un appuntamento fisso, una meravigliosa routine che sa quasi di preghiera di gruppo. Trasforma in oro tutto quel che tocca, sul regalo di Diks guarda il portiere, si aggiusta il colletto come fosse Cantona in un famoso spot Nike ed urla “A’ soreta”, altro che “Au Revoir”, prima di battere Jones. Un belga diventato napoletano e che a Napoli sembra rubare ogni giorno quella furbizia che in campo gli permette di essere sempre un passo avanti agli altri. Un prodotto evoluto, una particolare razza che andrebbe studiata da Charles Darwin. Da esterno a centravanti, da belga a scugnizzo. Sembra che giochi con un Super Santos, che vada a raccoglierlo sotto alle marmitte. Potere della semplicità.

Nove vittorie in dieci gare stagionali. Avete letto bene? Nove vittorie su dieci! Dovremmo girare nudi per strada, danzare sul lungomare, fare baccanali a giorni alterni! E invece? Si ma… No, però… Se avessimo… Ma stiamo delirando? La grandezza del calcio di Maurizio Sarri è arma a doppio taglio, ha fatto perdere la ragione a chi analizza le prestazioni di una squadra che è quasi senza macchia. Qui non si tratta di voler essere lieti di fronte ad un domani incerto, qui c’è da godere di una squadra che praticamente vince SEMPRE! Trasformare una vittoria in Champions come una pratica archiviata con noia è da folli, tipico atteggiamento di chi non ha mai vinto niente. Nel calcio e nella vita.

Dieci a Reina. C’è sempre qualcosa di eccezionalmente poetico nell’eroe che si rialza, nella rivincita dopo aver toccato il fondo. Nello scatto felino sul rigore di Toornstra sembra di avvertire il famelico rumore delle catene che si frantumano, assieme alle paure che hanno accompagnato le ultime prestazioni di Pepe. Nell’ispirato testo de ‘La fitta sassaiola dell’ingiuria’ Caparezza scriveva “Ed é per questo che schivo ogni giudizio, ho la riflessione come vizio, il mio fine é di fare di ogni fine un buon inizio”. Che questa parata sia non la fine di questo percorso, ma l’inizio di un cammino differente. Il Napoli ne ha troppo bisogno.