Da 0 a 10: il labiale shock di Conte, le stron**te sullo Scudetto, l’assente ingiustificato e il terrore dell’eiaculazione precoce

Da 0 a 10: il labiale shock di Conte, le stron**te sullo Scudetto, l’assente ingiustificato e il terrore dell’eiaculazione precoceTuttoNapoli.net
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di Arturo Minervini
Il Napoli pareggia a Parma ma l'Inter fa lo stesso con la Lazio e gli azzurri restano in vetta: ora c'è da battere il Cagliari

Zero bandiere in città, la richiesta di Conte che non vuole correre il rischio di eiaculazioni precoci. In realtà era già così, Napoli ha vissuto con grande sacralità questi giorni, fatta eccezione per qualche spericolato a caccia di fugace gloria. Altrove si parlava di inerzia ribaltata, di una pressione tutta sugli azzurri, che invece ha divorato la squadra di Simone Inzaghi nel momento del possibile sorpasso. Un Inter che ha addirittura avuto l’ardire di non mandare a parlare tesserati in segno di protesta contro l’arbitraggio. Ma protesta per cosa? Quali sarebbero gli episodi contestati? Siamo ben oltre il ridicolo. 

Uno il punto in più e non raccontiamo le stron**te che questo Napoli non meriterebbe lo scudetto. È la squadra che è stata per più giornate in testa, è partita di fatto con un turno di ritardo giocando a Verona senza gli acquisti, ha salutato Kvara a gennaio, ha perso Neres e Buongiorno praticamente per tutto il girone di ritorno. Eppure è lì, ancora lì. A difendere, quel centimetro. “Un centimetro è piccolo ed è fragile… ma è l'unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo perderlo o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino”.

Due rigori che faranno discutere, che ruberanno altro sonno a quei miseri minuti ormai concessi al nostro riposo da questo logorante campionato. C’è un tocco di mano in area parmense, al limite, ma probabilmente la chiamata è corretta. Più contorta la strada che porta a revocare, dopo averlo visionato al Var, il rigore concesso per il fallo su Neres. Era un chiaro ed evidente errore? Se lo rivedi cento volte, ancora non sai se era fallo quello di Simeone. Figuriamoci se c’era l’evidenza. L’unica cosa lampante è stata la totale, assoluta, indiscutibile inadeguatezza di un Doveri più inguardabile degli ultimi diciotto film di Nicolas Cage.

Tre legni e qualche piccolo conto aperto con la sorte. Vero, il Napoli non è continuo nella sua manovra offensiva, ma deve pure fare i conti con una sfiga pazzesca: il palo interno di Anguissa e la punizione di Scott gridano ancora vendetta. Figuriamoci se, in una serata così, poteva andar dentro il cross sbagliato di Politano, che si adagia sulla traversa. Facciamo una fatica tremenda a far gol, però dall’alto registriamo poca collaborazione. Invitiamo i superiori ad una maggiore assistenza: cercasi benedizione da prelato LGBT. 

Quattro a Lukaku, assente totalmente ingiustificato al Tardini. Romelu è un girasole senza sole, piegato al suo triste destino, senza lanciare mai segnali di vita: si fa sovrastare dal giovane Leoni, che banchetta sulla sua testa senza generare una reazione d’orgoglio. Il Napoli di Conte ha poche idee, se viene meno il presupposto della sponda su Lukaku tutto il sistema finisce per collassare come un castello di carta sotto in mezzo ad una tormenta. Big Rom, l’ultima col Cagliari sarà match senza appello: servirà uno spirito totalmente differente.

Cinque a Gilmour, che fa sentire e pure assai la mancanza di Lobotka. Come tutte le cose veramente preziose, il valore di Stan lo si apprezza a pieno quando non c’è. Billy è confuso, sbaglia troppe scelte e troppi palloni, si fa spesso trovare fuori posizione e conferma di trovarsi più a suo agio accanto a Lobotka, di quando è chiamato ad assumerne i compiti. Il grande capolavoro di Lobotka, d’altronde, è quello di dominare le partite, senza che i più se ne accorgano. Come disse Fabregas: ‘Vorrei undici Lobotka’. E Cesc mica è fesso. 

Sei e mezzo ad Anguissa, che prova a tirare il Napoli fuori dalle sabbie mobili con una giocata pazzesca. Movimento alla Igor Cassina alla sbarra, sombrero all’avversario e tiro al volo che si infrange dritto sul palo, senza che questi sia indotto da un senso estetico a scortare il pallone sul fondo della rete. Purtroppo i legni sono così: non hanno un cuore. Dovrebbero andare tutti a scuola dal Mago di Oz, chiedere anche loro di provare sentimenti. Una giocata come quella avrebbe meritato un lieto fine. 

Sette di recupero ed esplode la bagarre tra le due panchine. ‘Pezzo di mer*a, ti vengo a prendere’ grida Conte furioso al vice di Chivu per una frase di troppo pronunciata dalla panchina ducale. Una tensione palpabile, in cui si è palesata, come detto, tutta l’inadeguatezza di Doveri. Antonio, espulso, non ci sarà nell’ultima decisiva sfida al Maradona contro il Cagliari. Un peccato per lui, che dovrà così guidare i suoi dall’alto della tribuna. 

Otto al colpo di coda di Conte, un guizzo narrativo che chiama il popolo a raccolta. Dopo aver raccontato, e mostrato, la sua enorme fatica, il tecnico ha chiuso la conferenza stampa con un ‘Andiamo a vincere questo scudetto ca**o!’. Che in fondo era tutto quello che la gente voleva sentire, perché la gente lo sa, come racconta Erri De Luca,  quando c’è da fare una rivoluzione il popolo riesce a coordinare perfettamente i movimenti, istintivamente tutti sanno dove andare e cosa fare. Antonio chiama, Napoli risponde. Perché Napoli c’è sempre stata per questa squadra. E questa squadra c’è sempre stata per Napoli. 

Nove mesi in apnea e l’ultimo chilometro, quello mancante, in questa lunga maratona. E tiene ragione Conte: i ragazzi sono stanchi. L’ultimo chilometro della Maratona, però, è come una catarsi, cancella la fatica, ti fa dimenticare ciò che hai dovuto fare per arrivare fino a lì. L’ultimo chilometro è un atto sessuale con il traguardo, le gambe si fanno leggere, la testa è tutta orientata verso il momento in cui potrai raccogliere i frutti di tanta fatica. Auguro alla squadra di viverlo così, questo ultimo chilometro, con la gioia di chi ha dato tutto ciò che aveva ed è pronto a trovare nell’ultimo sacrifico la felicità più estrema.

Dieci alle vibrazioni da radiolina, roba sgranata degli anni novanta, vortice emotivo da pronto soccorso in un susseguirsi di stati d’animo che pare di essere all’Actor studio di New  York: gioia, ansia, dolore, speranza, felicità, depressione, devastazione, euforia prendono i n ostaggio i nostri muscoli facciali e li usano a loro piacimento, vi si alternano alla velocità della luce. Tutto perché il cuore era diviso a metà, il cervello pure, teletrasportandosi da Milano a Parma, da Parma a Milano, col fiato mozzato e la speranza di ricevere buone nuove. Il culto pagano del pallone al suo apice, lo spezzatino da gettare nel cestino dell’umido. Così è Tutta 'nata storia.

P.S: È Notte fonda mentre scrivo, una notte iniziata domenica scorsa dal gol di Vazquez, una notte che finirà nella serata di Napoli-Cagliari. Questa squadra si è presa un pezzo delle nostre vite, ma è un pezzo meraviglioso. Ci fa sentire così vivi, poi un attimo dopo privi di vita, poi di nuovo con qualche funzione vitale. L'essenza di tutto, rischiare il destino in un solo secondo. Sfiorire e poi tornare ad essere fiore. Cadere e poi sentirsi un seme pronto a spuntare.

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