Il maestro Carratelli ricorda Omar Sivori

Il maestro Carratelli ricorda Omar Sivori
venerdì 18 febbraio 2005, 13:15Notizie
di Alberto Galano
fonte Mimmo Carratelli
13.13 - "E' stato l'ultima stella di un calcio romantico fatto di dribbling e baruffe".
Improvvisa la notizia dall'Argentina. E' morto Omar Sivori. Il "cabezon". Aveva 69 anni ed era malato da tempo. E' stato l'ultima stella di un calcio romantico fatto di dribbling e baruffe. Concluse la sua carriera nel Napoli dopo otto fulgide stagioni juventine. Lauro convinse Agnelli a cederglielo ordinando alla Fiat due motori navali. La Juve lo aveva pagato al River Plate 150 milioni. Arrivò a Napoli in treno. Diecimila tifosi lo aspettarono alla stazione di Mergellina. Una giornata indimenticabile della storia azzurra nell'estate del 1965. Regalò al "San Paolo" le ultime scintille della sua classe purissima, il suo gioco fatto di astuzie e colpi geniali, il "tunnel" famoso facendo passare la palla tra le gambe dell'avversario. Superandolo con quel colpo beffardo gli faceva il verso del treno, "tu-tu-tu-tu". Pronto alla rissa, totalizzò in Italia 33 giornate di squalifica. Un campione che non voleva mai perdere. Si stabilì a Villa Gallotta con la moglie e i due figli. Aveva una Mercedes Pagoda bianca. Voleva tutta la scena per sé, geloso dei gol di Altafini. Pesaola sapeva come prenderlo e cavarne partite indimenticabili. Faccia da impunito, cascata di capelli neri, un viso da indio e le gambe fatte per la danza d'incantesimo del pallone. Le mostrava nude, arrotolando i calzettoni sulle caviglie. "Nascondeva" il pallone sotto il piede sinistro magico. Dribblava per il gusto infinito della beffa. La partita si accendeva quando il pallone arriva ad Omar, capace delle giocate più imprevedibili. Fino all'arrivo di Maradona non ce ne sarebbe stato uno come lui. Portò sempre nel cuore la Juve, da dove era stato esiliato dal paraguayano Heriberto Herrera poco incline alle delizie del "cabezon" e tutto teso al calcio di corsa, atletico e asfissiante. A Napoli giocò tre campionati nella squadra dei centomila cuori del "San Paolo". Bandoni, Ronzon, Nardin, Stenti, Panzanato, Montefusco, Canè, Juliano, Altafini, Sivori, Bean. La prima formazione di una stagione felice. Disse: "Il pubblico napoletano è capace di riscaldare anche le pietre con il fuoco del suo entusiasmo". Giocò 63 partite di campionato e segnò 12 gol. Vinse con la squadra azzurra la Coppa delle Alpi, torneo internazionale in Svizzera con squadre elvetiche e italiane, il primo trofeo europeo del Napoli. Pesaola gli soffiò la falsa notizia che la Juve, impegnata in un'altra partita, stava vincendo il torneo e Omar si scatenò nel secondo tempo contro il Servette lanciando in gol Canè, Montefusco e Bean per un trionfale 3-1. Festeggiò clamorosamente il successo in un night di Ginevra, ne nacque una baruffa e finì tra i gendarmi che lo portarono per una notte in carcere, liberato da una astuzia di Pesaola. Esiliato da Heriberto dalla Juve, covò in maglia azzurra un'ardente rivincita. Per le partite contro il paraguayano non ci dormiva la notte. Allungava i suoi dribbling sul fallo laterale, davanti alla panchina di Heriberto, per irriderlo. L'ultima Juve di HH2, non sopportando le beffe di gioco di Omar, lo bastonò per tutto il campo. All'ennesimo fallo dello juventino Favalli scoppiò la rivolta azzurra capitanata da Panzanato, il guerriero della difesa. Mischia furibonda in campo, pugni e squalifiche inevitabili: 9 giornate a Panzanato, 6 a Sivori, 4 al bianconero Salvadore, due mesi di squalifica a Chiappella, l'allenatore azzurro col vocione esagerato. Fu l'ultima partita di Sivori, dicembre del '68. Se ne tornò in Argentina e coi soldi del Napoli comprò una villa e un terreno a Isidro di fronte al Rio de la Plata. Disse: "Il merito di questo acquisto è del Napoli". Coi soldi intascati alla Juve aveva già comprato una fazenda a San Nicolas sul fiume Paranà dov'era nato, a 200 chilometri da Buenos Aires. Tornò spesso in Italia. Tornò per i funerali a Milano di John Charles, il gigante danese che lo proteggeva con la sua mole nella squadra bianconera. Ebbe sempre la Juve nel cuore, ma ci mise molto azzurro vicino perché divenne l'idolo indiscusso del "San Paolo". Il titolo felice di un giornale ne aveva salutato così il suo arrivo a Napoli: "Vedi Omàr quant'è bello". Una "stella" si è spenta. Sivori è stato l'allegria del calcio prima che le corse forsennate del pallone moderno cancellassero dai campi di gioco la fantasia degli artisti. Omar è stato l'artista sublime del pallone. Tanti capelli, tanti gol. E le giocate astute con cui faceva girare la testa ai difensori e impietriva i portieri.