Da 0 a 10: 'ADL figlio di...' anche se vince, la lite in tv Spalletti-Maldini, la figura di merda mondiale e il Milan come il marito cornuto

Il Napoli crolla al Maradona in una notte da incubo: botte in curva, intimidazioni e cori contro il presidente De Laurentiis
03.04.2023 23:31 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: 'ADL figlio di...' anche se vince, la lite in tv Spalletti-Maldini, la figura di merda mondiale e il Milan come il marito cornuto
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Zero alla nuova stagione di Black Mirror, ambientata tutta al Maradona. Serata distopica a Fuorigrotta, una ferita che resterà sulla pelle per molto tempo molto più dei quattro gol del diavolo. La somma di una serie incredibile di errori, il sedimentarsi di piccoli dispettucci tra due fazioni che, almeno in teoria, dovrebbero lottare per la stessa cosa. È un errore degli egoisti, quello di pensare che il Napoli possa essere proprietà privata: il Napoli è di chiunque voglia amarlo. E le modalità di questo amore hanno variegate forme. De Laurentiis riveda questo regolamento d’uso, gli ultras limino alcune rigidità ideologiche. Fare un passo indietro non è sempre una sconfitta, ma sintomo di maggiore intelligenza. 

Uno il siparietto dell’intervallo che vede protagonisti Spalletti e Maldini. “Irrispettoso” dice Luciano di Paolo, che va in marcatura sul tecnico del Napoli intento a chiedere spiegazioni all’arbitro sul giallo a Lobotka. Un atteggiamento di spavalderia che il Milan s’era quasi autoimposto al Maradona, una chiara strategia di lanciare un messaggio al Napoli: non ci fate paura. Se ne ricordino bene gli azzurri, dei sorrisini, dei balletti e di tutto il resto. “La miglior vendetta è un imponente successo”.

Due sfide all’orizzonte e tanti pensieri nella testa. Cervellotico questo Napoli-Milan di Champions, che s’infittisce di questo inatteso 0-4 che lascia una marea di interpretazioni: sarà uno stimoli in più per gli azzurri? Forse ne avevamo bisogno tutti. Nelle strade già colorate a festa, nei voli pindarici di chi non vuole godersi un momento storico, nelle divagazioni mentali che diventano pippe. Acqua gelida sul viso e nessuno pensi di allentare la presa: c’è la storia, lì davanti, ma la storia richiede sudore fino all’ultimo passo. 

Tre come il terzo scudetto sognato da trent’anni. Quel De Laurentiis contestato perchè non voleva vincere, adesso sta vincendo. E pure se vince, parte dello stadio, decide di non sostenere la squadra ma di urlare De Laurentiis figlio di pu***na Chiaro che vincere o perdere non è la questione. La questione è ben più complessa. L’imbarazzo è totale. Dal ‘Ti amo anche quando vinci’ al ‘Ti amo solo se posso averti come voglio io’ il passo è breve. Ma non ci stiamo facendo tutti una colossale figura di merda?

Quattro sconfitte stagionali e un dato che è l’occasione per qualche riflessione: quando il Napoli ha perso non ha mai fatto gol: 2-0 a Liverpool, 1-0 a San Siro con l’Inter, 0-1 con la Lazio e 0-4 col Milan. Pare esserci un tratto comune, seppur con forme evidentemente differenti, in alcune serate di indolenza che tolgono al Napoli quella ferocia che è stata elemento distintivo di una stagione esaltante. Abbassare leggermente i decibel cambia totalmente il sound di una squadra che ha bisogno di essere ‘Rock’ e mai ‘Lento’ come piaceva a Celentano. 

Cinque a Rrahmani e Kim in versione Uomo della Pubblicità dei Marshmallow di Ghostbusters. Molli, troppo molli per essere veri al punto che non c’è nemmeno da preoccuparsi per quanto lontani dalla loro versione reale. Serata di black-out comunicativo tra i due centrali del Napoli, che avevano fatto di un’intesa telepatica il punto di forza di un’intera stagione. Affidiamoci alla saggezza orientale: “Accada quel che accada, anche il sole del giorno peggiore tramonta”.

Sei di incoraggiamento a Raspadori. Torna in campo pimpante l’ex Sassuolo, che sfiora pure il gol e mostra una condizione in risalita. Nelle notti di Glasgow e Amsterdam s’è visto il miglior Jack della stagione, che la musichetta Champions torni a ispirare le giocate di un talento che ha una gran voglia di imporre il proprio valore. È un chicco di mais in padella il buon Jack: occhio che esplode come un pop-corn.

Sette vittorie prima del Milan senza Osimhen. Potremmo perderci nei discorsi ‘Se ci fosse stato Victor’ ma avrebbero la stessa utilità nel mondo delle lezioni di corsivo. La vera riflessione va fatta sull’importanza di Osimhen nei momenti in cui non ha il pallone, per la capacità di guidare il pressing alto e per l’incredibile serie di scatti che danno sempre una soluzione alla manovra. Senza Victor, il pensiero del Napoli per la prima volta s’è ingarbugliato come il discorso di un sofista che non ha più la doppia opzione della dicotomia. Spalletti lavorerà come un matto sulla questione, abbiamo pochi dubbi.

Otto alla prestazione del Milan, perchè bisogna pure riconoscere i meriti all’avversario. La serata perfetta dei rossoneri, che coincide con quella imperfetta del Napoli: combinazione letale. E ci può stare. Fa sorridere, ma ci può stare pure questo, il continuo riferimento allo scudetto sul petto a -20 dal Napoli: come il marito cornuto che mostra la fede sull’anulare all’amante della moglie dopo averli beccati a letto insieme.

Nove a fare da sponda e tutti gli altri a entrare dentro con la moto. Giroud è l’esca, il sacrificio di Pioli per scardinare una fase difensiva mai così in difficoltà. Due gol nei primi 25’ il Napoli non li prendeva da quattro anni: il problema è stato prima di tutto nella testa, nell’approccio, nella soglia di concentrazione che è crollata inaspettatamente. Provateci voi a giocare in un clima surreale e le mazzate in curva. Se non fosse accaduto, nessuno ci crederebbe davvero.

Dieci da giocare in campionato e la necessità di una tregua. Bisogna godersele, insieme, queste dieci tappe di una percorso trionfale. C’è un libro che è un capolavoro da completare, inchiostro caldo che macchia la carta desiderosa di un racconto che è già epico. È solo un capitolo venuto male, una serata di scarsa ispirazione, una pagina da voltare in fretta alla ricerca di uno spazio bianco su cui incidere il proprio destino. Vengano posticipate tutte le questioni in sospeso: serve una ‘tregua olimpica’. Lo vuole il destino, la città, le mura già colorate. Lo esige il buon senso.