Da 0 a 10: lo scioccante retroscena al Var, l’accusa di Marchegiani a Lobotka, il calendario 'a guazzo’ e l’ultimo regalo di Garcia

Il Napoli perde in casa al Maradona: pesano come un macigno gli errori di Massa e Marini al Var. Mazzarri non parla per la rabbia.
04.12.2023 20:57 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: lo scioccante retroscena al Var, l’accusa di Marchegiani a Lobotka, il calendario 'a guazzo’ e l’ultimo regalo di Garcia
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Zero alla truffa che diviene meta-truffa. Va oltre la truffa. Una volta si poteva dire ‘L’Arbitro non ha visto’ e qualsiasi porcheria veniva condonata. Oggi no. Oggi ti rubano in casa, ti fanno vedere il video dei ladri che ti svaligiano l’appartamento, però ti dicono ‘Eh no, il VAR non può intervenire’. Ve li immaginate in cabina Var? È fallo, ma Massa era vicino e non si può intervenire. E mentre ascolti pseudo esperti vivisezionare le immagini di due palesi torto che hanno condizionato la gara, ripensi alla scena finale dell’Allenatore del Pallone. “Mi avete preso per un coglione? Mi avete preso per un Coglione”. L’Eroe è chi ancora riesce a guardare questa roba senza essere disgustato.

Uno come il primo tempo, quel maledetto primo tempo. Il Napoli mette l’Inter alle corde, la traversa e Sommer negano un vantaggio che sarebbe meritato. Tatticamente Mazzarri ha fatto tutto giusto, al netto dell’emergenza che gli impone forzatamente Natan sulla corsia. Lautaro e Thuram vengono esclusi dalla manovra più dei Jalisse da Sanremo, fino a quel minuto 44’ con Massa che mezzo metro non sanziona l’irregolarità del Toro. Calhanoglu, con Lobotka steso a centrocampo, ha tuto il tempo di prendere la mira. Esiste una gara prima di questo episodio e una gara successiva a questo episodio.

Due a zero e qualcuno si alza, abbandona il tempio come un fedele che ha perso la fede. Ne vanno via ancora di più al gol di Thuram. Qui non è solo una questione di tifo, qui c’è un credito maturato da questi ragazzi, che lo puoi vedere se guardi al centro del petto. Di un rispetto che non può ammettere scorciatoie: parliamo tanto della vecchia zona Mazzarri e poi si smette di credere ad una rimonta impossibile? Casa è il posto che azzera gli affanni del cuore, De Gregori cantava: “Costruisco questa casa. Senza inizio e senza fine”. Solo al fischio finale si lascia la CASA.

Tre ai deliri a Sky dell’ex portiere Luca Marchegiani. Che elabora una teoria tutta sua: “Ma tu sei sicuro che Lobotka lo butta giù Lautaro o non si butta da solo perchè sente il braccio di Lautaro addosso?”. Mancava solo ‘Come Fosse Antani’ e lo scappellamento a destra e poi c’erano tutti i crismi della Supercazzola. Il grande rischio dell’opinione a gettone della nostra era: che poi questi guru del pallone trovano pure dei fessi che gli credono. “A me, me pare 'na strunzata”.

Quattro come il quarto posto che vale la qualificazione in Champions. La serata del Maradona sembra chiudere il sogno di un bis tricolore, ma non all’orgoglio. Sottostimare il cuore di un campione è un errore da sciocchi e in questo organico ci sono valori che torneranno a fare la differenza, nelle corde di questi ragazzi c’è una striscia vincente che può ancora lasciare intatta la speranza, almeno quella. Abbandonarsi all’idea che lo scudetto sia andato potrebbe rendere ancora più complicato anche tutto il resto.

Cinque giorni, come quelli di Zarrillo e mille lacrime cadute. Si torna a Torino venerdì, lo stadio che ha suggellato l’impresa dello scorso anno. Quello del mancino volante di Raspadori e del crollo sull’erba di Zielinski che voleva guardare il cielo negli occhi in quella notte. I ricordi sono tanti, troppi, al punto che dai ricordi può prendere qualche spunto per farti ispirare i nuovi passi. Allo Stadium con la voce a squarciagola di Tiziano Ferro: “E ricordiamoglielo al mondo chi eravamo e che potremmo ritornare…”. 

Sei solo Kvaratskhelia, immerso nella solitudine di un numero primo. Senza Mario Rui, senza Zielinski, il 77 predica un verbo nel deserto del suo pallone e non trova il vecchio, amato, sostegno. Non ci sono le sovrapposizioni del maestro portoghese, per una sera mancano pure le sfuriate dell’acciaccato Piotr. In un contesto simile Khvicha è intermittente come le lampadine di un albero di Natale, il regalo che vorrebbe trovarci è il Mario Rui dello scorso anno. Parafrasando il libro di Paolo Giordano: "L'unica cosa certa era che lui era tornato e che lui avrebbe voluto non se ne andasse più”.

Sette punti in casa, questo il dato più agghiacciante. Su 21 punti a disposizione nelle 7 giocate al Maradona, il Napoli ne ha lasciati 14 agli avversari. Surreale come Charlie Chaplin che partecipa ad un concorso di Sosia per Charlie Chaplin ed arriva terzo. In trasferta nello stesso numero di gare i punti raccolti sono 17 su 21 a disposizione. La spiegazione? Probabilmente negli avversari: Lazio, Fiorentina, Milan e Inter sono tutte passate da casa nostra. Quella che era un fortino e oggi pare “nave sanza nocchiere in gran tempesta”. Quanto dolore in questo ostello.

Otto gol subiti nelle prime tre di Mazzarri. Atalanta, Real Madrid e Inter hanno grande potenziale offensivo, ma chiaro è che nel sistema difensivo azzurro continuano a palesarsi lunghi blackout, cali di corrente in stile Jurassic Park: che il T-Rex esce dalla recinzione e poi sono volatili per diabetici. Il Napoli vive quel disagio lì, di chi si trova puntualmente a fare i conti con la stessa fragilità. E se la risposta, dopo diversi mesi, non la trovi dentro di te, vuol dire che la risposta sta fuori. Ovvero: urge un difensore fortissimo sul mercato, già a gennaio.

Nove punti di distacco da una Juve che gioca, anzi non gioca, un calcio che è un non calcio. Guai, però, a pensare che quel non calcio sia facile da superare. Tutt’altro. Sarà catenaccio di Allegri, che ha pure avuto due giorni di riposo in più per preparare la sfida di venerdì. Con la Juve, che non gioca neanche le Coppe, un ulteriore vantaggio di calendari che spesso sembrano dei dipinti fatti a guazzo. A ‘guazzo’ di Cane.

Dieci che non c’è, come in tutta questa stagione. Mai una gara perfetta, nessuna prova senza macchia. Il Napoli di questa stagione è come il pendolo di Schopenhauer, “oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l'intervallo fugace, e per lo più illusorio, del piacere e della gioia”. Questa instabilità è l’aspetto più inquietante, la capacità di reggere per 90’ sempre alla stessa intensità. Chiaro è che il pensiero va ad una preparazione estiva che si sta rivelando a dir poco disastroso. Garcia resta una delle sciagure di questa stagione, i cui effetti produrranno ancora frutti nefasti nelle prossime settimane.

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