La storia siete voi: nelle praterie del San Paolo correva un uomo, Giorgio Cavallo Pazzo Braglia

Velocità straordinaria, rispetto per i compagni, peccato per quegli errori a tu per tu con il portiere...
02.01.2013 21:00 di Leonardo Ciccarelli   vedi letture
 La storia siete voi:  nelle praterie del San Paolo correva un uomo, Giorgio  Cavallo Pazzo  Braglia

Negli Stati Uniti quando si nomina Crazy Horse un alone di magia e paura e rispetto cala sugli interlocutori perché Crazy Horse fu colui che sconfisse con un esercito nettamente inferiore gli uomini del colonnello Carter. Cominciamo con lo sfatare il mito del suo nome però: per i Sioux, la sua tribù, Tasunka Wintko, non significava Cavallo Pazzo, significava "Il suo cavallo è pazzo" ma "se abbastanza gente ci crede una bugia non è più una bugia" e così gli americani hanno tenuto la loro errata traslitterazione per buona.
A Napoli quando si nomina Cavallo Pazzo un alone di magia e paura e rispetto cala sugli interlocutori perché Cavallo Pazzo fu colui che con Juliano, Clerici e Savoldi riuscì a portare a Napoli il primo importante trofeo sotto la guida di Luis Vinicio: Giorgio Braglia.
Qui non c'è alcun errore nella traduzione perché è uno dei soprannomi più belli che i napoletani abbiano mai trovato per un calciatore: Giorgio "Cavallo Pazzo" Braglia. Chi è quest'uomo? È un ragazzo degli anni '70 con i capelli lunghi e lo sguardo stralunato che fino al 1973 aveva girato l'Italia in cerca di una sistemazione calcistica senza trovare fissa dimora perché non faceva della continuità il suo marchio di fabbrica se proprio vogliamo usare un eufemismo.
Era un'ala velocissima, in grado di segnare goal straordinari ad una velocità pazzesca come il miglior Varenne, ma era anche in grado di sbagliare a tu per tu con il portiere visto che la seconda parte del soprannome è "Pazzo".
Era un Lavezzi ante litteram praticamente ed è per questo motivo che i napoletani lo amavano alla follia. Infiammava le folle con quelle galoppate indimenticabili, con quei capelli al vento e i baffoni. Restò per sole 80 partite in azzurro ma come Crazy Horse, la sua avventura fu breve ma intensa. Una Coppa Italia, un secondo posto e tante soddisfazioni.
24 goal in tre anni non sono uno scherzo per un'ala di quel periodo ma lui era particolare. Arrivò sesto nella classifica dei cannonieri al suo primo anno, contribuì attivamente al secondo posto l'anno successivo e riuscì a segnare nella finale di Coppa Italia contro il Verona all'Olimpico di Roma. Tutto questo grazie ad una sua naturale propensione alla giocata, tutto questo grazie a colui che ha importato per primo il calcio totale, 'o Lione Luis Vinicio.
Terminerà la propria carriera dopo un'altra Coppa Italia, al Milan, e con poche altre soddisfazioni ma quelle emozioni che dà il San Paolo bastano e avanzano per più di una carriera.
Prima di morire Crazy Horse disse: "Quando morirò dipingetemi tutto di rosso e gettatemi nel fiume: così ritornerò. Se non lo farete ritornerò lo stesso, ma come pietra" e gli americani hanno preso talmente sul serio queste parole che stanno costruendo il Crazy Horse Memorial, la più grande scultura nella roccia del mondo.
Noi non abbiamo queste possibilità e di certo non intaccheremmo il Vesuvio per Braglia, (forse per Maradona si però), ma non ne abbiamo bisogno perché chi ama non dimentica, soprattutto chi ci ha fatto sognare come quell'ala coi capelli al vento e l'aria da hippy. Grazie Giorgio.

Nelle puntate precedenti: 

Giorgio Ascarelli

Bruno Pesaola

Diego Armando Maradona

Faustinho Canè

Beppe Bruscolotti

Careca

Salvatore Carmando

Attila Sallustro

Hasse Jeppson

Ruud Krol

Dino Zoff

Roberto "Pampa" Sosa

Moreno Ferrario

Gianni Improta