Da 0 a 10: il sostituto di Spalletti, il terzino dopo 1530 giorni, l’acquisto flash e lo stupore di Petagna

Il Napoli batte la Sampdoria e ritrova la vittoria al Maradona dopo tre sconfitte consecutive. Infortunio per Insigne, esordio per Tuanzebe,
10.01.2022 14:21 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: il sostituto di Spalletti, il terzino dopo 1530 giorni, l’acquisto flash e lo stupore di Petagna
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Zero spazio per le smancerie. Qui c’è da far legna, da sudare, da sporcarsi le mani, da non vergognarsi di spazzare il pallone lontano. Il Napoli vive una situazione rocambolesca, perde i pezzi come il meteorite che punta dritto sulla terra in Don't Look Up. Si è sgretolato questo gruppo, ma il nucleo centrale è rimasto intatto, solido nei suoi principi. Come Jeeg Robot deve recuperare i suoi componenti, ma questo gruppo è davvero di ferro.

Uno il gol e potevano essere di più. Ma la stanchezza è un cane che si morde la coda e davanti al portiere serve quella lucidità, che in questo momento nessun azzurro può avere.  È una carogna la stanchezza, non sai mai quando arriva e come agisce. È come il gatto di Schrödinger, che può o non può sopravvivere. Il Napoli miagola, lancia segnali di vitalità nella scatola piena di problemi. È già un miracolo. 

Due gol annullati, magari il terzo lo lasciano buono. Scherza Juan Jesus, che per un unghia vede svanire la gioia che meritava, soprattuto dopo la sfortunata autorete con lo Spezia. Un ragazzo che si è rivelato un tesoro, ogni giorno di più. Confucio insegna: “È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia”. Ecco, Juan Jesus è pino e cipresso allo stesso modo. Ha perso qualche foglia per la stanchezza, non si è  mai tirato indietro, ed ha chiuso sprintando più della zia dello sposo quando si apre un buffet ad un matrimonio. 

Trenta minuti, Lorenzo si arrende al fastidio muscolare. Sembra il prequel di quel che sarà, di una squadra che come essere vivente in natura si prepara al cambiamento. Come le giraffe che nel tempo hanno allungato il collo, così il Napoli apparecchia il suo futuro senza la dipendenza sulla corsia mancina dalle invenzioni di Insigne. Meno tiraggiro, più coralità. Potrebbe essere questa la strada intrapresa. De Andrè diceva: “Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me”. Chissà se questa paura avvolgerà il cuore di Lorenzo…

Quattro giorni per fare la conta degli arruolabili, attaccare qualche toppa, trovare la sedia migliore come Totò in ‘Miseria e Nobiltà’ ma in questo caso ‘la migliore non c’è’. Semplicemente perché non ci sono nemmeno le sedie. Per la Fiorentina servirà una valutazione attenta, pure qualche rischio per lanciare qualche ragazzo della Primavera, in attesa di tempi migliori.

Cinque gennaio la firma, il 9 in campo incrociando Spalletti per la prima volta al Maradona. Catapultato nella nuova realtà Axel Tuanzebe, ma la faccia non è mica quella di uno che si lascia prendere dall’ansia. Primo spezzone di gara in azzurro per il difensore, che assolve con diligenza il compito e mette subito in mostra una fisicità che è l’arma principale. Benvenuto all'acquisto flash di questa sessione invernale.

Sei punti con due reti: dalla Genova rossoblu a quella blucerchiata. Petagna e la magia del gol, che è differente da ogni altro sport. E’ la gioia che prende forma, diventa un numero che puoi toccare ed accarezzare. E’ un sollievo in una giornata uggiosa, è una liberazione dopo gli sfottò dell’avversario. Un meraviglioso Luciano De Crescenzo descriveva così il calcio e la sacralità di un gol: “Perché il calcio è più bello della pallacanestro? Perché nel calcio, bene che vada, puoi sognare uno, due o tre gol mediamente. Nella pallacanestro puoi fare anche novanta punti.E’ impossibile che uno spettatore possa emozionarsi novanta volte. Se facessero le porte ancora più piccole, sarebbe ancora più bello”. La felicità privata di una rete, vissuta da uomini d’amore, che si ripete.

Sette a Ghoulam, il sorprendente Ghoulam. Con la Juve una rondine, con la Samp una conferma che ha davvero il sapore di una nuova primavera, almeno sullo sfondo. Dopo 1530 giorni dal tremendo infortunio col City, Faouzi è di nuovo lì. Ancora lì. A provare, cercando di convincerci e soprattutto di convincersi che può ancora essere il suo tempo, la sua fascia, le sue falcate. Come foglie, sugli alberi, d’autunno. A cadere, attenendo un nuovo ciclo. A lottare, affidandosi alla fede che qualcosa arriverà. È una gioia particolare, chiamatela pure illusione, romantica teorica del potremmo ritornare. 

Otto all’incantesimo napoletano. Lobotka era diventato la pecora nera, il tradimento delle aspettative, come un figlio che preferisce il panettone alla pastiera. Ora è il metronomo di questa squadra, al punto da (testuale di Luciano) risolvere i casini dell’allenatore al punto da diventarne il sostituto sul terreno di gioco. Stan è il cuore pulsante di questo Napoli, la materia grigia che inonda le sinapsi di questa squadra. Vive sempre con un secondo di anticipo, alleggerisce come una carezza di un padre negli affanni. E lo fa sempre con la stessa faccia, con un sangue freddo che è prerogativa del camaleonte. 

Nove a Petagnone, in rovesciata. Roba da non crederci, roba a cui non crede nemmeno Andrea. Spontaneo nella reazione, ammirevole per l’applicazione. Il gol non la specialità del menù, è un contorno al lavoro sporco, alle sportellate, al desiderio inesorabile di fare qualcosa di utile per la squadra. E’ la semplicità di un pezzo di pane appena sfornato, educato la sua  volontà come come fosse un lupo affamato. Il concetto è così spaventosamente semplice, quanto efficace: "La forza del lupo è il branco e la forza del branco è il lupo”. Bravo Andrea.

Dieci per tutti. A Rrahmani che non sbaglia mai e sembra una roba normale, a Politano che cambia la gara, a Demme che cresce, a Mertens che resta una delizia per gli occhi (anche quando pressa come un forsennato in pieno recupero). A Fabiàn, che entra ed è già un miracolo perché non è nemmeno al 50%, ma mica ci si tira indietro in un momento di assoluta necessita. E sembra niente, e invece e tutto. Spalletti lo percepisce, forse è anche merito suo, anzi è sicuramente merito suo. Una squadra, che vuole essere squadra, che gode al pensiero di esserlo. Condividere è una necessità, l’unica strada per avvertire un senso di felicità. Anche, soprattutto, nelle difficoltà.