Da 0 a 10: l'orrendo 'Spalletti pagliaccio', la sindrome Zerocalcare, la resa di Meret e Lobotka in versione carillon

Il Napoli cade a Mosca: non basta la rete di Elmas dopo l'errore di Lobotka in avvio di gara.
25.11.2021 13:55 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: l'orrendo 'Spalletti pagliaccio', la sindrome Zerocalcare, la resa di Meret e Lobotka in versione carillon
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Zero alla vergognosa campagna social dello Spartak dopo il match. Provare ad essere ironici senza mai riuscirci, come quelle serie tv americane con le risate finte sotto che ti fanno salire l’angoscia di vivere.  Spalletti definito pagliaccio in vari post su Twitter e Instagram, così come tutto il Napoli invitato a indossare una maschera da clown: il social media dei russi merita la dedica del grande Salvatore Di Giacomo, la poesia l’avrete già intuita.

Un minuto il Napoli sbanda, come uno che viaggia sulla neve di Mosca senza aver montato le gomme giuste. Inadeguatezza che si protrae fino alla rete del raddoppio dei russi, un’impreparazione alla lotta difficile da comprendere, da accettare per chi doveva dare risposte e invece si perde nuovamente nei dubbi. È su quell’avvio che Spalletti dovrà intervenire immediatamente.

Due sconfitte in tre giorni, forse è questo che fa inquieta: il dubbio. Come ricordava il Cardinal Voiello in ‘The New Pope’ il dubbio è un arma, perché si appoggia sulle insicurezze dell’anima. Trafuga certezze, rubacchia convinzione, scarabocchia sul discorso che ti eri preparato sul foglio. Il dubbio conosce un solo antidoto: la vittoria. 

Tre parate miracolose, altri interventi qui e là che sembrano un omaggio al mito Yashin di Selikhov. Perchè funziona esattamente così: nella tua serata storta, se sbagli qualcosa, sappi che ai tuoi errori si sommeranno fattori inattesi che tenderanno a render ancor più amari i tuoi errori. C’è chi parla di Karma, chi parla di Sfiga, chi di legge di Murphy ma il concetto resta sempre lo stesso.

Quattro alla leggerezza di Lobotka. Perchè dopo 47 secondi dà fuoco al piano gara di Spalletti con l’intervento che visto dal vivo sembra già essere a velocità rallentata. A certi livelli non puoi concederti questi passaggi a vuoto, col povero Stan che per tutta la gara gira su se stesso come un Carillon senza mai suonare la musica giusta. Ritorno da titolare da dimenticare. 

Cinque gare giocate e tutto ancora da decidere. Il Napoli concede sei punti in due gare allo Spartak Mosca ed ora dovrà giocarsi tutto nell’ultima al Maradona col Leicester: una vittoria al momento garantirebbe il passaggio del turno, ma per il primo posto dovranno poi incastrarsi altri risultati. Un vero spreco, se si pensa alla modestia tecnica e tattica dello Spartak. 

Sei volte titolare in stagione ed un velo di polvere sui guantoni. Meret è ormai stato designato come portiere di Coppa, si ritrova in campo dopo venti giorni e non mostra quella reattività che nasce dall’esercizio fisico e mentale. Arrugginito? Forse. Sulla rete del 2-0 è poco reattivo, ha un tempo di reazione più altro rispetto a quello che si attende da uno col suo potenziale. Il campo ha raccontato di un Ospina pronto e invece di ribellarsi a questo verdetto sembra che Alex lo stia subendo passivamente. 

Sette assenti, la neve, l’orario insolito, le nuove puntate di Gomorra, le mezze stagioni che non esistono più e i treni che arrivavano in orario. Il campionario di scuse da utilizzare dopo il ko era assortito, ma Spalletti fa l’unica cosa giusta da fare: non concede nessuno spiraglio ai suoi. Si altera, anzi si incazza proprio quando qualcuno fa riferimento al clima glaciale come parziale scusante ai suoi. È evidente che gli alibi preoccupino Spalletti molto più della sconfitta, perché purtroppo questa non è una situazione d’emergenza, ma una nuova normalità per diverse settimane. 

Otto gettoni da titolare rispondendo spesso presente. Elmas segna un gol e per poco non fa pure doppietta, conferma che sente il richiamo della porta come un istinto che non può essere insegnato. Spalletti è pazzo di lui, per la pulizia del suo calcio che è somma di tanti elementi, forse nessuno eccezionale, ma con tante argomentazioni valide. Lineare nell’esecuzione, deve trovare l’ardore per non defluire nello scolastico. Insomma, ogni tanto, lasciati un pochino andare ragazzo. Prova ad andare oltre, perché le qualità ci sono. 

Nove che non ci sarà per parecchio ed una squadra che deve rielaborare il suo pensiero calcistico. Non puoi pensare di fare le stesse cose che facevi con Osimhen lì davanti, che azzannava la profondità e forniva sempre l’opportunità di una ripartenza. Il Napoli a Mosca è incappato nella sindrome di Zerocalcare , pensando ‘che bastava strappare lungo i bordi, piano piano. Seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati, e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere’. E invece la vita se ne frega dei tuoi piani. C’è un nuovo Napoli da inventare, da concepire, un nuovo modo di strutturare le due fasi del gioco senza Vittorino nostro.

Dieci eternamente dedicato a lui, D10S. È già passato un anno e non hai smesso di mancarci neanche per un secondo. Manchi Diego. Distrugge l’idea che tu non possa incontrare un pallone per strada, accarezzarlo come solo tu riuscivi a fare e renderlo incanto. Manca l’idea che, in qualunque parte del mondo, tu possa trasformare qualsiasi oggetto in uno strumento di stupore, da addomesticare alla tua magia. Che fosse una palla, un limone, una noce: ci lasciavi tutti lì, con gli occhi sbarrati, increduli dinanzi a te che sublimavi il concetto di artista del pallone. Manca il tuo sorriso, sfacciato, sfrontato, da destinare anche quelli che fingevano di volerti bene non te ne volevano affatto. Manca la tua primitiva passione per la rivoluzione, sempre schierato accanto ai meno fortunati, ai meno potenti, ai meno arroganti. Tu, con la testa alta, a cambiare un pochino il mondo giocando a pallone. Quello che più ci manca, Diego, è la speranza di vederti di nuovo qui. Nella tua Napoli. Avremmo voluto invecchiare con te, che tu invecchiasi con noi. Tra quelle strade strette che hanno custodito tante tue notti, tra quegli occhi che non riuscivano a guardare altrove se c’eri tu. Ci dicono che Maradona è un’idea meravigliosa, che resiste al tempo. Sarà vero. Ma a noi manca Diego, quel ragazzo con i capelli ricci così tremendamente umano nei suoi vizi, nelle sue virtù. Uno di famiglia, che ha distrutto la barriera tra mito e popolo. Forse per questo, dopo un anno, non riusciamo ancora ad accettare l’idea.