Di Fusco vecchio cuore azzurro: "Napoli, che bello vederti lassù. Ma noi eravamo più forti..."

"Non regge il paragone con la squadra di Diego. I vari Careca, Alemao, Bagni erano stelle planetarie"
Fonte: Vincenzo Balzano per Napolissimo e Tuttonapoli.net
Di Fusco vecchio cuore azzurro: "Napoli, che bello vederti lassù. Ma noi eravamo più forti..."

“Siamo forti, ma meglio non dirlo troppo ad alta voce. Sono convinto che possiamo lottare per il titolo”. Parla in prima persona Raffaele Di Fusco, come un tifoso qualunque del Napoli: perché lui in questa squadra ha giocato per tantissimi anni vincendo tutto quello che si poteva vincere, facendo da brillante secondo a portieri fortissimi come Garella, Giuliani, Galli, Taglialatela. Ha assaporato anche il brivido di giocare da attaccante, mandato in campo da Bianchi in segno di polemica: “Ma meglio non ricordarlo quell’episodio” chiosa il buon Raffaele. Che del Napoli ha vissuto i momenti più belli e quelli più bui, assaporando scudetti e piazzamenti indecorosi.

Ora l’azzurro colora di nuovo le zone alte della classifica.

“Ed è bellissimo. Per chi, come me, ha questa squadra nel cuore, non può esserci qualcosa di meglio. Credetemi, una volta che l’hai assaporata, Napoli ti resta dentro, impressa a fuoco nell’anima. Ho sofferto nel vederla scendere all’inferno della serie C, ho gioito quando è tornato in A ed ora spero davvero che si riesca a vincere qualcosa di importante. Lo merita la città, lo meritano i tifosi che per tanti anni hanno sofferto a vedere questa squadra gloriosa relegata nei bassifondi. Ma la cosa che mi ha sorpreso è che l’hanno fatto sempre con orgoglio, con quel senso di appartenenza che solo a Napoli può esistere. Loro, i tifosi, possono davvero andare a testa alta”

La squadra di cui faceva parte Di Fusco andava in giro per l’Italia e l’Europa a far man bassa di avversari e vittorie. Trovi qualche similitudine con quella di Mazzarri?

“Secondo me fare paragoni è ingeneroso. Innanzitutto per le epoche diverse. Poi quella squadra aveva in organico campioni di livello mondiale: c’era Diego certo, ma c’erano anche Bagni, Careca, Alemao, Carnevale. E noi ce la giocavamo con il Real Madrid. Oggi il Napoli è tornato grande, ma non credo che tecnicamente abbia la forza dei giocatori che ho citato. Certo, Hamsik, Cavani e Lavezzi sono tre grandi calciatori. Che però devono ancora crescere tanto per diventare come loro”

Dove può migliorare il Napoli?

“Io credo che la forza dell’attacco non corrisponda a quella degli altri due reparti. Mi spiego: in difesa manca un giocatore che abbia quelle qualità importanti che invece ci sono davanti. Senza fare nomi e senza togliere meriti a nessuno: occorrerebbe un calciatore dal profilo più alto, di spessore internazionale. A centrocampo, al di là di Inler che è sicuramente un ottimo giocatore, la qualità non è altissima”

Considerando il doppio impegno tra campionato e Champions League, che stagione può fare il Napoli?

“Dirlo ora è difficile. Sarebbe bello confermare quanto di buono fatto vedere l’anno scorso, significherebbe essersi assestati nei piani alti della classifica. In generale comunque credo che gli azzurri possano avere vita più facile in Champions”

Qualcuno potrebbe storcere il naso davanti a un’affermazione del genere…

“Il mio ragionamento è semplice. Il Napoli è una squadra costruita per giocare sull’avversario. Quando è attaccato, si difende bene e i suoi contropiedi sono spesso letali, per la rapidità e velocità degli attaccanti. In Europa tutte le squadre giocano a viso aperto, non esiste lo stesso tatticismo che c’è in Italia. Non vedremo mai un allenatore che verrà a chiudersi al San Paolo. Per questo dico che per le caratteristiche degli azzurri, l’Europa è un habitat più consono”

Giusta riflessione. Ma una grande squadra non dovrebbe imparare ad imporre il proprio gioco?

“In linea teorica si. Nella pratica il calcio presenta tante variabili, non è detto che non si possa essere grandi anche così. Anche noi a volte praticavamo un gioco non bellissimo come quello del Milan di Sacchi, ma le caratteristiche dei nostri calciatori erano altre: avevano i colpi giusti per vincere le partite, e tra loro bastava un cenno d’intesa per capirsi al volo, senza troppe alchimie”

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