Guido Clemente di San Luca a TN: "ADL, i cortigiani e la napolitudine"

Secondo il vocabolario Treccani, storytelling è «Affabulazione, arte di scrivere o raccontare storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico».
16.02.2023 11:20 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN: "ADL, i cortigiani e la napolitudine"

 Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni in chiave Napoli sul momento azzurro.

"Scrivevo giorni fa del disagio che avvertivo per quel clima di diffuso ottimismo che permea le trasmissioni televisive e radiofoniche ove si dà ormai per scontata la vittoria. Il mister, che sa di calcio come pochi, quasi sembrando ascoltarmi, ha tenuto testa ed anima ferocemente sul pezzo: «Dicono che per lo scudetto mancano 13 vittorie. Vi sembrano poche? Scrivete che dobbiamo vincere 13 partite per il titolo, ma nessuno ce le regala». Insomma, s’ha da farle ’ste vittorie! Mancano 16 partite, abbiamo 15 punti sulla seconda. Se questa le vincesse tutte, arriverebbe a 92 (44+48=92). Perciò, per la matematica, dobbiamo farne 34 (59+34=93). Cioè 11 vittorie ed 1 pareggio.

Con la Cremonese è andata come doveva. Ora – pensando che subito a seguire, in 7 giorni, giocheremo prima in Germania e poi ad Empoli – testa al Sassuolo. Dove il clima non si preannuncia amicale, almeno stando al comunicato emesso dalla società. Spendiamo due parole, dicendo anzitutto della grave iniquità del decreto del Ministero degli Interni, col quale è stato disposto, non solo il divieto della vendita dei biglietti per i residenti a Napoli e provincia – che già di per sé è discutibile, per il fatto di ricorrere anacronisticamente alla responsabilità oggettiva (per un centinaio di delinquenti, ben identificabili e ‘costringibili’ fuori dallo stadio, sono obbligate a pagare migliaia di persone perbene) –, ma anche la chiusura del settore ospiti. Quale mente geniale può pensare che per garantire l’ordine pubblico sia meglio tenere i tifosi napoletani provenienti da tutto il mondo in mezzo ai tifosi della squadra ospitante? Ciò detto, il comunicato del Sassuolo non si distingue per affabile cortesia, né per perspicacia: se il divieto di sciarpe e maglie azzurre – come si è chiarito – vale soltanto per il settore destinato agli ultrà locali (Tribuna Sud), che bisogno c’era di specificarlo? È persino banale ritenere che, essendo il settore riservato, lì i napoletani non possano entrare: o dobbiamo credere che siano così incapaci da non impedire l’accesso ad altri? Dunque, a pensar male, c’è della ostilità. Comunque, visto che nelle Tribune Est ed Ovest non vi sono limitazioni di indumenti colorati, pare che gli spalti saranno gremiti, almeno per metà, dai supporter azzurri.

Il sogno continua. E non viene disturbato dalle astiose parole dei (pochi, ma in aumento) cortigiani e giullari a servizio del potere, che non perdono occasione per ostentare deferenza nei confronti del padrone. Ribadisco. Nessuna minoranza, medio o alto-borghese che sia, potrà impedire al popolo azzurro di gioire nel modo che gli è proprio. Ove dovesse succedere di nuovo – ogni tifoso da anni lo sogna ardentemente, al punto che mai s’abbandona all’uso di parole o dichiarazioni improvvide –, nell’orgia diffusa che si genererebbe, potranno liberamente festeggiare confondendosi in mezzo alla gente comune di Partenope, perché, com’è nella tradizione di grande cuore e nella radicata prospettiva inclusiva di questa, mai verrebbero tenuti fuori dai baccanali. Stiano tranquilli, se accadesse, nessuno li priverà del piacere di godere del ‘coitone’ collettivo.

E questo sebbene si ostinino a celebrare adulanti l’impresario (che guida la società in maniera finanziariamente e ineccepibilmente virtuosa – gli è sempre stato riconosciuto – ma) che resta corpo sostanzialmente estraneo alla città. Raccontando a se stessi e agli altri una realtà immaginifica. Perché a (quasi) chiunque è chiaro che non sia vero che ADL «ha avuto ragione su tutto il fronte». La squadra è stata costruita, non da lui, ma da Giuntoli, cui per lungo tempo non ha consentito di operare liberamente (commettendo errori tenuti celati da media compiacenti). È semplicemente risibile parlare di «organizzazione aziendale cosmopolita», oppure di «illuminata programmazione aziendale», in assenza pressoché totale, e deliberatamente voluta, di una qualsivoglia struttura. Ne è prova, fra l’altro, l’assordante silenzio sulla necessità di implementare la cultura della legalità (nella quasi esclusiva prospettiva del far soldi le regole sono solo un doveroso, ma noioso, intralcio).

Secondo il vocabolario Treccani, storytelling è «Affabulazione, arte di scrivere o raccontare storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico». Si vedrà alla fine chi sarà stato il vero affabulatore. Non oso pensare ciò che sogno. Nella dimensione onirica tornerà l’azzurro dovunque. Sguaiatamente, sì. Per fortuna resiliente, che resiste con forza ad ogni insopportabile omologazione.

Al giornalista di un prestigioso mensile francese (venuto sabato scorso – non so come e perché – ad intervistare fra altri anche me) che chiedeva di spiegargli perché, nonostante lo strepitoso andamento della squadra, in città ADL non sia poi così ben visto, ho risposto che, piegati dalla logica mercantile ineluttabilmente dominante ed accettato il terribile compromesso che essa implica, per la gente o lui o un fondo anonimo cambia poco. Basta che sia assennato nella gestione. Il giovane gallico insisteva: ma un presidente locale non è meglio di un anonimo fondo internazionale? Gli ho risposto che, sì, lo sarebbe senz’altro, se fosse però autentica espressione del territorio. ADL non lo è. Ed il paradosso è proprio questo: che, per il libero gioco del mercato, si trova nel posto più esponenziale della città. Persino più rappresentativo del Sindaco. Così è, secondo la ‘napolitudine’ (non la «napoletanità deteriore»!). Basti ricordare il San Gennarmando di Marino Niola.

L’ha ben capito Spalletti, che non a caso invoca la concentrazione perché «lo facciamo per l’orgoglio della nostra città». E poi richiama Maradona: «Noi ce l’abbiamo lì, nello spogliatoio c’è quella statua di Diego che in molti vanno a toccare. Io lo faccio pure quando si entra in campo, perché lo vogliamo portare con noi e nella qualità della nostra squadra. Lui ha vinto attraverso il gioco, la qualità, attraverso tutte quelle cose che piacciono ai tifosi. Vogliamo cercare di assomigliargli il più possibile e ce lo porteremo sempre dietro, per gli insegnamenti che ci ha dato». E per celebrarne la grandezza dichiara: «La differenza fra Maradona e gli altri giocatori? È come quello che disse Schopenhauer sulla differenza tra il talento e il genio. Il talento colpisce bersagli che gli altri non colpiscono, il genio colpisce bersagli che gli altri non vedono». Così come l’ha ben capito Osi (che ha preso il testimone da Kouly) portando la squadra a gioire sotto la curva. Lo sanno bene quelli che c’erano già, e l’hanno ben capito i nuovi, su tutti il Cholito-sangue-argentino, ma pure Kvara e Kim, che in pochi mesi sembrano divenuti ormai azzurri carnali. Altro che Val d’Aosta! O Belluno!

Quando vincemmo il primo scudetto, la stampa nazionale si affrettò a trovare ragioni consolatorie per giustificare la sconfitta delle squadre del nord. Dal paternalismo del «Bravi napoletani, ma sì, in fondo per una volta ve lo meritate anche voi, avete tanti guai!». Al più subdolo «Vedete, anche a Napoli si può vincere. Vi sono realtà vincenti: la Fondazione Napoli 99, l’Istituto Italiano di Studi Filosofici, ed ora anche la SSC Napoli. Per vincere è sufficiente organizzarsi. Dunque, avete vinto perché, in fondo, avete copiato la nostra filosofia, perciò in qualche modo abbiamo comunque vinto noi!». Nel tripudio d’azzurro ovunque, marciammo compatti alla Sanità scandendo il nostro slogan: «Gioia, fantasia, improvvisazione! Stu scudett’ l’amm’ vinciut’ senz’organizzazione!».

Oggi come allora. Vinceremo se la squadra resterà forte e ben guidata, se fino in fondo ci assisterà il kairos e se non verrà negata la legalità. Tutto parrebbe incastrarsi alla perfezione. Se il sogno, che sembra finalmente materializzarsi di nuovo, non s’è potuto realizzare prima, è perché quasi sempre è mancata la terza condizione. Nel 1987 come adesso (almeno finora), siamo stati più forti della diseguale applicazione delle regole. In allora la superiorità derivò dall’essere guidati dal più grande di sempre. In oggi, soprattutto, dal letterale dissolvimento degli avversari.

E se sarà, quando sarà, ci abbracceremo e ci baceremo per ore ed ore, appassionatamente. E promiscuamente. Rosa Chemical sarà un’educanda delle Orsoline! Se vogliono, nessuno li escluderà. Altrimenti festeggeranno come la loro musa ispiratrice. Dandosi il gomito.