Guido Clemente di San Luca a TN: "C'è una dichiarazione di Success che spiega la gara di Udine"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento del Napoli.
«Oggi sono stato fortunato». Success è stato onesto. E la sua dichiarazione spiega meglio di ogni altra dotta disquisizione tecnico-tattica l’esito della partita di Udine. È sempre meno sopportabile la saccente prosopopea con cui si discute del pallone come se fosse una scienza esatta. Come se, mettendo insieme i fattori necessari per generare il prodotto, questo viene perfetto. Non è così in generale, figuriamoci nel pallone, dove a quei fattori (che certamente determinano 1/3 del risultato) si aggiungono gli altri due: kairos e legalità.
Un amico fraterno, e tifoso azzurro malato come me, dopo la partita di Udine, pur lamentandosi del gioco ormai stucchevole (il «titic e titoc», per fare una citazione ‘dotta’), mi ha scritto che «se si guardano le prestazioni individuali, si ha difficoltà a dire chi ha giocato male, ma il gruppo, nel complesso, non riesce più ad esprimersi». Una vittoria ormai in tasca buttata via all’ultimo respiro. Non diversamente da tante altre in questa stagione dannata. Ho già messo in evidenza quelle che io ritengo essere le cause e le responsabilità strutturali. Ad esse si aggiungono le ragioni che ne scaturiscono, fra le quali in primo luogo la derivata perdita di connessione emotiva del collettivo.
Si dice «le solite distrazioni difensive». È sicuramente così. Eppure, non sono convinto che si tratti solo di distrazioni. Mi sembra che ci sia comunque una consistente parte di assenza di kairos. La palla passa sulla testa di Olivera – fin lì per me difensivamente impeccabile – senza sfiorarla; ché, se l’avesse solo sfiorata, il difensore udinese non l’avrebbe messa in mezzo proprio in quel punto lì. E poi Ostigard – anche lui fin lì attento ed efficace (è ridicolo accusarlo per il colpo di testa del primo tempo con palla in corner, perché quello doveva fare) – ‘abbocca’ ad un controllo a seguire (molto casuale) di Success, che ritrova il gol dopo un anno, proprio contro di noi, nel recupero ormai quasi finito. Secondo gol spettacolare di Osimhen, annullato per fuorigioco di millimetri. Mancato gol di Traorè per una deviazione fortuita. Insomma, va tutto storto. E, perciò, crocifiggere i giocatori è pratica poco commendevole e virtuosa.
2. A proposito di Kairos e legalità, del resto, basterebbe guardare le partite delle fasi finali delle coppe europee. Fra le altre – tutte caratterizzate dalla forte influenza dei due fattori – prendiamo in esame il clamoroso finale al Bernabeu, nella seconda semifinale di Champions League. Dopo aver subito in due minuti allo scadere la rimonta del Real Madrid, con la doppietta di Joselu (fra l’88’ e il 90’), al 110’ il Bayern segna, ma De Ligt fa gol dopo il fischio dell’arbitro che asseconda una illegittima segnalazione dell’assistente (sul lancio in avanti dei bavaresi): secondo le regole, l’azione avrebbe dovuto concludersi, l’eventuale infrazione dovendosi segnalare solo dopo, così da lasciare doverosamente lo spazio d’intervento del VAR. A dirigere era Marciniak (lo stesso che l’anno scorso penalizzò il Napoli nei quarti contro il Milan con decisioni illegittime), il quale avrebbe dovuto lasciar concludere l’azione, non per buon senso – sia chiaro –, ma in legittima applicazione della regola. Non diverso dev’essere il giudizio su Orsato, celebrato in maniera indecente dai telecronisti e commentatori, per aver diretto la prima semifinale in aperta violazione delle regole, scegliendo di «lasciar correre». Come se – incredibilmente! – ciò fosse nel suo potere.
Il risultato, dunque, dipende non soltanto dal gioco espresso, che conta per 1/3, ma molto anche dalle altre due variabili, che incidono per i restanti 2/3. La logica del risultato è in sé perversa. Per esempio, (benché il Real abbia giocato meglio – ma quasi esclusivamente per merito di Vinicius) Ancelotti ha vinto per effetto di una gravissima decisione illegittima. Per il gioco, peraltro, avrebbe dovuto perdere andata e ritorno col City. Ma lì s’è rivelato decisivo il kairos. D’altronde, anche la celebrazione sconfinata del Carletto nazionale, basata esclusivamente sui risultati conseguiti, appare non del tutto fondata. Perché non sempre ha ottenuto il risultato. A Napoli fece un disastro, e nemmeno all’Everton lo ricordano con emozione. Insomma, una bravissima persona, emblema antonomastico del sapersi giovare del kairos. Una dote, di cui si deve obiettivamente riconoscere (forse pure con un pizzico d’invidia) la capacità di saperne beneficiare, fuori dal comune.
3. Un ultimo doveroso pensiero al frastuono suscitato dalla proposta Abodi. Da tempo provo a ricordare ciò che è persino banale per qualunque giuspubblicista: autonomia non va confusa con sovranità. E se si conviene che la vera preoccupazione è difendersi dal potere, si tratta di capire quale sia, sul piano istituzionale, la forma giuridica che meglio assicura la difesa contro il potere.
In altre parole, bisogna intendersi sul se il potere sia più ‘forte’ quando indossa la veste formale pubblica o privata. Personalmente, ho sempre ritenuto che, in regime privatistico, la ‘tangente’ rappresenta un mero, lecito, costo di gestione. In regime pubblicistico, invece, costituisce una pratica illecita, integra un reato. L’anomalia che sembra preoccupare la stampa di sinistra (nella migliore delle ipotesi superficiale e disattenta, certamente contraddittoria rispetto ai suoi principi costitutivi), è che a «metter le mani» – qualcuno ha scritto persino «gli artigli veri e propri» – sul calcio sia il Governo, pro tempore (ahimè) nelle mani di una destra onnivora e palesemente anti-pluralista.
Ed in effetti la questione concerne una materia da disciplinare con legge. Dunque, tocca al Parlamento. Che si affronti, però, seriamente il tema di fondo. L’autonomia dell’ordinamento del calcio non può travalicare i confini suoi propri. Laddove esonda da essi, deve recedere. Il calcio non può più invocare l’autonomia privata per violare i principi cardine dello Stato di diritto. A cominciare da quello di legalità. Quando non si lascia dominare dal delirio di onnipotenza, il Presidente del Napoli dice cose condivisibili: a proposito di Lorenzo Casini, ha dichiarato che «è il miglior presidente che la Lega abbia avuto negli ultimi vent’anni, da quando sono nel mondo del calcio».
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