Guido Clemente di San Luca a TN e l'appello a Osimhen: "Caro Victor ti scrivo..."
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni sul momento di Victor Osimhen
"Caro Victor, ti scrivo. E siccome sembri molto lontano più forte ti scriverò. Ma non per avvisarti che un giorno ti pentirai di non aver esultato, come ha detto qualcuno. Perché nessuno può credere che tu abbia «scelto» di essere triste. La tristezza è uno stato d’animo, una condizione dell’essere. Non appartiene all’area della volontà. Se uno è triste, è triste. E – come insegna l’omeopatia – non si può negare il malessere che il paziente dichiara di avvertire solo perché non si riscontrano sintomi apparenti. Se sei triste, dobbiamo prenderne atto. E perciò, come il bravo medico, capire perché, individuare le ragioni, e provare a vedere se è possibile porvi rimedio.
Allora, caro Victor, se sei triste perché avverti di esser stato trattato male, ne hai diritto. È vero. Però cerca di mettere a fuoco bene chi e come l’abbia fatto. Prova a ragionare. Se tu non sprizzi più amore e rabbia quando butti la palla in rete, privi di gioia, non solo te stesso, ma tutti i tifosi azzurri, un popolo intero. Te vulimm’ vede’ felice! Perché, se sei felice tu, siamo felici tutti noi. Quei due video sono obiettivamente sgradevoli. Non solo. Ad essere intellettualmente onesti, vi si legge il sapore di una qualche discriminazione razziale: la noce di cocco – come la banana o le noccioline – non suona allo stesso modo che una pizza, il ragù, una cotoletta alla milanese o la polenta.
Ma tu lo sai, l’hai scritto su Instagram: «La passione del popolo napoletano alimenta il mio fuoco per giocare sempre con il cuore e l’anima, e l’amore per lo stemma è incrollabile mentre lo indosso con orgoglio. Le accuse contro il Popolo di Napoli sono false». Quei video non li abbiamo fatti noi. Per storia, per cultura, dentro all’anima nostra – intendo di Napoli e dei napoletani – ci sono l’apertura, l’accoglienza, la ‘normalità’ delle diversità. Come canta Pinuccio, «a nuje ce piace ‘o blues». Anzi, «simm’ blues». Proprio così. E «nun vulimm’ cagna’».
Napoli è da sempre crocevia di culture diverse. La contaminazione culturale è nel nostro DNA. Come pure «’a pacienza ’e suppurta’». Perciò Victor, fai come se fossi napoletano, porta pazienza. Ignora gli errori della società. V’è stata superficialità, non cattiveria. Sì, lo so, spesso la superficialità diventa insensibilità. E spesso si accompagna alla pienezza di sé, ad un orgoglio inutile. Quello che t’impedisce di ammettere che hai sbagliato. Sarebbe stato meglio che ti si fosse chiesto scusa pubblicamente, senza parole vuote per giustificarsi.
Tu nun si’ «nato ccà», e si’ «nir’ nir’». Ma noi ti sentiamo fratello, e «nun te vulimm’ lassà’». Per questo, se la tua tristezza è generata anche dalle questioni contrattuali, fatti una chiacchierata privata con Zielo. Pure per lui la vicenda contratto non è ancora risolta. Nonostante abbia rinunciato a guadagnare il triplo. Lui ti può far capire – diversamente dal tuo procuratore – che i soldi non sono tutto. Sono importanti, per carità. Ma non sono tutto.
Pensa a quello che sarebbe domani sera il Maradona se, dopo aver fatto gol al Real, con la mascherina in mano corri urlando sotto la curva, di nuovo pazzo di felicità e rabbia partenopee. Riprenditi tutta quella passione azzurra che hanno fatto di tutto per smorzare. Nun te piglia’ collera, tieni sempre a mente che «’a cazzimma ce fa fa’ tutto quello che ci va». E riprendi a godere appieno della gioia che ti può dare solo la consapevolezza di essere l’amatissima punta di diamante della squadra più discriminata d’Italia. Fallo per tutti noi: facc’ paria’.
P.S. – Potresti, per favore, spiegare nello spogliatoio che vincere due scudetti consecutivi sarebbe una impresa storica? Altro che appagamento, quello deve essere il vero grande obiettivo. Una cosa riuscita soltanto alle ‘strisciate’, che sono le icone più rappresentative della discriminazione che ti irrita e che vogliamo combattere.
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