Guido Clemente di San Luca a TN: "Ecco perchè i tifosi sono in crisi"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha provato a spiegare il malumore di una parte dei tifosi in questa calda estate.
"Il silenzio del mare incontaminato aiuta a farsi domande che la frenesia del tran tran quotidiano impedisce di porsi. Ed io m’interrogo: «Ma noi perché facciamo il tifo? E perché lo facciamo per il Napoli?». Non ho la necessaria expertise sociologica e antropologica, né è questa la sede, per affrontare il tema seriamente in termini generali. Mi limito a poche parole.
Secondo il vocabolario Treccani, tifare significa «parteggiare con accesa passione per una squadra sportiva». La definizione, corretta ma asettica, non restituisce appieno quello che prova un tifoso. Naturalmente l’intensità del tifo varia sensibilmente da persona a persona. Ma l’essenza della sua spiegazione resta la medesima. Quella cosa particolarissima e difficilmente spiegabile che la nostra lingua esprime sottraendo una t e sostituendo una i con una ì alla parola italiana: ‘a malatìa!
Insomma, ‘o tifoso è malat’. E quello azzurro in maniera speciale, perché (più o meno consapevolmente) vede nella sua squadra la rappresentazione di spirito, radici, storia e cultura della propria terra, e sente la competizione col resto del mondo come una maniera, se non proprio di affermarli, almeno di testimoniarli (a quanto si racconta, Benedetto Croce avrebbe detto: «Non m’intendo di calcio, ma quando il Napoli perde è una brutta domenica»).
Dries-Ciro Mertens lo ha fatto capire con semplicità pubblicando il video di saluto [nemmeno un cenno merita chi ne critica l’autenticità definendolo, sprezzante, come un «messaggio studiato nei dettagli (bianco e nero, il figlio in braccio)»]. Chest’è! Qualcuno mi ha criticato per essermi detto convinto che il suo amore per Napoli gli avrebbe suggerito di evitare polemiche. È stata invocata una conferenza stampa in cui far venire fuori la verità! Non l’ha fatta. Ha voluto solo salutare, e l’ha fatto nel modo più dolce ed intenso possibile, con l’antica eleganza dell’aristocrazia partenopea.
Io non frequento social. Mi riferiscono però di un gran fermento. Ho ricevuto una cosa di Facebook (non so come si definisce, forse una chat) in cui Anna Trieste dà il via scrivendo «Se non hai pianto guardando il video di Mertens sei morto dentro». E giù una lunga teoria di manifestazioni condividenti. La stragrande maggioranza dei tifosi azzurri si sente rappresentata dal belga napoletano, e non da chi esprime la negazione della nostra essenza. Vive perciò una enorme contraddizione interiore, che è quella della città. E – pur nella piena consapevolezza della pochezza di questo mondo finto ed immorale – considera quali comportamenti virtuosi quelli di Insigne, Koulibaly e Mertens. Per un fatto assai banale: hanno dimostrato la differenza fra ‘sentire’ l’azzurro ed esibire atteggiamenti odiosi ed irritanti, che si sforzano senza successo di dare un’immagine di sé che non corrisponde a quella reale. Non è possibile maneggiare questa materia senza tenere ben presenti i sentimenti.
Ecco, dunque, il dilemma atroce. Cosa deve vincere, la malatìa o il disprezzo? Se pure si finisca per abbonarsi lo stesso, per noi sarà un anno traumatico. Perché v’è una frattura ormai difficilmente sanabile fra dirigenza e guida tecnica, da un lato, e popolo azzurro, dall’altro. Sono infatti in discussione il senso e l’essenza del nostro tifo".
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