Guido Clemente di San Luca a TN - Il monito per il 2022: "Napoli, non ti disunire!"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni sull'anno appena trascorso e su quello che verrà.

04.01.2022 14:00 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN - Il monito per il 2022: "Napoli, non ti disunire!"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni sull'anno appena trascorso e su quello che verrà.

"Non ti disunire!". Il motto centrale del film di Sorrentino è la più giusta esortazione ed il miglior auspicio per gli azzurri in vista dell’anno che comincia. Facendo un bilancio del 2021 nel prisma degli ultimi tre lustri, però, dovremmo purtroppo usare il condizionale. Vediamo perché.

A gennaio 2021, in piena pandemia (sulla quale tornerò brevemente), la squadra era in crisi, decimata dagli infortuni, col mister convalescente e il presidente sempre più in preda al suo capriccioso narcisismo. In modo del tutto coerente con le prerogative del ruolo, ma altrettanto del tutto improvvido, prese a delegittimare il tecnico. Commise un evidente errore, come spesso gli è accaduto quando ha lasciato che su quella razionale prevalesse la componente ‘piaciona’ del suo essere.

La squadra era compatta col mister. Se ne accorse per tempo, e tacque. Così dovette ammirarla protagonista di un girone di ritorno strepitoso. Il che, da un lato, coincideva con l’interesse suo e della società: conquistare la partecipazione alla Champions. Ma, dall’altro, lo costringeva ad ammettere di aver sbagliato dopo Verona-Napoli. Un’intima contraddizione, che risolse nel modo peggiore. Lasciò che alla fine prevalesse il suo vanitoso egocentrismo, destabilizzando la psicologia della squadra proprio sul traguardo.

I bilanci hanno senso se costituiscono base fruttifera per le prospettive future. Siccome la tendenza a farsi dominare dalla vanagloria, è connotazione ricorrente degli ultimi 15 anni (durante i quali – occorre però dire – vanno riconosciuti meriti obiettivi ed indiscutibili), ebbene bisogna sperare che ADL non ricada nella consueta tentazione. Tuttavia, purtroppo, sembrano rinvenirsi tracce non insignificanti di segno contrario. Alcuni episodi invero paiono indicare, e fanno temere, che stia per cascare di nuovo nel medesimo errore. La vicenda del capitano, quella di Ciro/DM, quella di Manolas. Senza trascurare i troppi casi di Covid, la coppa d’Africa, le non controllabili esuberanze giovanili di Osimhen.

Certo, con la notevole differenza che Spalletti è assai più ‘scafato’, avendo dato prova, nelle esperienze passate, di saper stare dalla parte del datore di lavoro. Ma è proprio questo il punto: riuscirà il mister nella complicatissima opera di ottenere insieme, per un verso, che la squadra resti compatta sull’obiettivo di vincere, e, per l’altro, che il presidente eviti di assumere nuovamente decisioni non opportunamente meditate?

Ovviamente per noi tifosi autentici c’è poco da fare. Possiamo solo augurarci che tutto vada per il meglio, e che si ritrovi il kairos che manca da troppo. Ci sarebbero infatti margini tali da permettere di lottare per lo scudetto. Tutto ok. Ma non si finga. Non ci raccontino cose ingannevoli. Già s’intravedono, e preoccupano, truppe vassalle che dispiegano le forze in aiuto di ADL, richiamando la necessità di una doverosa rifondazione tecnica col malcelato intento di oscurare il disegno: liberarsi dei simboli, dopo averli subdolamente depotenziati della forza emotiva.

Si può ancora vincere, ma a patto di non disunirsi. Se è vero che – come si è letto – stiano crescendo incomprensioni fra l’allenatore ed alcuni giocatori importanti, che ciò venga smentito! Che si dichiari sin d’ora se, ancora una volta, basta che si arrivi alla Champions, e dunque s’intende perdere l’occasione di battersi fino in fondo per il titolo. Così ci mettiamo l’anima in pace, senza continuare ad illuderci inutilmente. Sarebbe auspicabile che il presidente rinunciasse al ‘piacionismo’, mostrando con chiarezza che vuole veramente vincere. Che si prodighi nel rasserenare. Che trovi le giuste soluzioni con Insigne e Mertens. Che superi le intransigenze controproducenti. 

Poche parole sulle vicende della pandemia. Perché interagisce significativamente sul campionato. Ma soprattutto perché il racconto mediatico dei due fenomeni presenta notevoli similitudini. Il modo in cui si continua ad informare sulla questione è assai discutibile. Vengono rappresentati in via del tutto prevalente gli estremismi radicali, da una parte e dall’altra. Ciò appare scorretto e deprecabile. In particolare, per la sicumera che manifestano nel linguaggio adoperato, andrebbero censurati molti degli ‘esperti’ divenuti personaggi. Sovente enunciano come verità assolute ed incontrovertibili assunti che in breve vengono clamorosamente smentiti da dati e studi ulteriori.

Fra le tante contraddizioni si rivelano specialmente eclatanti quelle mostrate dai calciatori: vaccinati, e super-controllati, risultano positivi dopo aver già contratto il virus; talora diventano negativi dopo pochissimi giorni; talaltra tornano poi positivi dopo solo qualche ora. Così facendo si spiega (e si alimenta) la sfiducia popolare nella scienza. Del resto, è ben noto che l’esprimersi in maniera assertiva ed apodittica costituisce l’esatto contrario dell’operare scientifico. Ancor più censurabili appaiono i giornalisti impegnati sul tema, i quali, per lo più, anziché informare con sobrietà ed equidistanza, esibiscono una palese militanza di parte, quasi fossero tifosi.

Ancora una volta bisogna sforzarsi di non portare il cervello all’ammasso, e provare a fare un po’ d’ordine. Anzitutto, sulle questioni concernenti qualsiasi disciplina scientifica (dalla matematica alla fisica, dalla biologia alla medicina, dall’economia al diritto, ecc.), non ci si può esprimere con cognizione di causa senza avere alle spalle una formazione specialistica: unicuique suum! Inoltre – visto che in questo caso si tratta della medicina, le cui progressive scoperte devono poi tradursi in decisioni politiche e regolazioni giuridiche al servizio della salute pubblica – è disdicevole, e preoccupa, l’uso della scienza come arma politica.

In democrazia la scienza non si sottrae alla garanzia di pluralismo. Le conclusioni cui si perviene sono costantemente sfidabili e soggette a dimostrazioni che falsifichino le ‘verità’ pregresse. E quindi, per definizione, mai sono definitive ed oggettive. È del tutto improprio l’uso, ormai diffusissimo, del termine «comunità scientifica» come ad intendere un soggetto collettivo. La comunità scientifica è un ambiente, un ambito. Non un soggetto. E chiunque parli a suo nome lo fa arbitrariamente. Sono parte delle varie comunità scientifiche (e non stanno fuori di esse) anche le minoranze dissenzienti. Pertanto un’informazione resa correttamente – piuttosto che dar spazio a folkloristici leader no-vax (la cui esibizione, peraltro, mostra da sé tutta la povertà argomentativa) –, accanto alle posizioni scientifiche mainstream, dovrebbe rappresentare anche quelle non allineate.

Chiunque abitualmente osservi le modalità con cui viene resa l’informazione mediatica sul pallone, percepisce nitidamente la similitudine. Soprattutto laddove si discuta delle regole e del modo in cui gli arbitri dovrebbero assicurarne il rispetto. La fiducia nelle istituzioni progressivamente scema se si vede che le affermazioni rese nei media non corrispondono al vero della realtà dei fatti. Perciò non ci si dovrebbe meravigliare dell’atteggiamento perplesso e diffidente di tante persone.

Si può fondatamente prevedere che nel 2022 le cose cambino? Certo, la speranza è l’ultima a morire. L’augurio, dal sapore amaro, è di riuscire a superare il non infondato scetticismo.