Guido Clemente di San Luca a TN: "Rizzoli e le giustificazioni sugli errori arbitrali a Sky"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha analizzato per Tuttonapoli il momento della squadra azzurra.

05.11.2020 15:40 di Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN: "Rizzoli e le giustificazioni sugli errori arbitrali a Sky"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha analizzato per Tuttonapoli il momento della squadra azzurra.

Due spunti di riflessione dopo Napoli-Sassuolo e prima del Rijeka.

1) Ho letto troppi commenti negativi, dettati unicamente dal risultato. Secondo me, per ciò, fuori strada. Il catastrofismo è dovuto a due possibili cause: o un pregiudizio negativo su Gattuso, oppure la mortificazione del desiderio, generato da ‘entusiasmo giovanile’, di rivedere sempre la partita con l’Atalanta. Se il Napoli avesse vinto (come avrebbe dovuto in base ai dati ‘scientifici della classifica degli “expected goals”), si sarebbe letto più o meno così: «Straordinaria prova di maturità», «Dimostrazione significativa di saggezza e versatilità tattiche», «Il Napoli conferma di essere diventato una grande squadra». Guardando la partita, dopo un paio di minuti, ho detto ai miei fratelli (ancor prima che si lamentassero per la scarsa aggressività degli azzurri): «Gattuso ha capito perfettamente come giocare col Sassuolo!».

Ci vorrebbe un po’ più di prudenza e di equilibrio nel giudizio. Sì, i centrocampisti sono lenti. Ruiz soprattutto, che è strepitoso solo se è in giornata di grazia. Sì, avendo dimostrato di esser forte, le squadre avversarie si chiudono. Sì, stanno studiando bene il Napoli e stanno capendo come togliergli la profondità. E allora? Diversamente da quanto si vuol far credere, il calcio - che è efficacissima metafora della vita - non è affatto un gioco elementare. È soggetto a tante variabili complesse. Tu puoi studiarne tante, anche tutte, e prevedere come affrontarle di volta in volta. Ma poi bisogna fare goal e non prenderne. E perché ciò accada, oltre a tutto ciò che puoi preparare (condizione atletica, convinzione psicologica, determinazione, idee di gioco, schemi per i calci da fermo, ecc.), occorre quel che a Napoli chiamiamo ‘ciorta’. Il ‘Kairos’, il tempo giusto.

La partita era stata ben preparata. Se giochi il 4-2-3-1, i due in mezzo devono mantenere l’equilibrio, ed è nel conto che questo li rallenta. Il Sassuolo ha vinto per episodi. Nel primo tempo il Napoli ha dominato la partita: ha avuto 4-5 palle gol, gli altri solo una. Contro una squadra che ha gran palleggio non è sbagliato giocarla così. Se solo Osimhen l’avesse buttata dentro, sarebbe cambiata la partita.

Diversamente dall’opinione dei più, sin dall’inizio dissi che Gattuso avrebbe sorpreso, che non era affatto un ‘catenacciaro’, che avrebbe mostrato una non comune intelligenza. Il che significa capacità di capire: capire gli altri, capire i tuoi, capire le circostanze, scegliere come adattarsi ad esse nella maniera più produttiva. Dopo di che? dopo di che c’è la vita, c’è il Kairos. E se trovi pure quello è capace che…

2) E poi, oltre alla ‘ciorta’, c’è un’altra variabile indipendente dal tuo lavoro e dal tuo impegno: ci vuole l’uguale rispetto delle regole. Forse ci sarebbe stato rigore anche per noi, ma ancora una volta il Var è stato usato in modo arbitrario. Il rigore per il Sassuolo era netto, e indiscutibile. Non si capisce però perché il Var non abbia funzionato su Osimhen. Né si spiega la superficialità e sbrigatività dei commenti televisivi e la sconcertante povertà di immagini mostrate. Dai video che son riuscito a rinvenire in rete, mi è parso che Osimhen fosse in area quando la trattenuta era ancora in atto. Siamo dunque venuti al secondo spunto.

Domenica sera, nel Club di Sky, abbiamo assistito ad una insopportabile legittimazione dell’ingiustificabile. Caressa e i suoi davanti a Rizzoli proni come feudatari vassalli dinanzi al sovrano. Il quale si vuole far apparire, per conveniente sudditanza, aperto, illuminato e persino democratico. Un’inaccetabile ipocrisia. Tanto inaccettabile quanto goffa. Rizzoli afferma di «apprezzare i toni di Marotta», come fosse il re che graziosamente consente l’interlocuzione dei sudditi. A patto ovviamente che questi non osino incorrere in lesa maestà.

Con calma indisponente il designatore ha ammesso - bontà sua - che «c’è stato qualche errore evidente» e che «Il VAR doveva intervenire, essendoci una situazione oggettiva». Poi ha aggiunto - con una mera petizione di principio - che «Arbitri e VAR vogliono sempre prendere la decisione corretta, non c’è presunzione». Infine - sollecitato da Piccinini, l’unico in studio a palesare timidamente un pensiero critico (ma è evidente che la sua libertà di manifestazione del pensiero è compressa dall’aver da poco recuperato uno spazio, e che è in atteggiamento di garbo eccessivo, al limite della sottomissione) - ha affermato che «Quattro o cinque on-field-review in una partita non penalizzerebbero il punteggio dell’arbitro: non andare a rivedere gli errori ed eventualmente non correggerli inciderebbe molto di più».

E quindi? Che il Var debba intervenire lo sappiamo. Conosciamo Regolamento e Protocollo. Mentre, però, l’errore dell’arbitro è fisiologico, quello del Var no. I suoi margini di errore sono minimi, perché ad esso non spetta interpretare la fattispecie concreta, ma solo tempestivamente segnalare all’arbitro un’eventuale svista. L’interpretazione tocca comunque all’arbitro dopo aver rivisto. E se ne deve assumere la responsabilità.

A smentire l’autenticità del pensiero di Rizzoli, sta la imbarazzante giustificazione degli errori: «ci sono i criteri per poter intervenire col VAR. A volte l’atteggiamento degli attaccanti e le proteste bloccano il canale comunicativo con l’addetto alla tecnologia»; e poi, «a volte, chi sta al VAR vede altre immagini. E cercare il dettaglio ti fa perdere il contesto». Veramente intollerabile. E clamorosamente subito smentito, il giorno dopo, in Verona-Benevento.

Il provvedimento del GIP di Roma di ieri sulla nostra querela è molto importante (a prescindere, ovviamente, da come finirà la vicenda processuale). Non per quanto si osserva sui fatti della vicenda. Ma perché conferma che il problema dell’affrancarsi del calcio dai principi dello Stato di diritto esiste, non può essere sottovalutato, e l’affrontarlo seriamente è esigenza improcrastinabile.

Gli arbitri non sono detentori di potere giurisdizionale (men che meno di quello normativo), perché non devono risolvere controversie, ma vigilare sul rispetto delle regole garantendo la loro corretta applicazione. È sbagliato assimilarli ai giudici. Piuttosto possono paragonarsi ai vigili urbani. Come questi devono dirigere il traffico secondo le norme del codice della strada, assicurandone il rispetto, così l’arbitro deve dirigere la partita. Con l’imparzialità tipica della P.A., però, e non con quella del giudice. L’arbitro non deve ‘iuris dicere’, ma ‘amministrare’ lo svolgimento della gara.

Per stasera, confidiamo con passione. Per il resto, non dobbiamo smettere di sottolineare il vero e proprio ‘abuso descrittivo’ degli spazi di interpretazione delle norme. Quando il fatto è insuscettibile di interpretazione, arbitri e giornalisti pronubi non possono invocare discrezionalità. Si tratta di meri accertamenti, rispetto ai quali è assai difficile ammettere errori scusabili.