Da 0 a 10: il terrificante allarme di Conte, l’equivoco da 60 mln, la caccia ai ‘sordi’ che ignorano Antonio e quella ridicola tentazione
Zero a un primo tempo che è un esperimento sociale sulla pazienza umana. Nemmeno nei monologhi di Celentano in TV si erano visti così tanti tempi morti, un planare inesorabilmente sul divano, lasciandosi vincere dalla sonnolenza post digestione. L'unico sussulto è stato il suono del citofono, che pensavi fossero i parenti a farti vedere il filmino delle loro vacanze e invece, grazie a Dio, era il corriere di Amazon.
Uno come l’unica partita in cui Politano non è partito da titolare. Strapazzato, come chi ha dato tutto e ogni tanto dovrebbe fare posto, viene nuovamente confermato titolare. E la poca lucidità è tutta lì, tutta da vedere. La vita è come una lavatrice: ti sbatte, ti strizza, ma alla fine ti asciuga. Ma per asciugare, devi riposarti un pochino al sole.
Due settimane di seria e profonda analisi interiore. In primis di Conte, che deve capire che fine ha fatto il suo Napoli ma, prima di tutto, qual è la sua idea di Napoli in questa stagione. Quali sono i principi di gioco? L’attacco come vuole svilupparsi in assenza di Lukaku e De Bruyne? Qui c’è da reagire, da proporre alternative agli imprevisti. “La vita è per il 10 cosa ti accade e per il 90 come reagisci”. E il pallone è come la vita.
Tre piccole sbavature ed ecco il gol del Bologna: Di Lorenzo non tiene Cambiaghi, Rrahmani è in ritardo e Milinkovic non copre alla perfezione il suo palo. Qui non si può parlare di singoli, di prestazioni individuali, di errori personali: è il sistema che in questo momento è in discussione. La capacità di questo gruppo di fornire prestazioni degne delle aspettative. Cosa sta mancando? Tutto ciò che serve a una squadra per essere tale.
Quattro partite ed un solo gol, su azione nata su calcio piazzato. L’emorragia offensiva è sotto agli occhi di tutti, e l’assenza di De Bruyne può essere una causa ma non di certo l’alibi che scagiona tutti. Il Napoli s’affaccia nella trequarti avversaria con pochi uomini, è timido come chi ha 20 euro in tasca e sbircia i prezzi di un ristorante Michelin. Dov’è quella voglia, quella fame, quell’indomabile istinto di scrivere il proprio destino e non subirlo passivamente?
Cinque sconfitte in stagione. Già cinque sconfitte, al 9 novembre. Solidità, questa sconosciuta. Quello che era un mantra della passata stagione, un dato che sembrava acquisito, un assioma tra le regole che governavano il nostro calcio. Tutto sembra vacillare dinanzi a queste continue sbandate, tutte fuori dal Maradona, con un ruolino di marcia imbarazzante: cinque sconfitte in otto gare in trasferta tra Italia ed Europa.
Sei-zero come i sessanta milioni di esterni di ruolo in panchina. A volte bisognerebbe ristabilire la semplicità, fare un passo indietro verso la natura primordiale delle cose. Il Napoli ha in rosa David Neres, pagato 30 milioni, ed ha speso in estate più o meno la stessa cifra per prendere Noa Lang. Non giocano praticamente mai, anche quando ci sarebbero tutte le condizioni per farlo. Elmas è adattato su quella corsia, e può far pure bene, ma il punto è un altro: Conte si fida degli uomini che ha a disposizione? La risposta, leggendo le scelte fatte fino a qui, è abbastanza scontata.
Sette minuti e Skorupski alza bandiera bianca per un problema muscolare. Giusto il tempo di qualche selfie da mandare ai parenti, e in porta del Bologna ci va il giovanissimo Massimo Pessina, arrabbiatissimo con i calciatori del Napoli che non l’hanno mai fatto entrare nelle riprese in tv. Sì, perchè di fatto il portiere bolognese non è mai stato impegnato dagli azzurri nei restanti 83 minuti, più recupero, giocati. Ai limiti del mobbing.
Otto alla sosta, una pausa di riflessione quanto mai opportuna. Servirà, prima di tutto, ad Antonio Conte, che mette in discussione la sua stessa capacità di farsi seguire dal gruppo. “Non sto facendo un buon lavoro o qualcuno non vuole sentire” dice dopo Bologna, lasciando intendere (nuovamente) che qualcuno all’interno dello spogliatoio non va nella strada da lui indicata. Sarà necessario ricompattare l’Universo Napoli, non a caso la parola universo deriva dal latino uni versus, ovvero "tutto volto in un'unica direzione”.
Nove acquisti e Conte che dice parlando della voglia dei calciatori: “Trapianti di cuore non si possono fare”. Ora, se quelli dello scorso anno l’hanno portato allo scudetto, appare chiaro che i destinatari della frase siano i nuovi. Cosa vede Conte che non gli va giù? Da settimane ripete ossessivamente che ‘sarà una stagione complicata’ e le complicazioni sono puntualmente arrivate. “Non possiamo prevenire ciò che non possiamo predire”, ma qui era già stato predetto tutto e non si è fatto niente per arginare la situazione. Tutti responsabili.
Dieci come il decimo posto dopo lo scudetto di Spalletti. Conte tira fuori l’asso nella manica, l’alibi sempre pronto, per ricordarci che a Napoli non sappiamo gestire la vittoria e che, quindi, queste difficoltà sarebbero giustificate. Peccato che post scudetto, quel Napoli, aveva ceduto il suo difensore più forte (Kim), ed acquistato gente di poca rilevanza, non aveva certo speso una marea di milioni per gente confinata in panchina dopo poche uscite (Che fine ha fatto Beukema?). Mister no, il paragone non regge. E poi la missione del tecnico più pagato della Serie A era proprio questa: rendere la vittoria un’abitudine. Lo dichiarò nella primissima conferenza stampa.
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