Da Zero a Dieci: il nuovo disastro di DAZN, l’ultima invenzione di ADL, i cronisti furiosi (e felici) con Ancelotti ed il viagra naturale di Rog

24.09.2018 08:29 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: il nuovo disastro di DAZN, l’ultima invenzione di ADL, i cronisti furiosi (e felici) con Ancelotti ed il viagra naturale di Rog
TuttoNapoli.net
© foto di www.imagephotoagency.it

(di Arturo Minervini) - Zero all’inadeguatezza di DAZN. Un parto prematuro di un futuro che non si è ancora palesato nel paese italico. Cose che noi umani nemmeno potevamo immaginare e nemmeno avremmo voluto farlo. Ritardi, blocchi, invocazioni in ordine alfabetico di divinità conosciute solo nell’antico Egitto. Sul 2-1 arriva un urlo in lontananza, facendomi sobbalzare. Il Napoli è in mediana, dentro covo un sospetto. Passano secondi infiniti, penso sarà disperato perché si è bruciato il ragù. Poi, invece, accade quello che uccide la magia del calcio: palo di Callejon, gol di Lorenzo. Erano passati più secondi di quelli impiegati da Michael Johnson per vincere l’oro ad Atlanta nel 1996 nei 400 metri. È la morte del calcio. È il fallimento della tecnologia. BASTA.

Uno come la prima presenza da titolare di Rog che non partiva titolare dal 1’ in campionato dal 12 marzo del 2017 nella sfida al San Paolo contro il Crotone. Un premio alla costanza, alla voglia, alla cattiveria sempre mostrata nei pochi ritagli di gara che gli sono stati concessi. Rog che lotta corpo a corpo e non cade, anzi fa cadere chi vuole buttarlo a terra, ha effetti vasodilatatori che nemmeno il Viagra Naturale che coltivano nelle lande desolate della Sicilia sotto forma di peperoncino. Marko è un patrimonio da valorizzare, un universo ancora tutto da scoprire. Ogni grande viaggio inizia da un piccolo passo. Proprio come quello di Torino.

Due alle visioni in cronaca di Marcolin, che riesce dopo un dominio assoluto del Napoli ad esaltare Rincon e paragonare Meitè dicendo di aver rivisto il primo Pogba. In una gara che aveva visto la mediana del Torino spiaccicata al muro che nemmeno una zanzara nel caldo d’agosto, ci vuole un grande coraggio. Apprezziamo solo quello.

Tre sorprese nell’undici titolare a spazzare via ogni previsione e mandare ai matti tutti i cronisti che avevano ipotizzato una formazione alla vigilia. È la rivoluzione di Ancelotti che prende sostanza, l’imprevedibilità che si sostanzia in scelte costanti, una flessibilità che piace, senza che questo debba necessariamente diventare un metro di paragone con il predecessore. È un Napoli totale. Con Rog, Verdi e persino Maksimovic invece che Mario Rui a gara in corso. È un Napoli con Insigne che fa il leader, che segna come non mai. È un Napoli che dalla panchina fa uscire le ruote motrici di Allan e Zielinski. Che può azzardare Luperto. Che ritrova la genialità di Mertens. È un Napoli che può solo crescere. 

Quattro vittorie su cinque contro avversari sempre tosti. Una sensazione di solidità crescente, come un sole che sorge e diventa fonte di calore e certezza assoluta nei giorni. La notte è meno buia di quello che alcuni volevano far credere, il domani è meno incerto ed il passato è un punto di partenza, non il crepuscolo delle ambizioni di questa squadra. Esiste coesione anche tra tecnico e patron, con De Laurentiis ancora presente sugli spalti (non a Bari, dove qualcuno lo ha geolocalizzato facendo pensare avesse inventato il teletrasporto). Che ha fame, talento, potenziale per far pentire i catastrofisti e crocifiggerli in sala mensa come Fantozzi.

Cinque punti di vantaggio sull’Inter, sette su Roma e Milan. Fatti e non parole, proiezioni imbarazzanti a dispetto di previsioni che ora fanno già arrossire qualche sapientone che deve sempre proteggere alcune bandiere. Il Napoli c’è, urla, rivendica la propria forza ed il proprio ruolo dentro questo campionato. Un ruolo che era stato svenduto, svilito, mortificato da griglie che non avevano ragioni d’esistere. “Studia il passato se vuoi prevedere il futuro” diceva Confucio. ma qualcuno evidentemente aveva saltato gli ultimi dodici mesi di campionato. Con-FUSI.

Sei giorni ed una partita da giocare prima della sfida alla Juve. Una capolista che viaggia a punteggio pieno pur arrancando sul campo dell’imbarazzante Frosinone. Spinte del destino (spesso non solo di quello) che alla fine fanno la differenza. Il Napoli resta in scia, con il cuore leggero ed una valigia ricca di sogni da portare sabato allo Stadium. Lì, dove ancora echeggia il boato per quella notte magica, resa vana dall’ennesima vergogna italiana (per info chiedere ad Orsato).

Sette a questa qualità a tratti straripante dalla cintola in sù. Vestito elegante e raffinato, interpreti leggeri e soavi che si poggiano come carezze dentro una mattinata lunga che diventa aperitivo sublime della domenica. “È stato il più gran divertimento che abbia mai avuto senza ridere” diceva un memorabile Woody Allen in ‘Io e Annie’ parlando di sesso. Ecco, a Torino dei tratti di sublimazione erotica hanno investito lo spettatore, per i tocchi di prima di Mertens, i tagli di Verdi, il cinismo di Insigne e quell’intelligenza di Callejon che lo rende più affascinante del Professore de ‘La casa di Carta’. 

Otto all’urlo furioso di uno che non si chiama Orlando ma Simone. Dopo le amarezze di questa prima parte di stagione, si palesa come un autunno posticipato il talento del classe ’92 che agisce coma una pialla sul legno sulle velleità del Torino. “Che cos’è la destra, cos’e la sinistra" cantava un pionieristico Gaber ed il motivetto lo si potrebbe appiccare al buon Simone, che usa i due piedi con la stessa efficacia e parla una lingua universale che diventa di immediata comprensione per Mertens ed Insigne. Sembra non abbiano fatto nient’altro nella vita che giocare insieme quei tre, interscambiabili nei movimenti, nelle idee, nelle giocate ed anche nei ruoli. Potenzialmente un’arma di distruzione di massa in combinata. Serve, però, l’ultimo passo: la fase di non possesso.

Nove a quello che sta diventando il vero bomber di questo Napoli. Il tassametro di Insigne corre già a 4 in campionato, tutti pesanti, tutti decisivi. La grazia del gol che si poggia sulla maglia numero 24, la rete che ti cerca e non il contrario. È un dono che si cala dall’alto, una concessione delle divinità del calcio che appartiene a pochi. Si sta creando un feeling particolare tra Lorenzo e la porta, vibrazioni terrene che lo investono quando c’è da gonfiare la rete, come un rabdomante che sente l’acqua in profondità. Un’ascesa prepotente nelle gerarchie da leader di questo Napoli, una candidatura ormai pesantissima dopo il vuoto lasciato da Reina. Capitano senza fascia che, come ne ‘Il giorno prima della Felicità’, avverte nell'animo che esistono le condizioni per una rivoluzione. E le rivoluzioni non si dicono. Non si raccontano. Le rivoluzioni si fanno. Con i fatti. E lui sembra sapere perfettamente come agire. 
 

Dieci alla stordente prima mezz’ora azzurra. Un pugno nello stomaco, come l’amore, le farfalle che svolazzano. Il Napoli di Ancelotti sorge inatteso, mischiato agli sbadigli che accompagnano una domenica mattina. È un colpo di fulmine quando meno te lo aspetti, forse per questo ancor più folgorante. Ancelotti veleggia in questo caos calmo che nemmeno Nanni Moretti, si diverte a cambiare le carte e disegnare su carta i vari profili di una creatura che lo affascina. Alla prima triangolazione esplode qualcosa nel cuore, un ricordo che avevi provato a rimuovere come in “Eternal sunshine of the spotless mind” (volgarmente tradotto ‘Se mi lasci ti cancello'.) C’è però una differenza di concetto in questo calcio ed in quello del passato. Una verticalità che diventa priorità, un possesso palla che non è più ossessione. In ogni caso, ne vedremo ancora delle belle.