La terribile infanzia, il doppio crociato e la rinascita: Milik e quella parola fuori dal vocabolario

28.02.2020 10:20 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
La terribile infanzia, il doppio crociato e la rinascita: Milik e quella parola fuori dal vocabolario

(di Arturo Minervini) - “Ero in un brutto momento. Fumavo sigarette e rubavo piccole cose dai negozi. Fortunatamente Moki è entrato nella mia vita e mi ha salvato”. Parole, senza musica, di Arek Milik, che racconta un’infanzia complessa, fatta del dolore, quello vero, della perdita di un padre quando ancora i bambini avrebbero bisogno di essere guidati per mano. C’è il rischio concreto di perdersi, di entrare in certi giri che stavano attraendo quel giovane ragazzino con la passione per il pallone, ma con abitudini che non lo avrebbero portato da nessuna parte. Poi, qualcosa cambia. Il merito è tutto di Moki, soprannome di Slawek Mogilan, il suo primo allenatore nella giovanile del Katowice. Uno di quei personaggi che non vedi mai in prima pagina, ma che nel calcio hanno salvato le vite di tanti ragazzi.Grazie a ‘Moki’, Arek si innamora del calcio ed inizia a versare ogni energia per raggiungere quello che diventa il suo sogno. 

Fatalismo. La storia di Arek Milik è in preda alla longa manus del destino, accompagnato però da una volontà ferrea che lo ha accompagnato nel momento del riscatto. Una rinascita come uomo e come calciatore che passa per la Bundesliga prima e dall’Olanda poi con i 47 gol segnati in 76 partite prima della grande chiamata del Napoli. Tutto sembrava finalmente perfetto per Arek, la sofferenza del passato un ricordo sbiadito. I sogni sono strani, devi sempre tenerli stretti, perché rischiano di scappare via quando meno te lo aspetti. 

Deve essere pesante il mondo che ti crolla addosso. Non una sola volta, dopo che hai già affrontato un percorso fatto di fatica e sudore. Non quando hai dovuto combattere l’idea che magari non saresti tornato più quello di prima. Il mondo da calciatore di Arek Milik è crollato due volte in pochi mesi, imploso al punto di inghiottire tutti i sogni di un ragazzo che a 22 anni era pronto al grande salto di qualità. Dal basso, però, tutto assume un sapore diverso. Si apprezzano meglio i piccoli progressi, si assapora a pieni polmoni l’odore della rivincita. Ci sono i tratti romanzati dell’eroe caduto nella storia del polacco, la determinazione di un ragazzo che voleva solo tornare a fare quello che ha sempre fatto: rincorrere quell’attimo eterno, dove tutto si ferma, dove il tempo smette di correre in avanti per una piccola frazione. Urlare, a squarciagola, dopo un gol. Senza lasciare più spazio ai cattivi pensieri. Oggi il numero 99 compie 26 anni, già soltanto 26. Buon compleanno Arek, una tua esultanza varrà sempre un pochino in più delle altre per il grande pegno che hai dovuto pagare ad un fato che troppe volte ti ha messo alla prova.

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