Ma la Uefa si è accorta che l'Europa sta andando dalla parte opposta?

Il Coronavirus non è l'influenza che passa col brodino, ha messo in ginocchio l'Europa dopo aver cominciato dalla Cina, si sta espandendo, il virus, a macchia d'olio, dall'Italia è arrivato ovunque, ora tocca - purtroppo - anche alla Spagna e alla Francia. L'emergenza coincide col ritorno delle coppe. Le squadre viaggiano, si muovono, attraversano il continente aumentando il rischio di contagio.
In Italia il calcio è fermo, in Spagna si andrà avanti a porte chiuse a meno che non lo sospendano (com'è probabile), in Europa non si giocheranno alcune partite di Europa League come quelle di Inter e Roma. Impossibile far finta di nulla. Tutti si sono espressi ed esposti, c'è chi lo ha fatto con ritardo e chi da subito, provvidenzialmente, cercando di avvisare tutti gli altri. Ma il calcio va avanti, questa sera ci sarà "da divertirsi" osservando Liverpool-Atletico ma sarà un'ora e mezza di platonica serenità.
Al triplice fischio, tornerà lo sconforto. Il nostro. Di tutti. Bisognerebbe fermarsi, l'Europa sta andando altrove. Ma la Uefa non parla. Non prende provvedimenti. Non decide. Sono tutti in attesa di un cenno. Che qualcosa accada. Tra una settimana Barcellona-Napoli difficilmente si giocherà: come si potrebbe? Il rischio concreto è che in Spagna il virus abbia fatto ancora più danni. Perché funziona così: se non si interviene subito, lui corre più veloce dello sport. E inevitabilmente costringe a fermarlo. Sarebbe meglio intervenire prima. Ma è già tardi.
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