Calciopoli, tutte le telefonate: così Moggi gestiva il potere

Calciopoli, tutte le telefonate: così Moggi gestiva il potere
giovedì 26 aprile 2007, 15:00Notizie
di Francesco Caputo
fonte la repubblica/goal.com
Piccoli e grandi favori, spostamenti e scorte, biglietti e giocatori da piazzare o da strappare alla concorrenza.
Non si sono mai ascoltate le intercettazioni di Calciopoli dal vivo: voce e insulti dei protagonisti dei campionati degli ultimi dodici anni. Non si sono mai sentite le ormai leggendarie telefonate di Luciano Moggi, il dg della Juventus vincente del Duemila, l'uomo al centro dello scandalo calcistico del secolo. Repubblica, ottenuti i dischetti con le intercettazioni che lo scorso aprile hanno sconvolto il calcio, dischetti consegnati dalla magistratura a tutte le parti interessate e quindi legalmente riproducibili, ha ascoltato le prime 700 telefonate. Questo lungo ascolto - tolte le intercettazioni con insulti gratuiti, le bestemmie, i riferimenti sessuali, le allusioni da bar, le intercettazioni inutili o offensive - riproduce con fedeltà lo sporco campionato professionistico all'era di Moggi. Fa capire più dei processi sportivi e delle lunghe interviste: qui i toni, gli ammiccamenti, i sospiri aggiungono alla sostanza del caso - il tentativo di manovrare il campionato di calcio italiano - elementi a carico, non a discarico. Siamo nella stagione calcistica 2004-2005. Si ascolta, in questi file, Luciano Moggi direttore generale della Juventus parlare come fosse un presidente federale, senz'arroganza, consapevole del suo ruolo primario nel calcio. E poi dare indicazioni chiare ai designatori arbitrali, spiegare ai procuratori dei calciatori le strade meno battute e più rapide per portare alla Juve fuoriclasse, Cannavaro, Ibrahimovic. Si ascolta Luciano Moggi trattare "temi sensibili" - inchieste giudiziarie, promozioni di carriera - con pezzi importanti delle istituzioni garantendo come contropartita abbonamenti e poltroncine centrali al Delle Alpi, magliette di Del Piero, posti aereo per la trasferta di Champions League a Madrid. E poi riferire ad Antonio Giraudo, l'amministratore delegato.

Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, i designatori mossi con il filo da Moggi senior: ci sono anche loro. Si comprende cliccando su questi "file" come abbiano in odio Pierluigi Collina, l'arbitro che li oscura: quando gli devono affidare una partita importante la motivano con obblighi di norma. Fosse per loro, Collina farebbe l'anticipo di serie B ogni venerdì sera.

E poi si comprende, in maniera ancora più netta, che i due designatori si detestano reciprocamente. "Quello è pericoloso, uno scemo", dice Bergamo di Pairetto. "Quello è un matto", replica Pairetto a terzi. Difficile immaginare che per le sei stagioni in cui hanno governato - per volontà delle sette sorelle e per aiutare la grande madre Juve - si siano prodotte designazioni arbitrali credibili. Sono colloqui fatti di soprannomi tra persone che non si rispettano e che, se possono, si fregano: il numero uno, appunto, e poi Pinochet, Atalanta, il rospo, la combriccola romana, Zio Fester. I linguaggi, spesso, sono banalmente cifrati: c'è l'omino, ci sono "i personaggi" e poi "x e y". Molti degli intercettati temono le intercettazioni e, non a caso, per gestire le comunicazioni più delicate usano schede protette o rimandano i colloqui "a quando ci vediamo di persona". Istruttiva e didascalica è la consegna certosina dei regali ai ministri, ai giornalisti potenti. Moggi è un maestro nel dare istruzioni e indirizzi ai suoi portaborse ed è professore, appunto, nella consegna dei biglietti di tribuna: a finanzieri e uomini Digos, questori, dirigenti avversari, fratelli di calciatori. "Dagli la Tribuna Ovest, quello non conta", istruisce. Il giudice Calabrò? "Cinque di tribuna d'onore". Ci sono tante parolacce, in questi file, i giudici dell'Arbitrato ne sono rimasti scioccati. L'italiano è incerto, ridotto al minimo indispensabile.