Da Zero a Dieci: i due bocciati da Sarri, i minuti del terrore, la ridicola scusa del ‘quelli del web’ ed i razzisti che restano sempre razzisti

23.02.2018 11:13 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: i due bocciati da Sarri, i minuti del terrore, la ridicola scusa del ‘quelli del web’ ed i razzisti che restano sempre razzisti
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(di Arturo Minervini) - Zero minuti per Rog ed Ounas. Una cifra, ed una scelta, che diventa occasione per diverse considerazioni sulla gestione delle risorse e sulle valutazioni di Sarri delle stesse. A questo non ha ha nemmeno tanto senso parlare di cifre, di minutaggi, di rotazioni. Per l’ultima volta in stagione il tecnico ha ribadito che per lui esiste un gruppo di giocatori che possono fare la differenza rispetto ad altri, scavando un solco netto tra prime e seconde linea. Distanza che esiste, ma che andrebbe magari attenuata con cambi più strategici, contenuti a 2/3 che si alternano al gruppo dei titolarissimi. Sfumature che in questo momento ancora non appartengono al tecnico azzurro, che va avanti con le sue idee. Questa è anche la sua forza, speriamo non diventi un piccolo limite.

Uno a quelli che ‘Alla fine è sempre colpa del web’ come fosse l’Alfredo cantato da Vasco Rossi. Atteggiamento di superiorità che ha stancato, da parte di chi puntualmente si rifugia nella cattiva interpretazione delle testate online delle loro parole. Inchiodati da video che rievocano le loro nefaste profezie su Sarri, si arrampicano a questa storia che ormai sa di razzismo. La verità non è modificata dal come viene diffusa. Non esiste maggiore nobiltà a riversare notizie su carta stampata o sulle pareti di un display. Solo un paese antiquato come il nostro poteva partorire simile distinzione che sfocia quasi nella discriminazione. Il web ha dato memoria storica, ha permesso di fissare per sempre i vostri giudizi frettolosi, superbi, superficiali ed arroganti. Ogni volta che tornano indietro vi nascondete dalla vergogna. Ma non è certo colpa del web.

Due reti che raccontano tanto di questo Napoli. Pallone che si muove all’impazzata da destra a sinistra, schegge impazzite che sembrano elettroni che volteggiano attorno al pallone come fosse un atomo. C’è la totalità di un calcio avvolgente come una carezza, ammaliante come il canto di una sirena che ti pugnala dopo averti distratto con la sua soave leggerezza. Il Lipsia finisce nella morsa di questo ragno che tesse una tele di un azzurro limpido. Lasciate tracce di una bellezza a memoria futura anche in terra teutonica. “Il calcio bello esiste, ed ora c’ho le prove” recita su una targa affissa all’esterno della Red Bull Arena.

Tre giorni per cancellare ogni tipo di tossina ed affrontare la finale di Cagliari. Snodo cruciale per lo scudetto, contro una squadra che venderebbe l’anima al diavolo pur di togliere punti al Napoli. Atteggiamento che noi apprezziamo e che dovrebbe essere una regola, che in molti casi diventa però eccezione. Nella sua corsa il Napoli non riceve sconti, nessuna vetrina attaccherà l’etichetta ‘saldi’ quando arrivano gli azzurri. In terra sarda andrà in scena l’unico derby unilaterale della storia del calcio: loro sono convinti sia così. Solo loro però.

Quattro cambi rispetto alla Spal. Sarri cambia strategia in corsa, dopo il grande turnover della gara di andata punta al passaggio del turno andando a sacrificare energie importanti sul banchetto europeo. Si lascia il secondo palcoscenico internazionale della stagione con una leggera sensazione di incompiuto, quell’insoddisfazione tipica che nasce quando vedi un cornetto vuoto abbandonato su un bancone. Qualcosa è mancato, qualcosa non è stato dato totalmente. Prima in Champions, poi in Europa League. 

Cinque ad un Diawara ancora una volta molle come gli orologi di un quadro di Dalì. Persiste nella memoria il ricordo di un calciatore totalmente diverso, sfrontato al punto da ringhiare al Santiago Bernabeu sulle caviglie dei centrocampisti del Real Madrid. Soffre troppo il dualismo (che lo ha visto sconfitto) con Jorginho e sfrutta male le opportunità che gli sono state concesse. A vent’anni questo spirito arrendevole non è un buon segnale per Amadou. Alzati e cammina. 

Sei il numero di Mario Rui, novanta la paura mentre l’esterno si accascia al suolo mimando strani gesti di una possibile rottura. La maledizione della fascia mancina che terrorizza i tifosi del Napoli, proprio ora che l’ex Empoli rappresenta una garanzia. La mente dei pessimisti era già volata a Castel Volturno, dove Milic attendeva di firmare il suo contratto. Scenari devastanti, spazzati via poco dopo dalla sgroppata di Mario resosi conto che non era nulla di grave. “S'arrangiano i pezzenti, s'arrangiano i borghesi, s'arrangiano i marchesi cercann e faticà, ma ci sarà per Napoli un'altra via d'uscita, ma si può fà sta vita surtant pe campà…”. 

Sette reti in stagione per questo misterioso agglomerato di talento che ha lo sguardo di ghiaccio ed a Sarri ricorda uno bravino come De Bruyne. Fatto della stessa materia dei sogni, pare essere composto da una lega mai vista sulla terra. Centrocampista, fantasista, esterno di sinistra e poi a destra. La verità è che Piotr è un fenomeno vero, che è costruito per giocare a calcio e mostrarsi più bravo degli altri sul terreno di gioco. Quando cambia passo lascia tutti indietro, avversari che diventano minuscoli perdendosi all’orizzonte. Segna un gol ogni 246’ ma soprattutto rende palese al mondo che si è visto appena un briciolo dello sconfinato talento imprigionato in quello sguardo di ghiaccio. Zielinski è il calcio, è tutto quello che uno che vorrebbe giocare a calcio dovrebbe avere. Solo che lui ne ha ancora di più.

Otto al durissimo attacco via social di Batshuayi ai tifosi dell’Atalanta. Una figura di letale mondiale per il nostro calcio, che paga le cattive abitudini di una gestione folle. Comportamenti che vengono tollerati, che vengono reiterati, che vengono quasi giustificati da una parte dell’opinione pubblica quando si vomita odio su Napoli. Non esiste un razzismo di serie A ed uno di serie B. Esiste una stupidita ideologica, una povertà d’animo, una viltà dell’animo che porta certe bestie ad offendere persone che hanno diversa provenienza. L’Atalanta ha scritto una bella pagina in Europa, i suoi tifosi hanno aggiunto un altro capitolo ad un libro che andrebbe bruciato per la vergogna.

Nove al taglio da punta vera di Insigne nella meravigliosa azione della speranza azzurra. Mette lo zampino nel primo gol, firma il secondo a conferma che quando serve una prestazione di carattere lui risponde sempre presente. È il leader emotivo di questo Napoli, senza avere bisogno di alzare la voce o di scrivere messaggi sui social. Lo è per la determinazione che mette sul terreno di gioco, per la capacità di incidere nei momenti più delicati. Lorenzo da tempo non è più un giovane dalle belle speranze, ma un uomo che lotta per regalare alla sua gente qualcosa che lui per primo ha sempre sognato. C’è un talento forgiato dal sacrificio in quel ragazzo che ha dovuto mangiare la polvere della periferia prima di sentirsi a suo agio anche sul palcoscenico europeo. Un sacrificio che rende ancor più dolce la scalata.

Dieci alla prova di forza sul piano mentale. Dopo lo scempio della gara di andata non era facile giocare quel tipo di match, in quello stadio, contro un signore avversario. In pochi minuti il Napoli ha però rivelato in campo una superiorità abbacinante, che lascia al buio i poveri crucchi messi alle corde più di uno sparring partner in un giorno feriale. Un segnale di forza importante, un messaggio recapitato a tutti quelli che pensavano ad un Napoli in calo. Imparare a gestire la pressione è passaggio fondamentale per chi vuole vincere. Da ieri, paradossalmente dopo un’eliminazione, questo Napoli pare essere ancor più pronto per lottare per qualcosa di importante.