Se il Napoli avesse vinto il ricorso il campionato sarebbe finito all'istante

Se il Napoli avesse vinto il ricorso il campionato sarebbe finito all'istanteTuttoNapoli.net
© foto di Alessandro Garofalo/Image Sport
martedì 10 novembre 2020, 19:27Zoom
di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - “Il Napoli cercava un alibi per non giocare”. Come a dire: “Quelli che non uccidono le persone in strada lo fanno perché hanno paura di andare in prigione”. È arrivata, scontata, la sentenza della Corte d’Appello sul caso Juventus-Napoli, una serie di peripezie giuridiche e linguistiche che vanno a confermare il verdetto emesso dal Giudice Sportivo Mastandrea. 

Siamo di fronte ad un punto di svolta epocale, il tentativo estremo di difendere il campionato a discapito di un club che aveva semplicemente avuto la coscienza di ponderare l’eccezionalità della situazione: il precedente contatto con un club, il Genoa, che era stato colpito da un vero e proprio focolaio di Covid.

Alcuni passaggi delle motivazioni rasentano l’esilarante perché trattano l’ASL, organo reso competente con la delibera integrativa del protocollo per casi eccezionali, come un ente quasi marginale nella vicenda. Un corpo estraneo, nel bel mezzo di una pandemia mondiale, che doveva farsi gli affari proprio perché oh, c’è da giocare Juve-Napoli e cascasse il mondo bisogna giocarla.

In un passaggio si legge: “La ragione per la quale una Società di calcio professionisti debba chiedere lumi sulla loro applicazione alle Autorità sanitarie è difficile da comprendere e a tale condotta non può che attribuirsi altro significato che quello della volontà della Società ricorrente di preordinarsi una giustificazione per non disputare una gara che la Società ricorrente aveva già deciso di non giocare”. Capito? Chi se ne frega della legge, che impone a tutti i cittadini di mettersi in isolamento fiduciario. Chi se ne frega delle ASL, invocate per avere una visione più chiara di una situazione senza precedenti, non prevista nel protocollo. 

Chi se ne frega del Ministro della Saluta, Speranza, e di quello dello Sport, Spadafora, che nelle ore seguenti alla scelta del Napoli l’avevano non solo appoggiata, ma erano stati perentori: “Juve-Napoli non va assolutamente giocata”.

Eppure il Napoli, per la Corte d’Appello, aveva il mal di pancia. Si era chiuso nella propria camerata perché aveva paura della devastante Juventus di Andrea Pirlo, che per vincere una partita ha dovuto attendere i carneadi del Ferencvárosi.  Eppure, proprio in queste ore, le ASL hanno bloccato la partenza di tanti calciatori di altri club per le loro rispettive nazionali. Quindi? Nessuno interviene? La competenza delle ASL in questo caso non viene messa in discussione? Non è un modo di alterare la competizione, consentire ad alcuni di partire e bloccare altri? 

C’è la sensazione del papocchio. Di un calcio che ha fatto il passo più lungo della gamba, ed ora non può tornare indietro. Sceglie la strada del marito infedele: negare, negare sempre. Anche al punto di rasentare il ridicolo. Fino a coprire l’evidenza, calpestando per sino l’ordinamento giuridico, l’unico riferimento credibile in tema di emergenza sanitaria. 

Ed ora? Ed ora si va avanti. Al Coni, già quasi preallertato dalla Corte d’Appello. Difficile dunque aspettarsi ribaltoni. Se la Giustizia Sportiva avesse riconosciuto le ragioni del Napoli, probabilmente il campionato sarebbe finito all'istante per tutti i ricorsi che sarebbero seguiti. Si è scelto di calpestare un precedente pericoloso, quando invece sarebbe bastato regolamentarlo per il futuro. Si dovrà arrivare dinanzi alla Giustizia Ordinaria, per rimettere a posto le cose. Per rendere giustizia e cancellare questa insopportabile etichetta che queste motivazioni vorrebbero appiccicare sulla schiena del Napoli. Un’altra pagina triste, di un calcio alla deriva.