Da 0 a 10: un ragazzino al posto di Osimhen, ADL sponsor della Nigeria, Insigne come la nebbia di Totò e quei cambi strani di Spalletti

Il Napoli cade a Milano contro l'Inter: illude Zielinski, Mertens nel finale riapre le speranze e con Mario Rui ha l'occasione per il pareggio
22.11.2021 13:46 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
 Da 0 a 10: un ragazzino al posto di Osimhen, ADL sponsor della Nigeria, Insigne come la nebbia di Totò e quei cambi strani di Spalletti
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Zero al destino famelico e bastardo, insensibile e castigatore. Lo zigomo di Osimhen si frattura al bivio fondamentale della stagione, l’appetito di Victor stroncato senza appello. Come correre su un terreno che ti frana alle spalle e ti inghiotte, col Napoli che ora dovrà di fatto fare lo sponsor principale della Nigeria: curare il calciatore per poi spedirlo in Coppa D’Africa e perderlo per un altro mese. Immaginate come sarà contento De Laurentiis. Come dargli torto?

Uno l’assist, che è un atto per certificare la presenza prima di marcare visita e confinarsi nel limbo delle proprie insicurezze. Insigne a Milano è come la nebbia di Totò e Peppino: c’è, ma non si vede. Anzi si nasconde, viaggia in coda al treno quando c’era da mettersi alla guida per trainare la squadra in un momento difficile. Se nello stesso frame peschi Barella con Lorenzo non puoi che arrossire dinanzi alla differenza di approccio. Esce dopo 74’ di peregrinare senza prendere mai una decisione. Esce, troppo tardi, e stavolta nemmeno si arrabbia. Forse pur questo vuol dir qualcosa.

Due cartellini gialli, il regolamento prevedeva due cartellini gialli per Dzeko nel finale. Se Valeri non fa quello che impone il regolamento, se si sente oltre il regolamento, esiste un problema. Perchè Dzeko sarebbe stato squalificato, non avrebbe giocato la prossima: è una questione di rispetto. Gli arbitri non sono oltre la realtà, non sono metafore che fanno un po come cavolo gli pare. 

Tre reti subite in 90’ a dispetto delle 4 complessive incassate nelle 12 giornate precedenti. L’analisi di Inter-Napoli non può che partire da questo dato, da questa debolezza improvvisa che non può essere di un singolo, ma della struttura che barcolla emotivamente e tatticamente a San Siro. È la somma di tante piccole leggerezze che negano agli uomini le grande imprese: basti pensare al pallone regalato che porta al calcio d’angolo del 2-1 Inter. Se non hai il cuore pronto, le gambe non lo saranno mai. 

Quattro gol in stagione, segnali di ripresa seminati senza ancora una logica, germogli di Zielinski che sbucano dal terreno. La sassata di Piotr illude il Napoli e pure noi, poi il polacco torna nella sua zona di confort e si limita a qualche intuizione sporadica. È però il terzo gol in venti giorni dopo quelli di Salerno e Varsavia: come la terra per Galileo ‘Eppur si muove’. Portiamoci in valigia qualche spiraglio di luce, ne abbiamo bisogno.

Cinque alla serata brutta, ma proprio brutta, di Fabiàn. Che non regge l’urto, che sceglie una frequenza errata, che nuota a farfalla quando gli altri sfrecciano a stile libero. Doveva metterci la qualità per contrastare la reattività degli interisti, ci ha infilato invece tante sbavature ed una staticità che nemmeno l’uomo che fermo il carro armato nell’89 a Piazza Tienanmen. Sull’azione del 3-1 deve trovare un modo, per aggrapparsi alla maglia di Correa e cicatrizzare una ferita prima ancora che arrivi il taglio.

Sei a Lozano, che aveva gli occhi addosso di tutti perchè ‘doveva dimostrare di meritare di più’. E in realtà male non ha fatto, ha messo tre/quattro palloni velenosi, ha saltato spesso Perisic, ha messo le sue caratteristiche nel match. Spalletti lo cambia al 74’ e non se ne comprende il motivo, sceglie la razionalità di Elmas che mette ordine e canalizza per vie centrali il gioco. Hirving sta riprendendo i giri giusti: non è tempo di fare un altra guerra. 

Sette e zero, come i settanta minuti di languore come nel sonetto di Verlaine: "Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme… un tedio d’un non so che attaccato all’anima”. Il Napoli si concede all’Inter per tanto tempo, rinnega quei concetti che aveva invece evidenziato con forza fino a prima di San Siro. Disunito, poco coeso negli uomini e nelle idee, deve aggrapparsi a quel meraviglioso istinto che rende eccezionale la vita: la sopravvivenza. Quando non c’era più niente da perdere o da difendere la squadra ritrova la rabbia, quella che dovevi avere nel petto sin dall’inizio.

Otto di recupero, una gara nella gara. Un’altra storia, un capitolo che difficilmente riesci a collegare al resto del libro. C’è del buono in quel finale arrabbiato e arrembante, anche se manca il lieto fine. Come in Match Point, quel pallone smanacciato pure goffamente da Handanovic sulla zuccata di Mario Rui poteva prendere tante direzioni nella guerra eterna tra talento e fortuna. Rotola quella sfera e prende l’unica direzione innocua per l’Inter. Avremmo fatto gli stessi appunti, ma avremmo un punto in più. E i nerazzurri due in meno. "Preferisco avere fortuna che talento” disse qualcuno. E magari c’aveva ragione.

Nove gare in 32 giorni partendo dall’Inter fino allo Spezia il 22 dicembre. Ciclo di ferro, ancor più di da affrontare senza Osimhen che il Napoli proverà a recuperare almeno per le ultime due, con una data cerchiata in rosso: la sfida al Milan del 19 dicembre. Con una maschera speciale per garantire la sicurezza di Victor e dare a Spalletti il suo supereroe per il big match. Ridateci il nostro Osimhen di quartiere, mascherato e capace di ogni cosa. Ti aspettiamo!

Dieci all’arcobaleno di Ciro: un graffio alle pareti del cuore. Non c’è solo nostalgia, ma voglia di attualità, la rivendicazione di un campione che vuole essere coniugato ancora al presente. Nel destro di Dries si fondono elementi ricercati, molto rari, che appartengono ad una cerchia ristretta di eletti. Pochi possono fare quel gol, ancora meno possono farlo avendo così poco tempo a disposizione. Istinto che morde lo spazio, classe che si irradia come luce. Un bagliore nella notte di San Siro, che riassegna un ruolo da protagonista a Mertens per l’infortunio di Osimhen: quanto è cinica la vita. Il sostituto di Osimhen è questo ragazzino da 137 gol in maglia azzurra che ha ancora tante cose da raccontare. Prestategli attenzione, lo merita.