Guido Clemente di San Luca a TN e la rabbia dei tifosi: "Nessuno crede ai discorsi della vil moneta"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha provato a spiegare il malumore di una parte dei tifosi in questa calda estate.
Telegraficamente ecco i perché. 1) Nessuno crede ai discorsi sulla «vil moneta» e sulla «maglia azzurra che deve essere considerata dal tifoso la propria pelle».
2) Non trovare un accordo con Mertens è stato obiettivamente, sia sul piano tecnico, sia sul piano psicologico/caratteriale, un grave errore, per le sue conclamate ed inopinabili qualità. Nessuno crede che Dries abbia fatto «una questione solo di vil denaro», soltanto per la quale ha voluto «rifiutare». La cifra richiesta non era affatto «sproporzionata». Nessuno crede che sarebbe mancato «nel budget previsionale del prossimo campionato quanto serve per prendere dei calciatori più giovani». Nessuno crede che AdL lo abbia «ringraziato», insieme «al figlio Ciro, e alla moglie», in maniera autentica e leale «per tutto quello che ci ha trasferito in questi anni con tutti gli straordinari gol realizzati». Nessuno crede che confermarlo avrebbe significato «andare contro la nostra capacità», perché si devono «comprare dei calciatori giovani che rappresentino il Napoli per le prossime stagioni». È inutile nasconderlo. Tutti hanno capito che dietro questo epilogo c’è la volontà di Spalletti. Vedremo se Dries parlerà (e forse per amore di Napoli – lui sì – non lo farà). Ma, come ha detto Renica, perché bisogna credere alla versione del ‘padrone’?
3) Nessuno crede che AdL senta «fortemente l’appartenenza ai colori del Napoli, alla maglia», e che la considera come «sua pelle». Nessuno crede alla ‘storia’ della esportazione nel mondo della ‘napoletanità’ basata sulle origini della sua famiglia. Spiegasse allora perché non vive a Napoli (come del resto sembra pretendere facciano i suoi allenatori). Se le relazioni interpersonali che costruisci sono imperniate sulla ‘vil moneta’, è una presa per i fondelli affermare che «Chi viene a giocare nel Napoli deve identificarsi con questa pelle, con questa maglia». Suona fasullo lontano un miglio. E a proposito di ‘vil moneta’, sarebbe nobile quella che non vuol pagare per lo stadio, che è bene pubblico, della città (come sarebbe anche la squadra, senza il dominio del mercato, che lo ha reso padrone di un bene collettivo)? Del resto, è palese la contraddizione, giacché poi si disvela quando afferma che il calcio ormai è una industria, e «l’industria deve seguire le regole del mercato». Ostinandosi a non voler comprendere che quel mercato si fonda sulla passione e dunque non si può con disinvoltura «andare contro il desiderio del tifoso».
4) Nessuno crede che l’offerta a Koulibaly sia stata ‘vera’. Non nel senso che non gliela si sia fatta, ma nel senso che gli è stata fatta non a tempo debito, quando era ormai troppo tardi, ben sapendo della possibilità di realizzare una formidabile plusvalenza vendendolo a 40 milioni e risparmiando sul suo ingaggio. Per carità, è vero che quando furono presi «i giovani Mertens e Koulibaly, tra gli altri, il tifoso era dubbioso». E che pure «all’arrivo di Cavani il tifoso storceva il naso». Però poi quando si sono affermati, dimostrando che s’erano rivelate felici intuizioni, non puoi sistematicamente e costantemente mortificare la passione che si spiega con la identificazione nella maglia.
5) Nessuno crede che il reale obiettivo di AdL per la prossima stagione sia di voler vedere i tifosi «contenti e felici». Al riguardo dovrebbe invece interrogarsi proprio sul perché «in alcune squadre, che hanno fatto meno punti di noi, sono tutti felici, contenti, abbonati, impazziti».
6) Infine, nessuno crede che il suo rapporto con Spalletti sia franco, «sincero», perché sono «due veraci». La sensazione diffusa è che sarebbe stato ben felice se il mister si fosse dimesso, e lui non avesse dovuto pagarlo. Perché ha capito che al tecnico si deve, sì, riconoscere il merito di aver riportato il Napoli in Champions, ma anche che, senza gli errori nelle 3/4 partite della fase cruciale, il Napoli avrebbe vinto lo scudetto.
In conclusione, così sintetizzate le ragioni del ‘dolore’ azzurro, esse possono efficacemente riassumersi nella seguente domanda. Secondo voi, a chi devono credere i tifosi azzurri? A chi si espresse affermando che «Le mie playlist sono piene di Pino Daniele. Quando il San Paolo canta ‘Napule è’ mi vengono i brividi. Andrò via da Napoli solo se mi cacceranno, io qui sto benissimo, ormai la maglia azzurra fa parte di me». Oppure alle dichiarazioni di AdL e Spalletti che suonano apertamente strumentali e artificiose? Può l’amore indiscusso per la maglia azzurra farti passare sopra alla radicale mancanza di genuinità, naturalezza, schiettezza, semplicità, spontaneità, sincerità?
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