Da Zero a Dieci: Guardiola umilia il giornalista in Tv, i sapientoni pronti col funerale, il grande Mistero del rigore e l’incontro che è già storia

18.10.2017 10:37 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: Guardiola umilia il giornalista in Tv, i sapientoni pronti col funerale, il grande Mistero del rigore e l’incontro che è già storia

(di Arturo Minervini) - Zero a chi aveva già chiamato il prete di fiducia e convocato le prefiche per celebrare il funerale che attendevano da mesi. Con il Napoli sotto di due reti sulla bocca dei sapientoni da due spiccioli erano già pronte parole da estrema unzione, che con il passare dei minuti hanno però fatto il percorso inverso, tappando quelle stesse bocche. Il livello raggiunto dal Napoli in questo momento storico è certificato dal tasso di invidia e di cattiveria delle altre tifoserie. Maurizio Sarri logora chi non ce l’ha. 

Uno come il rigore calciato da Dries. Male, malissimo. Quasi ciabattato. Specchio fedele di una serata nata male e proseguita peggio per Mertens, mai capace di incidere nella gara e troppe volte vinto dal demone dell’egoismo. Era una serata particolare, che avrebbe necessitato di adattarsi al contesto e non viceversa. Ciro si è intestardito come davanti ad una slot machine, ma non ha mai beccato tre simboli uguali. Capita.

Due reti subite, come agnelli da sacrificare sull’altare del Tiki Taka. È sembrato un rito d’iniziazione per il Napoli di Sarri, entrato in punta di piedi nel tempio di Guardiola, riferimento culturale determinante per il tecnico azzurro. Un senso di devozione che in qualche modo ha distratto, confuso, slegato il Napoli liquefattosi come il Sangue di San Gennaro in terra inglese. Per il miracolo finale ci è mancato davvero poco. Oppure c’è stato lo stesso, ma non tutti hanno gli occhi per comprenderlo. 

Tre punti nel girone. Questo il dato oggettivo che resta nella classifica del Napoli nel girone, numero che sembrerebbe delineare una situazione terrificante più di quello che in realtà è. In casa del City ci aveva perso anche lo Shakhtar, a fare la differenza lo scontro diretto e le sfide interne di Napoli e Donetsk contro la squadra di Guardiola. Con nove punti in palio, ed un Napoli che ha confermato di poter mettere in difficoltà anche Kasparov in una partita a scacchi, tutto è ancora da decidere. #noniniziateaparlaredieuropaleaguecheportasfiga

Quattro giorni per masticare tutta una serie di emozioni dal sapore opposto ed ingoiarle come un rospo diventato principe. C’è stato prima lo spavento, poi la speranza, infine la consapevolezza nella trasferta inglese. È già però capitolo chiuso, archiviato, esperienza da immagazzinare. La crescita mentale è anche questa, rapidità di assimilazione di fatica e sensazioni. Con l’Inter il Napoli può dichiarare guerra al campionato, buttare giù due righe di un possibile regime da istituire. Il comandante in terra inglese sicuramente non starà nella pelle, anche perché Spalletti non gli è mai stato molto simpatico. 

Cinque ad un grande assente in terra inglese. La notte di Hamsik è di quelle che non passano mai, una lenta agonia dinanzi ad uno specchio che non proietta la tua immagine. Marek inciampa in una gara dove sbaglierebbe anche a suonare il citofono di casa e finisce per peggiorare le cose, minuto dopo minuto. Finisce per perdersi, come un uomo che entra alla prima volta all’Ikea e deve usare l’interfono per ritrovare i parenti. 

Sei e mezzo e soprattutto la capacità di dare un volto nuovo alla mediana. Entra Allan e vedi la fame sul suo volto, dopo aver osservato visi apatici. Va alla caccia del pallone come una fashion blogger cerca i cuori su Instagram, sembra Tazmania dopo aver bevuto trentasette casse di Red Bull mischiate nel caffè. La sua prova rende ancora più grigia quella di Piotr Zielinski, opaco come la pellicola di un film Polacco senza sottotitoli. E infatti della sua partita non ci capisce una mazza… Che succede Piotr? Dove è finito quel concentrato di energia che strappava in due le gare? Questa versione camomilla al Napoli non serve…

Sette i gol rifilati dal City allo Stoke, che però non è certo il Napoli. Lo aveva dimenticato il cronista di Premium, ma un fantastico Guardiola lo ammonisce: “Ma che pensi che giochiamo contro i ragazzini?”: Doveva arrivare un uomo di mondo come Pep per debellare questo consolidato snobismo nei confronti degli azzurri, retaggio mediatico di chi prova allergia ogni qual volta avanza qualcuno che non abbia le maglie a strisce. Un veleno che non fa più male a questo Napoli ed ai napoletani, ormai immuni e consapevoli. 

Otto a De Bruyne  e Bernardo Silva, che perdono tempo nei pressi della bandierina che nemmeno Rolando Bianchi e Nicola Amoruso ai tempi della Reggina di Mazzarri. Avete capito? Il City nel recupero della sfida al Napoli si è rintanato sull’out per far passare il tempo, semplicemente perché era logoro da una gara che li ha consumati come un fiammifero. Dopo la partenza a razzo si sono affievoliti ed il Napoli ha preso la scena. In casa loro. Fate voi…

Nove a questa meravigliosa follia. Senza aver mai fatto un gol in carriera, avendo giocato una brutta gara, vi pare possibile che uno del ’97 si prenda il pallone e chieda a Mertens di calciare un rigore in universo-visione? Pagheremmo oro per fare un giro nella testa di Diawara e capire cosa gli frullava dentro a cervello e cuore in quegli istanti. Con gli occhi del mondo addosso, con undici metri che si erano rivelati maledetti poco prima a Dries cosa pensava Amadou? Dove ha trovato la serenità per piazzare quella palla all’angolino? Richiamate Bossari, tiratelo fuori da quella casa di Sfigati, e fategli fare una puntata di ‘Mistero’ su Diawara. “Il peccato è una sorta d’incoscienza, un non-sapere”. 

Dieci a quei due che si guardano negli occhi e chiacchierano di calcio nel ventre dell’Etihad dopo la gara. Hanno svestito i panni di Guardiola e Sarri, sono Pep e Maurizio che avevano necessità di parlarsi, confrontarsi, strofinare per qualche minuto i loro pensieri illuminati sul pallone. È la foto dell’anno che resterà comunque nell’archivio del cuore, il trattato illuminato di un calcio meravigliosamente bello. Pep è Picasso che rivoluziona ogni convenzione, rifiuta dalla sua tela ogni cosa che può diventare un genere banale, ripetitivo. Maurizio come allenatore nasce una generazione successiva, è un Dalì con il gusto per la bellezza e la consapevolezza che tutto può mutare come orologi che si dissolvono. E come Salvador direbbe: “Picasso è un genio. Come me”.