Esclusiva

Clemente di San Luca a TN: "L’Aia deve solo far rispettare il diritto, non lo può creare"

Clemente di San Luca a TN:  "L’Aia deve solo far rispettare il diritto, non lo può creare"
Oggi alle 10:30Le Interviste
di Arturo Minervini

Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, analizza così l’ultima giornata di campionato

"Ci sono molte cose su cui sarebbe opportuno soffermarsi. Ne accennerò, in breve, soltanto alcune, perché ce n’è una che merita il massimo dell’attenzione: la regolarità della competizione. Prima d’ogni cosa, però, auguri a Lui (ieri ne avrebbe fatti 65) coi versi del Vate: «re del pallone, hai fatto ’e na’ squadretta nu’ squadrone», e per questo «l’Amor di tutti noi mai sarà spento».

Sono stato a Lecce. La città è non solo bellissima, ma civilissima. La società calcistica, guidata da un Presidente illuminato (il prof. Sticchi Damiani), da un lato è modello di gestione aziendale virtuosa non meno di quella di ADL, dall’altro si segnala per una fattiva disponibilità – del tutto singolare nel panorama attuale – a sostenere (in silenzio) opere e attività sociali. Un esempio da seguire. Mi ha fatto impressione il consistente dispiego di forze dell’ordine, necessario per garantire che non vi fossero incidenti tra le tifoserie (ho avuto modo di constatarlo di persona da vicino, perché molti degli agenti – nel complesso almeno un centinaio – erano ospiti del mio stesso albergo). Un notevole costo collettivo che andrebbe considerato seriamente quando si ragiona di disciplina del tifo. La passione non può sfociare in attitudine a delinquere. I salentini si battono con onore per restare in serie A. Mi auguro, da meridionale, che riescano a conseguire il loro obiettivo. Non è sufficiente la natività. Il Mezzogiorno ha bisogno che chi vi nasce resti, nei comportamenti e nei gesti, persona del sud. Così come che facciano altrettanto coloro che abbiano dichiarato di sposare il modo di essere della sua gente. Avendo firmato per la Juve, Spalletti merita il disamore dei napoletani. Come Sarri, ha tradito anzitutto sé stesso. Questa storia che a giustificarlo sia il professionismo proprio non si sopporta: è deplorevole far coincidere la professione col mero far soldi. Ciò, comunque, nulla toglie al fatto che il modo di giocare delle squadre di Sarri e Spalletti – deprecabili per povertà umana e incoerenza – fosse pienamente corrispondente all’antropologia del popolo azzurro. La vittoria a Lecce ha, sì, reso contento il tifoso ch’è in me, ma lasciando nel profondo un sentimento d’insoddisfazione, per aver vinto sentendo di non averlo meritato.

2. Detto questo, il tema più rilevante è senz’altro la manifestazione di inconsapevolezza giuridica e contraddittorietà nelle dichiarazioni rese e nei provvedimenti assunti dai vertici arbitrali, senza alcun ritegno, né pudore: l’AIA deve solo far rispettare il diritto, non lo può creare; e poi, non può dichiarare un intento e poco dopo negarne le conseguenze. Un livello di sfrontatezza ed arroganza veramente sconcertante e scoraggiante.

Il riferimento è evidentemente, sopra tutti, a Rocchi, il quale a “Open VAR” ha dichiarato: «Noi stiamo cercando di trasformare gli assistenti in piccoli arbitri perché il fuorigioco ormai è automatico. Ma non mi è piaciuta per niente l’ingerenza di Bindoni che è andato oltre quello che gli abbiamo chiesto di fare. Abbiamo chiesto agli assistenti di intervenire su cose al 100% chiare e nell’area di competenza loro, non certo in questo caso, poi con un arbitro in controllo. Questo non è calcio di rigore e ci saremmo aspettati l’intervento del VAR». Indifendibile.

Si ricava che, senza avere alcun potere legale per farlo, l’AIA sta operando per riscrivere le regole (sia del Regolamento, sia del Protocollo). Solo così può spiegarsi il richiamo a fattispecie normative inesistenti quali «rigorino» o «valutazione di campo», oppure alla valutazione della intensità/lievità del contatto, che mai dovrebbe risultare – con le sue parole – «sotto soglia». Quale sia tale soglia, naturalmente, è lasciato all’arbitrio del direttore di gara, che deve adeguarsi soltanto alle (confuse) indicazioni del designatore. Ecco disvelato a chiare lettere il disegno (che a noi è evidente e denunciamo da tempo). Vogliono conservare, e anzi ampliare, il loro potere, ridefinendo le regole. Laddove, invece, l’unica possibilità per conseguire uniformità di decisioni (e dunque una competizione corretta e leale) è quella di circoscrivere al minimo indispensabile la discrezionalità, restando il più possibile ancorati alle fattispecie tipizzate dalle disposizioni normative codificate.

Ho definito “di fatto” la “associazione a violare le regole” perché ad essa sono affiliate (inconsapevolmente) anche alcune persone in perfetta buona fede e di comprovata onestà intellettuale. È a queste – e solo a queste – che mi rivolgo, provando a spiegare meglio perché i loro argomenti hanno scarso fondamento e soprattutto perché, così argomentando, fanno il gioco del potere del sistema arbitrale che si rifiuta (com’è consustanziale ad ogni potere) di aprirsi alla trasparenza, all’impegno per la legalità, resistendo alla (corretta) configurazione del direttore di gara quale funzionario di polizia dell’ordinamento sportivo, strettamente subordinato alle regole che è chiamato a far rispettare nel corso della gara (considerandola, ovviamente, una inaccettabile ‘riduzione’ del loro potere).

Il 7 novembre 2021 si giocò Inter-Milan. Il rigore su Calhanoglu sembra quasi la fotocopia di quello su Di Lorenzo. È una prova schiacciante che l’allargamento della gamba è fattispecie perfettamente legittima (l’ha fatto, del resto, anche Yildiz l’altro ieri in Juve-Udinese e nessuno ha detto nulla). Al Maradona non c’è stata affatto una «indegna baracconata», perché quel rigore, stante il dictum della Regola 12, è stato correttamente assegnato. E nel merito la motivazione (ché sul piano tecnico-giuridico di questo si tratta, non di un’artificiosa «giustificazione») del VAR è inappuntabile. Certo, sotto il profilo procedurale c’è sicuramente un’anomalia: Marini lì ha il dovere giuridico di chiamare l’arbitro alla review lasciando a lui la qualificazione giuridica del fatto. Questa, perciò, sotto il profilo procedurale, è stata illegittimamente resa dal VAR, ma nel merito motivata in maniera impeccabile. Dopo il seminario di mercoledì all’Università di Bari (conclusosi proprio con la proiezione del video/audio dell’intervento del VAR al Maradona), pare che, almeno in sede accademica, il discorso si stia avviando finalmente nei giusti binari.

M’è stato detto di essere «in completo disaccordo» sulla qualificazione giuridica. «E non certo per la questione “rigorino”, o perché “il Napoli è la nuova Juventus”, davvero delle baggianate». Piuttosto perché, «Semplicemente, considerare da rigore quel contatto è non solo sbagliato, ma grave: se passasse il principio che l’attaccante (Di Lorenzo) può allargare a piacere la gamba provocando l’inevitabile impatto contro quelle del difendente (Mkhitaryan) che non può certo evitare l’impatto per la dinamica naturale dell’azione», ciò implicherebbe «la fine del calcio». Insomma, considerare da rigore il contatto Di Lorenzo-Mkhitaryan sarebbe «grave e pericoloso», giacché «Il fallo da rigore c’è quando è il difendente che agisce e si muove, negligentemente o volontariamente non ha importanza, verso l’attaccante, quando cioè è lui a fare “attivamente” fallo; ma non è mai rigore se è l’attaccante e solo l’attaccante a farlo».

L’opinione merita considerazione e va contrastata con argomentazioni tecnico-giuridiche, nella piena (e triste) consapevolezza di quanto sia faticoso ridurre l’arbitrio dei direttori di gara per conseguire uniformità di giudizio. Il caso Di Lorenzo/Mkhitaryan – oltre ad essere, come riferito, fotocopia pressoché fedele di quello del rigore dato a Calhanoglu nel derby di quattro anni fa – mi pare assimilabile al caso Anguissa/Dumfries in Inter-Napoli dello scorso anno. Si deve, infatti, ribattere che, stando a quanto prescrive la Regola 12, non si può sostenere che Mkhitaryan abbia agito con precauzione, oppure prestando attenzione o considerazione nell’effettuare il contrasto.

Certo – lo ripetiamo – la procedura seguita (la decisione di concedere il penalty arriva su segnalazione dell’assistente Bindoni; dopo un breve consulto col suo collaboratore – «Sei sicuro?» –, Mariani fischia il rigore e l’audio tratto dal video conferma che, prima di accogliere la segnalazione del suo assistente, il direttore di gara aveva sorvolato sul contatto tra Mkhitaryan e Di Lorenzo) non è esente da rilievi. Il VAR, invero, avrebbe dovuto richiamare l’arbitro a rivedere. Questi avrebbe dovuto valutare dopo la review. Ma poi, per non dare il rigore, avrebbe dovuto essere in grado di motivare spiegando perché Mkhitaryan avesse agito con diligenza. Il che si potrebbe fare solo con una motivazione apodittica e assertiva.

Qui non si tratta di sostenere la propria idea. «Questo non è calcio!», oppure «Questo è l’anticalcio!». Se così fosse, anche a me (che ho fatto il difensore a livello amatoriale – ma FIGC – fino a 65 anni) pare assurdo che sia fallo se il difendente sta rinviando la palla e ‘furbescamente’ l’attaccante mette il piede in mezzo fra questa e il piede dell’altro. Domando: non dovrebbe essere fallo del difendente se l’attaccante frappone la gamba fra il suo calcio di rinvio e il pallone, o no? L’intervento del difendente è genuino e pienamente dentro lo spirito del gioco! Ebbene, secondo la Regola è falloso. D’altronde, se veramente vogliamo conseguire uniformità di giudizio, dobbiamo pretendere che gli arbitri stiano rigorosamente al dettato normativo, e non decidano creando diritto.

Allargare la gamba è perfettamente legale. L’attaccante punta a proteggere il pallone per poter poi calciare in porta. Piaccia o no, secondo la prescrizione della Regola, Mkhitaryan è stato negligente. Per esser chiari e sgombrare il campo da possibili equivoci, il tifo non c’entra (l’anno scorso spiegai la legittimità del rigore fischiato per fallo di Anguissa su Dumfries). Si tratta di rispetto della legalità. Mi si ribadisce che «Mkhitaryan non è stato negligente, stava solo correndo. E il movimento ad allargare la gamba di Di Lorenzo tutto era tranne che il movimento di chi si accinge a calciare in porta». Non è così. A meno di fare un processo alle intenzioni, Di Lorenzo allarga la gamba obiettivamente per garantirsi il controllo del pallone in anticipo su Mkhitaryan, al fine di poter poi tirare. Nella registrazione video/audio (pur non spettando a lui) Marini lo spiega in maniera corretta. S’insiste ritenendo che «un calciatore che corre e non fa nulla, ma proprio nulla all’infuori di correre, non è mai negligente». E però, per la Regola 12, non è così.

Non si deve inseguire il modo di intendere il calcio di ciascuno, bensì restare il più possibile fedeli al disposto normativo. Altrimenti, solo a parole si predica la necessità di conseguire l’uniformità delle decisioni per una competizione leale e corretta. Resta un forte sospetto. Che la incredibile concentrazione mediatica sull’episodio (fino alle indegne accuse di antisportività rivolte a Di Lorenzo) – nonostante le concomitanti decisioni clamorosamente illegittime, per omissione del doveroso intervento del VAR, ai danni di Bologna, Pisa e Juventus – sia finalizzata a orientare il sistema arbitrale per le decisioni future. Ha fatto bene Conte a metterci tutti in guardia".