Clemente di San Luca a TN: "Mancano schemi d'attacco e bisogna registrare la difesa"

Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, analizza così il momento del Napoli durante questa sosta.
"La sosta per la nazionale induce pensieri vari. In tre pillole.
1. Dopo che, nella partita di Champions contro lo Sporting, gli ultras partenopei hanno alzato un bellissimo striscione di solidarietà («Fermate il baratro in cui state conducendo l’umanità … basta guerre, basta atrocità»), domani a Udine si celebrerà (in un clima che s’annuncia tutt’altro che sereno) l’ennesimo esempio delle conseguenze della soggezione ai potenti delle organizzazioni del calcio, né più né meno che gli Stati. Ma allora non è tempo di uscire dal clamoroso equivoco costituito dall’autonomia? Se è vero che l’ordinamento del calcio – e più in generale dello sport – si proclama fieramente autonomo, perché mai non ostracizza le squadre e gli atleti di un Paese che si è obiettivamente macchiato di crimini orrendi, di uno scempio fino al genocidio, costringendo l’Italia a confrontarsi (in notevole imbarazzo: «Se non giochiamo, perdiamo 3-0») con la nazionale di Israele, che meriterebbe di essere estromessa?
2. Nelle prime giornate del campionato abbiamo assistito a tempi lunghi in modo abnorme dell’intervento VAR. Perché? Se – come da Protocollo – la decisione spetta in via esclusiva all’arbitro, non si spiega perché tanto indugiare prima di chiamarlo alla review. Il VAR non deve stabilire se ci sia stato un «chiaro ed evidente errore». Questo è compito del direttore di gara dopo aver rivisto l’episodio su cui c’è stato un dubbioso accertamento del fatto. Al VAR tocca soltanto di rilevare che ci sia stato qualche elemento relativo a tale accertamento che può essere sfuggito all’arbitro, e chiamarlo a rivedere l’episodio così da assumere una decisione sulla qualificazione giuridica del fatto fondata su basi il più possibile scevre da errori, veritiere. Teniamo gli occhi aperti sull’operato della iperattiva ‘associazione a violare le regole’.
3. Così come dobbiamo tenerli nel rilevare i nostri limiti. Domenica scorsa saremmo potuti tornare solitari in testa alla classifica. Non ci siamo riusciti solo perché la Roma è stata capace di fare bottino pieno a Firenze (non senza giovarsi di una consistente dose di buona sorte). Col Genoa Conte sembra aver dato seguito a quanto aveva fatto cenno nel post-gara con lo Sporting. È partito col 4-3-3, lasciando riposare KDB. Il fuoriclasse deve persuadersi che non potrà giocare tutte le partite. Vedrete, non lo farà nemmeno l’osannato quarantenne croato del Milan (pur avvantaggiato dal non partecipare alle Coppe europee). Occorre dosare, con saggezza, le energie. È passato poi al 4-1-4-1 (o 4-4-2 come qualcuno preferisce definirlo).
Per il vero, non m’è parso del tutto obiettivo il diffuso racconto del primo tempo. Non s’è giocato «malissimo». La strada – secondo me – è invece proprio quella: l’alternanza dei moduli (o dei sistemi di gioco). Abbiamo avuto il dominio assoluto del pallone, però inefficacemente. Ma non ne è causa l’alternanza, ché anzi proprio questa ha garantito il cambio di passo del secondo tempo. Da quando (al 50°) KDB ha messo piede in campo al posto di Politano infortunato (sul che torno), ha, insieme a Spinazzola, cambiato la partita degli azzurri. Questo spiega ai commentatori avventati perché il fuoriclasse belga è una risorsa, non un problema. A patto che venga utilizzato bene. Così come il rinato esterno. Anche lui, però, da intercambiarsi sapientemente con Olivera e Gutierrez. È sicuramente un «uomo in più», ma va opportunamente ‘gestito’, facendone a meno quando si può.
Perché siamo stati inefficaci nel primo tempo? Per due ragioni. La prima è che, mentre alcuni giocatori non sono in forma atletica ottimale (Olivera e Mc Fratm, il quale in aggiunta sconta l’ancora poco chiara collocazione in campo, che lo confonde e disorienta), altri si mostrano già, inopinatamente, affaticati. È lesa maestà chiedersi se i tanti infortuni muscolari possano dipendere, forse, da una preparazione spinta oltre i livelli di tenuta, non tollerabili da tutti alla stessa maniera? Esprimersi al riguardo senza adeguate competenze tecniche è, sì, avventato e improvvido. Ma la questione infortuni è rilevabile agevolmente in maniera oggettiva. Sembra ingenuo attribuirne la causa soltanto alla casualità. Non pare affatto infondato suggerire una più corretta rotazione della rosa. Politano è fortissimo. Tuttavia, non lo si deve spremere fino allo spasimo. Si può facilmente sfruttare Neres come si fece con il Chucky Lozano. Allo stesso modo Lobotka va alternato più sistematicamente con Gilmour.
La seconda ragione è risalente. A prescindere dal sistema – ma la cosa si rende evidente soprattutto nel 4-3-3 –, si osserva una pressoché totale assenza di studiati schemi di attacco. Registrandosi, al tempo stesso, una preoccupante regressione nell’efficacia della fase difensiva: 9 gol subiti in 8 partite sono un campanello d’allarme. Nel post-Genoa il mister ha collegato il dato al pressing più alto. A me non pare. Se così fosse, avremmo segnato di più e rischiato di meno. La porta azzurra non resta inviolata dal 30 agosto, col Cagliari. Certo, c’è la giustificazione della mancanza di Rrahmani e Buongiorno (di nuovo gli infortuni). Ma non appare sufficiente. Anche perché, pur tenendo a lungo il possesso palla, continuiamo a segnare poco. Latitano trame di gioco codificate. Resta unica quella dell’asse Di Lorenzo-Politano a destra. Per il resto, tutto viene lasciato al genio del fuoriclasse belga o agli spunti di Spina. C’è infine il tema Milinkovic-Savic. Va benissimo dargli atto della capacità di fare lanci lunghi e precisi: è una freccia in più nella faretra. Qualcuno ha addirittura azzardato il paragone con Rudy Krol, ma nessuno ha fatto notare che nel primo tempo ne ha sbagliati più d’uno, esibendo non di rado una discreta incertezza sul da farsi. Attenzione a non sprecare Meret, che para meglio del serbo. A cominciare da Torino.
Confidiamo che la sosta abbia giovato, sia per recuperare gli infortunati, sia per mettere a punto lo studio di schemi offensivi tali da rendere efficaci la creatività e la fantasia dei singoli tecnicamente più dotati. Sperando di coniugare vittoria con bellezza, come c’è sempre appartenuto".
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