Guido Clemente di San Luca a TN: "Ripresa del calcio? Riflessione sul rapporto fra scienza e decisione politica"

09.04.2020 19:20 di Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN: "Ripresa del calcio? Riflessione sul rapporto fra scienza e decisione politica"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha scritto per Tuttonapoli un editoriale analizzando la possibile ripresa del campionato, proponendo una riflessione sul rapporto fra scienza e decisione politica, che è alla base della decisione sulla eventuale ripresa.

"Una decina di giorni orsono ho offerto la mia spiegazione del perché consideri legittime le ordinanze normative assunte dal Presidente De Luca. Non lo conosco di persona, non mi sta particolarmente simpatico e mi diverte pure la satira sulle sue modalità comunicative. Ma nulla di tutto ciò può far velo al ragionare ‘scientificamente’ su diritto e istituzioni. Ho chiarito perché ritengo che la democrazia non sia a rischio se, in circostanze eccezionali come una vistosa emergenza sanitaria, l’autorità (investita dal voto popolare) comprima, anche sensibilmente, la libertà personale al fine di garantire il diritto alla salute di tutti (e soprattutto dei meno abbienti).

Non è questo che mette in crisi il sistema democratico consacrato dalla Costituzione. Del resto, la Carta in più disposizioni prevede che la sfera individuale possa esser circoscritta dalla legge, in ragione del soddisfacimento di molteplici valori/interessi considerati preminenti. Ad esempio, la libertà di manifestazione del pensiero, e più in particolare quella di religione, non possono esercitarsi in contrasto con il «buon costume»; l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’«utilità sociale»; la legge deve assicurare la «funzione sociale» della proprietà privata. E così via. In un ordinamento democratico, insomma, anche le libertà fondamentali sono conformate dalla decisione di maggioranza, cioè dalla legge. Tranne che per una parte. Proverò a spiegarlo.

Domenica scorsa, proiettando in oggi il racconto della passione di Cristo, l’attenzione s’è fissata su due ruoli secondari. Il Cireneo che aiuta Gesù a portare la croce, perché  ammonisce sul significato della condivisione del dolore, sulla sua assunzione individuale e collettiva, sulle responsabilità che ne conseguono. Il significato simbolico è di palmare evidenza. Mi ha fatto pensare ancor di più, però, il ruolo della moglie di Pilato. Pur non sapendone nulla, diversamente dall’opinione prevalente, avverte che sarebbe meglio «non avere a che fare con quel giusto». È la voce di una minoranza, che invita a considerare la inopportunità di assumere la decisione acriticamente, senza adeguata valutazione della scelta della maggioranza.

Mi pare abbia un efficace senso allegorico. C’è un solo vero pericolo per la democrazia: che venga negata quella parte delle libertà fondamentali che serve a far funzionare la democrazia. A tutti ed a ciascuno, cioè, deve esser garantito l’esercizio del dissenso, perché la decisione di maggioranza non è mai realmente tale se il consenso su di essa è fasullo, non essendo costantemente messo in discussione. L’art. 21 Cost. solennemente proclama che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». L’assunto è rafforzato dall’art. 33, che così recita: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».

Ai pubblici poteri, dunque, è inibito di censurare arbitrariamente la capacità culturale, artistica e scientifica. Ma non solo. Siccome l’art. 3 impone alla Repubblica di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che limitano «di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini», e l’art. 9 prescrive che la stessa Repubblica promuova «la ricerca scientifica e tecnica», l’intervento pubblico deve rendere effettiva tale libertà. Ciò significa che, non solo non può oscurare le opinioni dissenzienti, ma, paradossalmente, ha il compito di sostenere la cultura alternativa incapace da sola di sopravvivere sul mercato.

Ora – premesso che a) non mi iscrivo al partito dei complottisti, b) per formazione sono avverso al liberismo, e c) rispetto rigorosamente le restrizioni (non me ne lamento, e anzi esercito il mio modesto magistero per spiegare agli studenti che si deve ‘restare a casa’ fintanto che le autorità ce lo impongano) –, credo sia opportuno mettere in guardia dal rischio che la democrazia corre laddove si tenti di impedire di confutare la verità scientifica cd. main stream.

Il sistema democratico respinge la pretesa di imporre una visione come fosse ‘la’ verità scientifica. La conoscenza è generata da un continuo work in progress. La Verità non esiste. Nemmeno quella scientifica. E non di rado quella ‘ufficiale’ è piegata dal bisogno di ottenere consenso. Talvolta è persino manipolata per conseguire obiettivi poco nobili, asservita ad interessi economici senza scrupoli (se così non fosse, del resto, non avremmo assistito, inermi, al dissennato disastro ambientale in corso da anni).

L’assunto vale vieppiù nell’odierna contingenza. Dopo alcuni mesi dall’insorgere della drammatica pandemia, la comunità scientifica si mostra non ancora in grado di offrire risposte unanimi e convincenti a molte domande sulle soluzioni e, addirittura, sull’accertamento dei dati sui quali costruirle (ragionevolezza vuole che la verifica della sussistenza dei presupposti dia fondamento alla decisione).

Non s’è ancora ben spiegata la differenza fra questo virus e i precedenti. Quanto esso sia in sé mortale e per quali ragioni. Non si conoscono ancora tutti i numeri ‘veri’. Per esempio: la percentule dei deceduti solo a causa del virus; la percentuale degli ammalati che manifestano una insufficienza respiratoria tale da richiedere l’intubazione; la percentuale degli ‘intubati’ che si salvano; il numero dei portatori asintomatici; le percentuali di contrazione del virus e di guarigione per fasce di età, sesso, categorie; se e quanto duri la immunità dei guariti; se sia possibile ‘irrobustire’ il sistema immunitario per difendersi dal virus e dunque che rapporto c’è fra sistema immunitario e virus.

Se ne potrebbero fare altre, a cominciare dal chiedersi perché non si è ancora deciso di allargare i test per rilevare il numero dei contagiati (almeno a campione). Senza essi pare impossibile che la decisione politica riesca a coniugare virtuosamente i principi che devono guidare l’azione pubblica: la precauzione e la proporzionalità.

Cosa si deriva da queste osservazioni? La scienza, per definizione, non è tale se non resiste alla continua confutazione della verità che propone. La politica (e a seguire il diritto) non può operare senza base scientifica, ma deve scegliere fra gli orientamenti e criteri scientifici quelli che reputa più convincenti.

In questo quadro, preoccupa l’insidia che si nasconde nella lotta – virtuosa – alle ccdd. fake news. Fra queste e le opinioni scientifiche alternative, però, c’è una bella differenza. Un conto sono le ‘notizie false’, le informazioni non corrispondenti al vero, messe in giro più o meno intenzionalmente. Altro è esprimere una diversa lettura scientifica dei fenomeni, fino a mettere in discussione persino il metodo per scoprire la verità e perciò la verifica delle fonti. Pensiamo a Galileo: con il linguaggio di oggi, la scienza ufficiale dell’epoca avrebbe qualificato le sue opinioni come fake. 

Quando si assiste alla offensiva giudiziaria di un sedicente ‘Patto trasversale per la scienza’, che chiede l’oscuramento di un sito di informazione alternativa (byoblu) per tacitare le voci di medici, epidemiologi, immunologi e virologi che avanzano opinioni diverse, dunque, è indispensabile alzare la voce più forte della moglie di Pilato.

Dobbiamo attentamente riflettere – beninteso: non per allentare le misure di restrizione, ma – per impedire la dittatura di una ‘visione’ scientifica che si imponga senza essere costantemente ‘sfidata’. Nel dibattito pubblico non dovrebbero esser sottaciute le posizioni scientifiche eterodosse. In democrazia, la verità, anche quella scientifica, deve essere sempre contendibile. Il vero problema della tenuta democratica è garantire che il pluralismo innervi il rapporto fra scienza, politica e diritto. Per questo, non bisogna protestare per i provvedimenti che riducono la libertà di movimento, ma vigilare sul tentativo di repressione del dissenso.

Certo, il pluralismo della e nella informazione – presidio irrinunciabile della democrazia (che è incompatibile con un regime, non solo di monopolio, ma anche di oligopolio delle fonti di conoscenza) – ha un serio nemico nella ‘infodemia’. Che, però, va combattuta solo con la capacità di convincere nella dimostrazione in tesi delle ipotesi avanzate, certo non col silenziare le voci discordi".