Guido Clemente di San Luca a TN: "Siamo tutti Commisso, sistema va rifondato dalle radici"

Guido Clemente di San Luca a TN: "Siamo tutti Commisso, sistema va rifondato dalle radici"
giovedì 6 febbraio 2020, 10:20Le Interviste
di Redazione Tutto Napoli.net
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha scritto un editoriale per Tuttonapoli con alcune considerazioni dopo la vittoria del Nap

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha scritto un editoriale per Tuttonapoli con alcune considerazioni dopo la vittoria del Napoli sulla Sampdoria. 

Dopo Marassi, un caro amico mi ha scritto: "Finalmente una partita divertente e non noiosa". Gli ho risposto che quando giocano gli azzurri mai mi annoio. E non mi diverto, vivo intensamente, soffro. Poi gioisco o mi dolgo a seconda del risultato. Purtroppo non tutti e non sempre capiscono. È una questione di identificazione. Io sono gli azzurri, loro sono me.

Il risultato di Genova e il modo in cui è maturato dimostrano che – fatta eccezione per quella inguardabile maglia indossata, che fa sbiadire la sua capacità simbolizzante (sarà opportuno tornarvici) – s’è ricominciato a vivere questo idem sentire. Qualche esempio. Quando Ciro segna il 4 a 2, tutti ad abbracciarsi sorridenti e compatti insieme ai tifosi. Oppure, per dir di me, quando Gabbiadini tocca di mano e invalida l’azione del primo pareggio blucerchiato, invoco nell’anima il Santo Patrono chiedendogli giustizia come se foss’io ad aver subito il torto. E rivedendo al replay il calcetto di Manolas sulla caviglia di Quagliarella, avverto nitidamente l’intima contraddizione: spero che non dia il rigore, ma al tempo stesso non posso chiedere al Santo di farmi godere di una decisione illegittima. È questa la linea che segna il confine invalicabile tra noi e i non colorati.

Del resto, al momento dell’assunzione di Ancelotti, scrissi subito della mia impressione che fosse un segnale della volontà di provare ad invertire la rotta, volendosi puntare su quel suo fare un po’ doroteo per virare dal nobile intento di ‘conquistare il palazzo’ al meno virtuoso, ma utile, proposito di ‘conseguire la benevolenza del potere’. Scelta degradante sul piano assiologico. Col senno di poi rivelatasi anche gravissimo errore di strategia!

Diciamo la verità. Non se ne può più. Ogni amante del calcio non juventino si sente un po’ Commisso. A termini di regolamento non v’è differenza fra il fallo di mano di Ciuadrado in Napoli-Juve e quello di Pezzella in Juve-Fiorentina. Eppure i salotti televisivi dei media nazionali sapientemente s’adoperano per ‘normalizzare’ l’inverecondia dei provvedimenti di Pasqua, pochi giorni prima avendo evitato di stigmatizzare la decisione illegittima di Mariani. Il secondo rigore contro la viola, inesistente, mai sarebbe stato decretato ‘per errore’ a parti invertite. Tranne quelli di fede bianconera lo pensano tutti gli appassionati (dunque un numero fra i 3/4 e i 4/5 del Paese).

Eppure la tendenza quasi unanime dei media nazionali è rivolta – in maniera tanto più grave quanto più subdola – a rappresentare quale fisiologia dell’umano errare il sistematico, chirurgico, mancato rispetto delle regole. Evitano accuratamente di spiegare in modo corretto: a) il contenuto prescrittivo delle regole, b) gli strumenti predisposti per garantirne l’osservanza così da ridurre al minimo gli errori (che restano sì fisiologici, ma in misura oggi sempre più contenuta), e quindi c) le ragioni della loro violazione. Così tradendo la sola vocazione del mestiere d’informare.

Continuo a domandarmi invano perché mai da anni, il lunedì mattina, siamo condannati a sopportare il commento radiofonico del servizio pubblico nazionale affidato ad un giornalista che s’esprime con tono ieratico, assertivo e definitorio, come fosse un oracolo, sempre in difesa del ‘sistema’, e dando riflesso solo al pensiero del nord imposto, senza contraddittorio, al Paese intero. Chissà poi perché mai si qualifichi «piagnisteo» solo quello napoletano, laddove è l’intero mondo a colori che vorrebbe ribellarsi al tiranno.

Del resto, lo stesso Presidente del Coni Malagò ha dichiarato che, quando ci si esprime con parole come quelle di Commisso, «al netto del torto o della ragione, chi ne perde è l’intero sistema». Appunto. Nessuna preoccupazione per la denuncia del suo evidente cattivo funzionamento e nessuna sensibilità per la evidente, improcrastinabile, necessità di rifondarlo dalle radici.

Un paio di cose sulla partita e qualche considerazione generale per concludere. Gattuso ha restituito alla squadra spirito di corpo, autostima, chiarezza e serenità nelle idee tecnico-tattiche. Non tutto è a posto, naturalmente. Bisogna continuare con fiducia e perseveranza. Occorre aumentare il tempo del dominio, ridurre quello della sua perdita per eventi generati dalla fantasia e/o bravura dell’avversario (il gran gol di Quagliarella), e confermare la fermezza nel desiderio di vittoria.

Dissento radicalmente da chi ha giudicato la partita come una delle peggiori della stagione. Solo improvvido ed infondato livore. Basti pensare al trend. Abbiamo sì perso col Parma, vinto a Sassuolo, perso con Inter e Lazio, vinto poi col Perugia, perso ancora con la Fiorentina, e infine vinto con la Lazio in Coppa e con Juve e Samp. Ma se i primi risultati altalenanti si spiegano con la necessità di assorbire il cambiamento, la prospettiva sembra ora stabilizzarsi e convincere. Almeno questo si spera sulla base dell’immagine che sempre più va definendo i suoi contorni.

Basta però parlare di mercato e di futuro. Si deve massimizzare la notevole rosa a disposizione. Secondo una parte consistente dei commentatori nostrani, invece, l’etica professionale dovrebbe imporre il repulisti. Essere inflessibili con i protagonisti di quello che impropriamente continuano a definire ‘ammutinamento’. Proprio non vogliono capire che non è stato tale. Che l’etica comportamentale va pretesa soprattutto dal datore di lavoro. Che i giocatori sono forse i meno mercenari di questo ambiente. Che a spiegare il tifo è solo la passione, e questa, per definizione, si manifesta soprattutto verso i giocatori. Certo non per manager e proprietà.

Non è gradita l’invocata radicale rifondazione. Va respinto con forza il falso ed insopportabile ‘moralismo professionale’. Si deve soltanto costruire il nuovo, badando saggiamente a non rinnegare se stessi. Se ne facciano una ragione. Pur senza prove, ormai sappiamo come sono andate le cose. Perciò vogliamo continuare ad amare coloro che hanno indossato con orgoglio la maglia azzurra, gioiosamente contribuendo a farla rispettare ovunque.