Da 0 a 10: il 'vigliacco' like di Reina, le follie della D’amico, il labiale rubato di Mertens e la nuova carriera di Mario Rui

Napoli guerriero contro il Barcellona: Mertens eguaglia il record di Hamsik. Gattuso non si arrende: "Al ritorno con l'armatura"
26.02.2020 13:18 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: il 'vigliacco' like di Reina, le follie della D’amico, il labiale rubato di Mertens e la nuova carriera di Mario Rui
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(di Arturo Minervini) - Zero parate di Ospina, che seguendo le indicazioni preventive anti-Coronavirus non sporca nemmeno i guanti, figuriamoci le mani. Bisognerebbe partire da questo zero per comprendere, senza giudicare. Per apprezzare, senza condannare. Per fare qualche passo indietro, viaggiare tra le crepe della stagione, rievocare i momenti di crisi mistica di questa squadra a cavallo tra il vecchio ed il nuovo anno. Limitare il Barcellona alla vigilia era considerata impresa titanica, oggi siamo qui a fare i conti con il rimpianto di non averla vinta. Nel cocktail emotivo che esce miscelando le sensazioni, c’è amarezza ma non può mancare una lucida soddisfazione.

Uno il gol subito al primo tentativo. Il cinismo pallonaro resta in agguato come uno sciacallo tra i pensieri del Napoli, scaraventandosi sulla preda alla prima (e quasi) unica distrazione. C’è una lezione in costante aggiornamento, la conferma che a certi livelli il margine di errore è più assottigliato del giro vita di una modella nella fashion week. Non esiste perdono contro certe squadre. Dovremmo essere capaci di applicare la stessa spietata legge, ma non siamo abbastanza cattivi. I buoni non regneranno mai il mondo. Purtroppo. 

Due alle visioni di Ilaria in the Sky, che scimmiotta senza successo la Lucy del film in arrivo anche in Italia. La nostra astronauta di cognome fa D’Amico e vede cose che noi umani non osiamo nemmeno immaginare. Al punto da raccontare che "Messi ha accesso la luce a modo suo” frase totalmente fuori contesto, giusto per restare dentro una sceneggiatura studiata a tavolino. Un giornalismo triste, finto, artefatto. Una serie infinita di luoghi comuni, senza nessuno spunto critico se non nello spettatore che si domanda: perchè? 

Tre anni fa a Matera, poi in Champions col Barcellona. Il Basilicata Coast to Coast di Giovanni Di Lorenzo ha assunto portata continentale, un viaggio che è ascesa verso la catarsi, un biglietto stropicciato dal sudore, la visione lucida di quello che vorrai essere quando gli altri ti guardano con occhi che hanno già emesso sentenze di bocciatura. Fisicità e materia grigia, costante analisi della situazione, spavalderia da John Travolta nella finta che manda al bar Firpo con il pallone che prima c’è e poi scompare come tutto il resto di Elettra Lamborghini. Alle fuoriserie, preferiamo le utilitarie come Giovanni, che sanno guadagnarsi con la dignità un posto tra le d’auto d’epoca, quelle dove certi valori contano qui del valore del conto in banca.

Quattro anni in azzurro ed una grande campagna mediatica per candidarsi a uomo del popolo, rivoluzionario sempre dalla parte della città e dei tifosi.  I lati oscuri dell’avventura napoletana di Reina sono molti, ma quello che infastidisce è l’incoerenza di chi si è sempre venduto per qualcosa che non era. Non sarà mai. Pepe ha gioito al gol di Griezmann ed è libero di farlo. I napoletani saranno liberi di elaborare un loro pensiero sull’uomo. Sul portiere, da tempo, molti avevano capito si trattasse di un grande bluff. 

Cinque i coccoloni provocati dalle uscite dal basso sul pressing alto del Barcellona, che provocano lo stesso terrore di tua moglie che ti chiede di usare il tuo smartphone e piuttosto che consegnarlo lo ingoieresti con tutta la custodia. Forse non c’era altra via, forse bisognerebbe leggere meglio le situazioni. Partire con un’idea, senza valutare ciò che accade nel mondo esterno è sintomo di coerenza, ma anche di poca flessibilità. E quello che non si flette, si può spezzare. Meglio prepararsi ad affrontare più situazioni, elaborare i dati della realtà e reagire con risposte sempre nuove. Su questo bisogna lavorare. Coerenti sì, fessi no. 

Sei più alla normalità di Demme. All’influsso benefico che riesce a trasmettere ai compagni per il solo fatto di esserci. È come avere la Nutella nella credenza: ti rassicura, anche se non la mangi (che poi la mangi anche, ma vabbè). Diego non fa nulla di eccezionale, ed in questo è davvero eccezionale. Perché riconosce i suoi limiti, consapevolezza che diventa il suo più grande pregio. Demme non corre pericoli, è come Aldo nel dialogo con Giovanni in ‘Tre uomini e una gamba’. “Tu hai mai rischiato? Una volta, una volta ho messo 2 fisso Inter- Cagliari".  Esaltazione plastica della semplicità.

Sette alla cattiveria dell’attore strappato con grande sforzo economico dal set di Narcos-Messico e posizionato sulla fascia mancina. Nel vocabolario di Mario Rui esiste un vuoto nei pressi di quella parola che inizia con la P e finisce con AURA, sentimento totalmente ignoto nell’animo del portoghese. Non indietreggia mai, con nessuno, che sia Vidal o un narcotrafficante del cartello di Guadalajara fa poca differenza. Gioca una gara di intensità profonda, macchiata in parte dalla disattenzione che porta Semedo all’assist del gol. Se dovessero però chiedermi: con chi vorresti attraversare l’inferno, non avrei dubbi. Sceglierei Mario. Il laterale più apprezzato nei peggiori bar di Caracas.

Otto alla qualità delle giocate di Piotr. Non è serata da fare troppe smancerie, da mostrare il pedigree come vacuo certificato di astensione alla fatica. Zielinski interpreta al meglio le esigenze della gara e la impreziosisce con accelerazioni e giocate che sono epitome di un talento compresso dentro ad un corpo perfetto. Un trattore con il cuore di una cabriolet: fusione a caldo di due anime che potenzialmente lo renderebbero il centrocampista perfetto. Basterebbe volerlo più spesso. Basterebbe avere la stessa visione lucida dei propri limiti pronti a sparire come illusioni se Piotr ci credesse sul serio. Perchè la distanza tra quello che vuoi e quello che non hai è proprio delimitata dal metro di giudizio più instabile dell'universo: la volontà.

Nove ad un Napoli perfetto fino all’intervento di Busquets che toglie Mertens dalla gara. Poi la sorte affida ancora a Callejon un pallone pesante in area avversaria. E, ancora una volta, Josè scarabocchia quel foglio che il destino gli aveva consegnato per scrivere un finale totalmente diverso. C’è però un orgoglio che non può essere descritto dalle parole, bisognerebbe averlo ammirato. Sentito. Annusato. C’è un profumo di squadra che si deposita sul terreno di gioco del San Paolo, assieme a qualche lacrima che sa di rimpianto ma anche di sincera commozione. Sapere di aver dato il massimo, ed il massimo non è bastato, non può essere sempre una colpa da attribuire a qualcuno. “A Barcellona andremo con elmetto ed armatura” dice Gattuso, che si candida ufficialmente all’uomo più venerabile della settimana. Facciamo pure del mese.

Dieci alla foga agonistica di Dries che certe notti le annusa più di Ligabue. Sugli spalti un sussulto scuote la poltroncina di De Laurentiis quando la tavola viene apparecchiata ed entra in scena ‘Chef Ciro’ col suo piatto Gourmet. Istante interminabile, colmato da Mertens con la maestria di chi sa perfettamente come si fa. Un tocco per mandare fuori giri la difesa, la schiena che si flette, la mente che già visualizza l’istante di gloria che sta per abbattersi come momento ineffabile e inevitabile. L'attimo, la terra che tremò. L’orizzonte che si squarcia per il fulmine che parte dal destro e nel tragitto muta in piuma che solletica allegramente la rete. Ciro il Guerriero. Ciro a quota 121 come Hamsik. Ciro che scimmiotta Cantonà in un famoso spot Nike anni 90, ma invece di 'Au revoir' annuncia l'imminente sentenza a Ter Stegen con un più locale 'A' soreta'. Ciro che fa cose che gli altri non fanno. Non faranno mai. Perché, semplicemente, è fatto di una materia molto vicina a quella dei sogni.

Dieci alla foga agonistica di Dries che certe notti le annusa più di Ligabue. Sugli spalti un sussulto scuote la poltroncina di De Laurentiis quando la tavola viene apparecchiata ed entra in scena ‘Chef Ciro’ col suo piatto Gourmet. Istante interminabile, colmato da #Mertens con la maestria di chi sa perfettamente come si fa. Un tocco per mandare fuori giri la difesa, la schiena che si flette, la mente che già visualizza l’istante di gloria che sta per abbattersi come momento ineffabile e inevitabile. L'attimo, la terra che tremò. L’orizzonte che si squarcia per il fulmine che parte dal destro e nel tragitto muta in piuma che solletica allegramente la rete. Ciro il Guerriero. Ciro a quota 121 come Hamsik. Ciro che scimmiotta Cantonà in un famoso spot Nike anni 90, ma invece di 'Au revoir' annuncia l'imminente sentenza a Ter Stegen con un più locale 'A' soreta'. Ciro che fa cose che gli altri non fanno. Non faranno mai. Perché, semplicemente, è fatto di una materia molto vicina a quella dei sogni.

Un post condiviso da Arturo Minervini (@arturo_minervini) in data: 26 Feb 2020 alle ore 2:02 PST