Clemente di San Luca a TN: "La mia risposta a quelli che dicono agli esteti di cambiare canale"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento di casa Napoli.
"Avevo scritto questo pezzo venerdì. Ho ritenuto di non pubblicarlo prima di Napoli-Lecce. Speravo ardentemente che si cominciassero ad intravedere segnali di crescita nel gioco azzurro. Purtroppo, ahinoi, così non è stato. Allo stadio ho sofferto come un dannato. E chi dice di aver fatto il contrario racconta il falso. Chi afferma di non avvertire la pressoché totale assenza di trame di gioco offensivo, è non vedente. O ha una benda scura stretta sugli occhi, oppure soffre di una miopia prossima alla cecità. Si lascia travolgere dalla (peraltro comprensibile) reazione emotiva alla depressione/frustrazione della passata stagione. Se n’è accumulata talmente tanta, che la odierna vetta della classifica determina quella che i subacquei chiamano «ebbrezza da alti fondali». Il che significa, sostanzialmente, perdita di consapevolezza. Pericolosissima, perché facilmente conduce alla morte.
Intendiamoci. È ovvio che siamo tutti contenti di essere in testa. E tutti ci siamo disposti a vedere in tv il derby d’Italia speranzosi che finisse in parità (qualcuno mi ha scritto che si è sorpreso di gioire per un gol della Juve!). E ad ogni partita vinta, tutti subito corriamo a fare i conti con la classifica in mano. Vero, ma che c’entra? Può mai la malatìa arrivare a giustificare la stoltezza? Un conto è riprendere a cantare «Napoli torna campione». Altro è osservare la realtà senza filtri ingannevoli. E chi lo fa deve concludere che non ci si può accontentare. Perché solo uno sprovveduto può credere che siano sufficienti «pazienza e sostegno». Ci vuole anche altro. E quindi ecco i miei dovuti chiarimenti.
Ove si ritenesse di considerarmi fra i protagonisti di quella che è stata definita «ridicola ed autolesionista polemica sul bel gioco», devo tornare su quanto vado sostenendo da tempo, evidentemente in maniera non felice. Lo ripeterò, dunque, in modo secco e schematico.
Qualcuno ha scritto che «è brutto il Napoli, ma chi se ne fotte». Qualcun altro invita gli «esteti» che non amano il gioco di Conte a «cambiare canale». Ma qui non si tratta di ricercare il «bel gioco». Bensì di esprimere un gioco, qualunque esso sia. Il Napoli di Mazzarri, ad esempio, non inseguiva la bellezza, ma aveva un gioco nitidamente riconoscibile. La filosofia del cd. «corto muso», invece, nega in sé che ciò sia indispensabile. Ora, io insisto. Va benissimo che in una stagione si vincano 6-7 partite di «corto muso». Anzi, nell’arco di un campionato, è proprio indispensabile.
[Fra parentesi: che un gioco sia bello o no, nessuno può stabilirlo. La bellezza è per definizione soggettiva. Napoleone non invitò forse Giuseppina «a non lavarsi per tre giorni fino al suo ritorno da una campagna», perché trovava eccitante l’olezzo del suo cattivo odore? De gustibus non disputandum est. Io preferisco il profumo di lavanda, la freschezza dell’acqua di colonia – tracce evocative d’azzurro –, il puzzo mi disgusta].
Tuttavia, alla lunga, senza avere una identificabile trama di gioco, sulla cui base gareggiare contro i contendenti e batterli, non si riesce a vincere la competizione. L’assunto secondo cui non si vincono 7 partite su 9 se «non hai un gioco» è una sesquipedale corbelleria. Perché il Napoli, pur disponendo di una rosa fortissima, dopo più di tre mesi ancora non esibisce un solo schema offensivo che sia uno. Tutto è affidato alla fantasia individuale, alla classe creativa dei singoli. Lo si percepisce nitidamente quando la squadra avversaria è ben schierata (come lo è il Napoli quando si difende), e persino nel gioco di rimessa.
Del resto, se giochi esclusivamente sull’avversario, in maniera cinica e camaleontica (appunto puntando al «corto muso»), puoi vincere la competizione soltanto se vieni anche favorito da decisioni arbitrali illegittime. Noi tifosi azzurri lo sappiamo bene. No? Per anni e anni abbiamo assistito a campionati falsati da queste. Assunte in serie. Ad osservare attentamente il corso delle cose, potremmo dire, addirittura, in maniera sistematica. Salve eccezioni, il fenomeno ha, con deprimente regolarità, assicurato alle squadre ‘strisciate’ la vittoria finale. Abbiamo memoria corta? Ricordiamo bene la Juventus di Conte e poi di Allegri, o l’Inter di Conte. Quante volte abbiamo masticato amaro nel vedere il nostro giocar meglio mortificato da decisioni illegittime e arbitraggi compiacenti?
Il «corto muso» da solo è insufficiente. Per vincere la competizione, o si accompagna ad un gioco – a prescindere dal modulo (che sia 3-5-2, 3-4-3, 4-5-1, 4-3-3, o 4-3-2-1, è indifferente) –, oppure, anche inconsciamente, conti di ottenere, al momento opportuno, vantaggi illegittimi. È per questo che insisto. Qual è il «progetto Conte»? Io non l’ho ancora capito. Abbiamo sì fin qui segnato 3 gol molto belli (Kvara, MacTominay, Neres), ma sono sembrati il frutto, più che dell’applicazione di trame studiate, della casualità, generati cioè dalla qualità e dall’estro dei singoli (altrimenti le trame si sarebbero riviste). Insomma – pur riconoscendo che è stato fatto obbiettivamente un «lavoro fantastico nell’autostima della squadra e dell’ambiente» –, mi e vi chiedo: il ‘progetto’ si risolve soltanto nell’aver costruito una squadra tetragona e vigorosa, che ha ritrovato l’anima e si batte con ardore, o c’è altro?
E comunque ripropongo ai tifosi azzurri la domanda. Crediamo che sia possibile «giocare per vincere» in modo ‘pulito’, senza proporre riconoscibili trame di gioco? E ove dovesse accadere, siamo disposti a vincere anche usufruendo di decisioni illegittime (ché mai il «corto muso» è bastato senza esser stato accompagnato da queste). In conclusione, cosa è più importante, la competizione regolare, o la vittoria? È vero o no che Napoli è antijuventina nel profondo, o non è più? Vogliamo, dunque, pur di vincere sposare il modello Juve e tradire le nostre radici, la nostra nobile diversità?
P.S. Paradossalmente, le prossime 4 partite rappresentano un vantaggio per il ‘non gioco’. Si può, infatti, ancor più fruttuosamente giocare sull’avversario. Sono, quindi, più fiducioso di quanto non sia stato fin qui. Ma in prospettiva lunga non è bastevole. Anche perché resta sempre più ineludibile la questione delle decisioni arbitrali illegittime. A maggior ragione dopo la vera e propria dichiarazione eversiva dell’esperto di DAZN, che istiga ad usare il VAR contra legem. Se ci favoriscono, non possiamo esultare. Se ci danneggiano, sarà necessario che Conte si ponga contro il sistema, anche se ciò dovesse costargli di combattere contro la cultura di cui è icona. Lo farà?".
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