Guido Clemente di San Luca a TN - "Parola d’ordine: contenere l’euforia"

 Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni in chiave Napoli
25.02.2023 11:45 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN - "Parola d’ordine: contenere l’euforia"

 Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni in chiave Napoli sul momento azzurro.

Una partita in meno. Ne mancano 15 e conserviamo 15 punti sulla seconda. Ciò significa che se questa le vincesse tutte, arriverebbe sempre a 92 (47+45=92). E dunque, per la matematica, dobbiamo farne 31 (62+31=93). Cioè 10 vittorie ed 1 pareggio. Possiamo anche perderne 4.

Stiamo vivendo un momento meraviglioso, come un amplesso dolce, lento e pienamente coinvolgente fino alle lacrime. Si avverte intensa la soddisfazione di essere i più belli e i più forti. Scandiamo i giorni in attesa della prossima partita, nella convinzione interiore che ogni volta aspettiamo conferma della nostra schiacciante superiorità.

Non me ne vanto, ma sono stato fra quei pochi che lo presagivano, sia pur non nei termini in cui si sta realizzando. Il 17 giugno 2022, nel ristretto gruppo di amici che scherzosamente chiamiamo ‘Agape del venerdì’, sottoscrissi per gioco un documento in cui, in maniera formale e quasi solenne, dichiaravo, per un verso, che se avessimo venduto Koulibaly e/o Mertens non avrei rinnovato l’abbonamento allo stadio, né quello a DAZN. E, per altro verso, che se avesse conservato la rosa con pochi ritocchi (Deulofeou al posto di Ounas o Politano, e Ostigaard al posto di Tuanzebe) il Napoli avrebbe di nuovo lottato per lo scudetto fino all’ultimo. Sul primo punto feci pubblica ammenda già a metà agosto, spiegando che l’inguaribile ‘malatìa’ aveva prevalso sull’orgoglio. Sul secondo mi ha confortato l’andamento delle cose, fin qui anche oltre ogni più rosea aspettativa.

Volendo evitare d’esser collocato fra i ‘cattivi maestri’, se dovessi indicare i valori da seguire nella vita al mio adorato nipotino – che, suscitando il fiero orgoglio del nonno, interrogato su chi egli sia, sin da piccolissimo risponde fermo: «Antifascista, antirazzista, antijuventino!» –, certamente gli suggerirei di farsi animare da un coraggio ardimentoso (proprio come Osimhen). Di coltivare la fantasia creativa (come quella di Kvara). Di aspirare ad una serena e forte capacità di ragionare (analoga a quella di Lobotka). Di avere una grintosa combattività (emulando Kim). Una pacata e tenace perseveranza (seguendo l’esempio di Di Lorenzo). E poi, senza alcun dubbio, la capacità di costruire conoscenza, serbando modestia ed umiltà (come Giuntoli) ed intelligente prudenza (come Spalletti). Insomma, tanti valori. E altrettanti modelli virtuosi. Gli raccomanderei poi di stare sempre dalla parte del più debole. Di mai trascurare la generosità, la bontà d’animo, la tenerezza, la considerazione di chi è meno fortunato. Di evitare presunzione, saccenteria, spocchia, boria, arroganza (a Napoli si direbbe «‘e fa ‘o buffon’»).

Ebbene, in questa prospettiva, è senz’altro di conforto l’aneddotica quotidiana che fluisce nella consapevolezza profonda della città porosa. Si pensi a colui sul quale i media hanno vomitato veleno in quantità industriale. Quell’aneddotica ci racconta decine e decine di episodi che fanno sbiadire l’immagine del cattivo esempio propinata dal benpensantismo ipocrita dominante, testimoniando invece quei valori positivi. La città dotata di una istintiva ma raffinata capacità d’intelligere la verità l’ha accolto come figlio adorato, per sempre.

A dirla tutta, personalmente, avverto nell’intimo d’esser rammaricato per l’eliminazione dalla Coppa Italia. E non del tutto soddisfatto dalla vittoria sull’Eintracht. Avrei voluto che fossimo quasi ‘spietati’, chiudendo la qualificazione ai quarti, che invece resta ancora aperta (riemergono ricordi di ferite del passato, il quarto gol mancato da Maggio all’andata col Chelsea). Sì, lo so, sono insaziabile. Evidentemente devo smaltire troppi anni di frustrazione per le malefatte subite. Sono persuaso che avremmo potuto batterci per il ‘triplete’. Che abbiamo le carte in regola per affrontare da pari a pari anche le big d’Europa.

Spalletti è molto bravo. Ed è intellettualmente onesto («Io sono convinto che se fossero rimasti Mertens, Ruiz e Koulibaly avremmo fatto lo stesso un grande campionato, il campionato di quest’anno viene fuori da quanto fatto l’anno scorso»). Tuttavia talvolta – non c’è niente di male a riconoscerlo – è un po’ troppo permaloso («Ad alcuni ci vogliono 3-4 anni per costruire, io in un anno dovevo vincere. Vabbè che io vi sto un po’ sui coglioni di più rispetto agli altri, ma questa cosa va un po’ modificata poi perché sennò è troppo facile»).

Penso che il risentirsi finisca per costituire un limite. Che sia invece un bene saper riconoscere gli errori (specie se pochi) che si commettono. Farne tesoro è una ricchezza. Il mister dovrebbe accorgersi di una certa qual contraddizione. Non sempre risulta coerente con quanto (pienamente condivisibile) lui stesso ha dichiarato: che con le 5 sostituzioni il gioco del calcio è cambiato. Vorrei potergli chiedere, perciò, perché non preserva la salubrità di alcuni, Lobotka e Osimhen su tutti.

Ha pienamente ragione quando predica prudenza, richiamando umiltà e concentrazione («Ci vuole calma, ragazzi. Molta calma. C’è da giocare un’altra partita […]. Il maggior nemico è la presunzione […]. Quando non gestisci bene a livello mentale poi ti arriva l’episodio contro. L’Eintracht ha giocatori forti fuori. Abbiamo dimostrato di poterci stare, di poter passare il turno, ma poi il turno va passato»). Insomma, occorre giocarla la partita di ritorno («si riparte da zero alla prossima [...]. Basta niente, un dettaglio, le partite si ribaltano da un punto di vista psicologico e siamo tutti a rincorrere, a fare fatica, più di quello che necessiterebbe»).

E allora non mi spiego perché si risenta se gli si fa notare che sul 2-0 si sarebbero potuti fare il terzo e il quarto gol. È vero, senza dubbi, che «Non abbiamo concesso niente se non una palla in mezzo persa». Che «l’Eintracht è fortissimo nelle ripartenze», e in fondo «non abbiamo subito nulla». E che «Quando abbiamo perso palla l’aggressione è stata feroce e immediata». È indiscutibile che bisognava non rischiare di «vanificare il risultato perdendo gli equilibri». Ma io mi domando perché, vincendo 0-2 e con un uomo in più, non ha fatto al 70° tre cambi (Rui, Ndombele ed Elmas), e gli altri due all’80° (Politano e Simeone). Visto che purtroppo – lo ha sottolineato lui, giustamente –, pur avendo 2 gol di vantaggio, non è ancora finita.

Dare soltanto 7 o 5 minuti ai subentranti non giova alla convinzione feroce che avrebbero dovuto mettere per chiudere la qualificazione. Forse i «calciatori freschi» avrebbero avuto bisogno di qualche minuto in più per esprimersi al meglio. Cerco il pelo nell’uovo? Può essere. Tuttavia, è proprio Spalletti a dire che i complimenti possono far sì che si alleggerisca «la cazzimma». E che «Dobbiamo restare sempre sul pezzo», altrimenti rischiamo di pagarla cara. «È bene rimanere sempre concentrati e determinati, più si riesce ad avere un atteggiamento serio e professionale e più si guadagna».

Dobbiamo quindi cavalcare l’entusiasmo, ma tenendo a bada l’euforia. Sin da stasera, ad Empoli. Tenendo a mente, freddamente, come ci costarono l’anno scorso gli errori commessi lì".